In Italia, la percentuale di part time involontario si attesta al 57,9%, la più elevata nell'intera Unione europea.
Quali azioni intraprendere nel caso in cui il datore di lavoro assuma un dipendente a tempo parziale, mentre in realtà svolge un orario di lavoro a tempo pieno? La pratica del contratto part time fraudolento è purtroppo diffusa.
È possibile che il datore di lavoro non specifichi nell'accordo contrattuale e quindi neanche nella busta paga, le effettive ore lavorate dal dipendente, quindi una parte del lavoro, pur retribuita, risulta non dichiarata. Oppure potrebbe accadere che il dipendente riceva una retribuzione dimezzata, corrispondente al part time, nonostante svolga un'intera giornata lavorativa. Approfondiamo in questo articolo:
In alternativa il dipendente può consultare un avvocato per avviare un'azione legale contro il datore di lavoro al tribunale competente. Questa azione mira a ottenere il corretto inquadramento lavorativo del dipendente e il pagamento delle differenze retributive dovute, oltre ai contributi previdenziali. È possibile agire anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, entro un periodo di cinque anni, per richiedere il recupero delle somme dovute, senza che sia considerata prescritta.
Esiste la possibilità di intraprendere azioni legali di natura penale. La Cassazione ha stabilito che sussiste un reato di sfruttamento del lavoro quando un dipendente, formalmente assunto come part time, viene impiegato a tempo pieno. Ai fini della configurazione del reato, è necessario che il datore di lavoro approfitti della situazione di bisogno del lavoratore, inteso come una condizione di grave difficoltà che limita la sua libertà di scelta.
Per presentare una denuncia amministrativa è sufficiente recarsi presso l'Ispettorato del Lavoro competente e richiedere un tentativo di conciliazione. Questo procedimento mira all'applicazione di sanzioni amministrative nei confronti dell'azienda. Per la denuncia penale, che è possibile solo se il dipendente viene retribuito per un numero inferiore di ore lavorate, è necessario rivolgersi alla polizia o ai carabinieri. La denuncia può essere presentata in qualsiasi momento del rapporto di lavoro e può essere sia scritta che verbale.
Infine, per avviare un'azione legale civile per il recupero delle differenze retributive e dei contributi, è consigliabile ottenere l'assistenza di un avvocato. Durante il processo, il dipendente ha l'onere di dimostrare di lavorare effettivamente a tempo pieno, il che può essere fatto attraverso testimonianze, documenti o registrazioni audio e video.
In Italia, la percentuale di part time involontario si attesta al 57,9%, la più elevata nell'intera Unione europea. Questo dato emerge da un'indagine condotta dalla Cgil e riportata da Repubblica. Il sindacato denuncia che la maggioranza dei lavoratori in tale regime e le condizioni di flessibilità estrema negli orari di lavoro li costringono ad adattarsi ai cicli e agli orari aziendali, spesso in situazioni sfavorevoli. In molti casi, dietro a un contratto regolarizzato a tempo parziale si cela un'occupazione a tempo pieno svolta in modo irregolare, come riscontrato dall'attività ispettiva dell'Inail.
D'altra parte, secondo il report sul lavoro del quarto trimestre 2023 della Cisl, si registra un aumento del numero di lavoratori part time. Oggi i lavoratori a tempo parziale sono circa 4,3 milioni, con una percentuale del 7% per gli uomini e del 31,1% per le donne rispetto al totale degli occupati. La retribuzione annua per questa categoria si attesta leggermente sopra gli 11.000 euro, ma scende a poco più di 6.000 euro con l'occupazione discontinua.