A rendere Airbnb una macchina da soldi la struttura commissionale su ogni prenotazione, un meccanismo tanto semplice quanto redditizio.
Airbnb è uno dei casi della nuova economia delle piattaforme in grado di ridefinire interi settori senza possedere ciò che offre. Fondata nel 2008 a San Francisco da Brian Chesky, Nathan Blecharczyk e Joe Gebbia, la società ha creato una piattaforma che connette proprietari di immobili e viaggiatori alla ricerca di un alloggio temporaneo.
In apparenza sembrerebbe un servizio semplice e immediato, ma dietro si cela un modello economico dirompente: Airbnb non acquista, non costruisce, non ristruttura immobili, ma genera miliardi di dollari ogni anno. Il cuore del suo potere sta nel gestire l'infrastruttura tecnologica, nella capacità di scalare a costi marginali quasi nulli e nell'aver intercettato una domanda di ospitalità flessibile, personalizzata e meno costosa rispetto agli hotel tradizionali. Il paradosso sta proprio qui: più utenti entrano nella piattaforma, più cresce il fatturato, senza che Airbnb debba sostenere le spese tipiche delle catene alberghiere. Capiamo meglio:
Questo consente ad Airbnb di ottenere profitti importanti da ogni transazione senza dover sostenere il peso di mutui, affitti, manutenzione o personale in loco. È un modello che si autosostiene e cresce su scala, un esempio di quello che gli economisti definiscono rendita digitale: la piattaforma diventa l'intermediario irrinunciabile e impone le regole economiche in modo unilaterale. La forza di Airbnb non è nel possedere asset fisici, ma nel controllare i dati, le dinamiche di mercato e il traffico globale di viaggiatori.
La vera zona grigia dell'impero Airbnb si manifesta nel rapporto con le autorità fiscali. Il modello stesso della piattaforma, costruito sulla frammentazione dell'offerta e sull'auto-imprenditorialità diffusa, ha reso difficile per i governi tracciare i flussi finanziari e imporre regimi fiscali coerenti. Airbnb è stata contestata di pagare poche tasse rispetto all'enorme volume di affari gestito, grazie a strategie di ottimizzazione fiscale e a una presenza spesso virtuale nei Paesi in cui opera. In Italia, ad esempio, la società ha versato 576 milioni di euro per chiudere una vertenza fiscale relativa al periodo 2017-2021, riconoscendo la sproporzione tra fatturato reale e imposte versate.
Ma restano irrisolti molti interrogativi: in che modo Airbnb monitora il rispetto delle leggi tributarie da parte degli host? Quanto è trasparente la rendicontazione delle entrate nei diversi Paesi? La società ha introdotto sistemi per la ritenuta automatica delle imposte, ma le autorità temono che una fetta degli affitti brevi resti sommersa o dichiarata in modo parziale. L'asimmetria tra le regole imposte agli hotel e la libertà con cui operano i privati su Airbnb è sempre più al centro di battaglie politiche, normative e giudiziarie.
Negli ultimi anni, Airbnb ha saputo ampliare la propria offerta oltre l'alloggio. Ha investito nel mercato delle esperienze locali con pacchetti che vanno da lezioni di cucina con chef professionisti a tour guidati nei quartieri meno battuti delle città. Dopodiché ha puntato sulla fascia alta del mercato con alloggi di lusso e collaborando con eventi esclusivi per consolidare l'immagine di brand premium. Un esempio è l'accordo con il Tour de France per promuovere il turismo nelle zone rurali, un'operazione che unisce marketing territoriale e strategia di crescita.
L'effetto più controverso di Airbnb si percepisce nel tessuto urbano delle grandi città. In molti centri storici, l'espansione incontrollata degli affitti brevi ha contribuito a gonfiare i prezzi degli immobili, espellere residenti e stravolgere l'identità dei quartieri. Il fenomeno della gentrificazione, accelerato dal turismo digitale, ha indotto diverse amministrazioni comunali a introdurre limiti al numero di giorni di locazione o obblighi di registrazione. Le tensioni tra le comunità locali e il modello Airbnb sono esplose in città come Barcellona, Amsterdam e New York, dove il diritto alla casa si scontra con la logica del profitto globale.
Anche in Italia, da Venezia a Firenze, i sindaci chiedono strumenti normativi più rigidi per evitare che interi condomìni diventino hotel mascherati.