In uno scenario teorico in cui il mercato azionario globale cresce per dieci anni senza mai subire crolli, investire tutto subito è la scelta più premiante.
Davanti a una disponibilità finanziaria compresa tra 10.000 e 50.000 euro, la domanda è: conviene investirli in un'unica soluzione oppure distribuirli nel tempo attraverso un Piano di accumulo del capitale? La risposta, come spesso accade nel mondo degli investimenti, non è univoca e dipende da molti fattori, tra cui la volatilità del mercato, l'orizzonte temporale, la psicologia dell'investitore e la tolleranza al rischio.
Le simulazioni statistiche elaborate da Progetica, basate su rendimenti storici reali dell'indice MSCI World, offrono una serie di risposte concrete, dettagliate e illuminanti. Il confronto tra Pic (investimento in un'unica soluzione) e Pac (versamenti dilazionati nel tempo) viene effettuato su diversi importi e in scenari che contemplano tanto mercati in crescita quanto correzioni violente e prolungate. Ed è proprio in quei momenti di stress che emergono le differenze:
In presenza di una correzione del 20% tre mesi dopo l'ingresso, la scelta del Pac protegge meglio il capitale. Con un investimento da 20.000 euro, il Pic si ferma a 29.621 euro, mentre il Pac guadagna quota fino a 30.878 euro, beneficiando del fatto che l'investitore ha continuato ad acquistare durante la fase di ribasso. Se si allunga l'orizzonte del crollo, ad esempio una correzione del 30% protratta per un anno, il vantaggio del Pac resta solido. Con 50.000 euro, il Pic precipita a 71.594 euro, mentre il Pac in 12 mesi attenua la perdita e si attesta a 73.376 euro. E nei casi peggiori, come una discesa del 40% su 18 mesi, il Pac addirittura protegge il capitale meglio del Pic, nonostante l'investimento venga effettuato nello stesso periodo. Con 100.000 euro investiti in 24 mesi, il Pac limita la perdita a 60.911 euro, mentre il Pic crolla a 62.686 euro, ma senza possibilità di recupero progressivo durante la discesa.
A spiegare questi risultati non è solo la logica del timing, ma un dato fondamentale: la durata dell'investimento azionario è proporzionale alla probabilità di guadagno positivo. I dati storici raccolti e rappresentati da Progetica su un arco di 10 anni dimostrano che investendo in azioni globali per soli 12 mesi, la perdita potenziale può raggiungere il -13,17%, ma se si resta investiti per 36 mesi, la peggiore performance storica scende a -41,98%, e proseguendo fino a 72 mesi (sei anni) la massima perdita cala ancora a -2,12%. A partire dai 96 mesi (otto anni), l'intervallo negativo scompare e si entra in territorio positivo, con guadagni potenziali minimi del +14,77%. Dopo 120 mesi, cioè dieci anni, la peggiore performance diventa un incremento del +36,12%, mentre la migliore sfiora il +45,43%. Il messaggio è chiaro: nessun investimento azionario è garantito nel breve periodo, ma tutti tendono a generare valore nel lungo.
Accanto alla strategia, conta molto anche l'intermediario finanziario che si sceglie per costruire un Pac. I dati aggiornati al maggio 2025, raccolti da Moneyfarm e Il Corriere della Sera, segnalano che alcuni broker - tra cui Directa Sim, Etoro, Fideuram Direct, Fineco, Scalable Capital e Trade Republic - propongono PAC su ETF senza costi di apertura e spesso con spese di transazione azzerate. La promozione più interessante è quella di Fideuram Direct, che raddoppia la prima rata mensile fino a un massimo di 300 euro, moltiplicando fin da subito la forza dell'investimento. Anche Scalable Capital e Fineco applicano sconti per gli under 30, e permettono l'acquisto anche di frazioni di ETF.
A cui si aggiunge l'analisi dell'impatto delle commissioni di gestione, che incide fortemente sul rendimento finale. Secondo i dati elaborati, un PAC di 100 euro al mese per 10 anni, con un costo annuo del 2%, porterà a un capitale finale di circa 19.873 euro. Lo stesso investimento, con un costo contenuto allo 0,3%, sale a 22.141 euro. Aumentando l'investimento mensile a 300 euro, la differenza tra l'opzione più costosa e quella più efficiente diventa ancora più ampia: si passa da 60.022 euro a 66.422 euro, quasi 6.400 euro di guadagno netto in più, scegliendo un intermediario con spese basse e trasparenti.