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Come vanno i mercati di strada e bancarelle? Male, tante chiusure e poche vendite. Dati, statistiche e previsioni

di Marcello Tansini pubblicato il
Dati, statistiche e previsioni

La crisi dei mercati di strada in Italia emerge tra dati allarmanti, chiusure crescenti e poche vendite. Tra cause strutturali e burocratiche, si analizzano impatti sociali, casi locali e scenari di rilancio.

La situazione dei mercati all'aperto in Italia riflette una trasformazione segnata da una riduzione delle imprese ambulanti e dal calo delle vendite. Questa tendenza emerge dall'analisi di dati forniti da associazioni di settore come Anva Confesercenti, che sottolineano la perdita di vitalità nei quartieri e nei centri abitati di molte città.

Oggi il commercio su aree pubbliche si trova a dover affrontare nuove sfide, tra cui i cambiamenti nella domanda dei consumatori, l'invecchiamento degli operatori e l'incertezza normativa, che rendono difficile mantenere vivo un sistema centrale per la vita e la socialità urbana.

I numeri del declino: dati e statistiche sulla riduzione delle imprese ambulanti

Lo svuotamento di mercati e bancarelle in Italia trova conferma nei dati degli ultimi dieci anni. Secondo lo studio di Anva Confesercenti, dal 2014 al 2024 si sono perse oltre 42.000 imprese su aree pubbliche, una contrazione del 22,4%, equivalente a oltre una attività su cinque. Particolarmente colpite sono le categorie dell'abbigliamento, dei tessuti e delle calzature, che hanno fatto segnare un calo vicino al 55%, mentre i banchi alimentari hanno registrato una riduzione di circa il 18%. La natalità imprenditoriale ha subito anch'essa un rallentamento con il numero di nuove iscrizioni sceso da oltre 22.000 nel 2014 a 15.600 nel 2024, pari a un calo del 30%:

Categoria

Variazione % 2014-2024

Imprese totali

-22,4%

Abbigliamento/tessuti/calzature

-55%

Banchi alimentari

-18%

Nuove iscrizioni

-30%

Fatturato del settore

-2 pp (dal 5% al 3% sul totale spesa famiglie)

La crisi è più marcata nel Nord-Est (-32,6%) e nel Centro (-27,3%), con le Marche che raggiungono un calo del 54,5%. Al Sud il dato si attesta intorno al 15,9%. Oggi circa un quarto delle postazioni previste risulta vuoto, segnale di una realtà che si svuota progressivamente: sono circa 53.000 gli spazi rimasti senza titolari. Nel complesso, il valore delle licenze si è ridotto di quasi il 70%, passando da circa 30.000 a 9.000 euro. Il peso del settore sulla spesa complessiva delle famiglie è scivolato dal 5% al 3% in appena un decennio, causando una stima di 4,5 miliardi di euro di fatturato perso.

Le cause della crisi: dalla burocrazia alla direttiva Bolkestein

Tra le motivazioni dello svuotamento dei mercati su aree pubbliche emergono diversi fattori connessi sia al contesto normativo che alle trasformazioni economiche e sociali. La burocrazia rappresenta un ostacolo: le procedure lente e complesse per il rinnovo delle concessioni e la gestione amministrativa scoraggiano nuovi ingressi e alimentano un clima di incertezza fra gli operatori. Un elemento che ha alimentato queste criticità è la direttiva Bolkestein, che ha introdotto regole più restrittive e incerte sui rinnovi con prolungati e assenza di linee guida definitive adottate su scala nazionale.

Questa situazione normativa frammentata ostacola la programmazione imprenditoriale e frena gli investimenti, aggravando così la perdita di attrattività della professione tra i giovani e scoraggiando il ricambio generazionale. Anche il fenomeno dell'abusivismo commerciale cresce, favorito sia dall'instabilità regolatoria sia dalla presenza di spazi vuoti che non trovano una gestione efficace. A questi si sommano i costi operativi (dai carburanti ai materiali) e il cambiamento nei comportamenti di acquisto dei consumatori, sempre più attratti dagli acquisti online e dalla grande distribuzione:

  • Burocrazia complessa e lungaggini amministrative
  • Direttiva Bolkestein e incertezze normative
  • Crescita dell'abusivismo
  • Costi di gestione in aumento
  • Modifica delle abitudini di acquisto

Effetti sul territorio e sulla coesione sociale

Il depauperamento del commercio ambulante non incide solamente sull'economia: i mercati su aree pubbliche costituiscono un presidio di socialità, sicurezza e vitalità urbana. La riduzione degli operatori in queste realtà tradizionali comporta una perdita di servizi di prossimità, meno presidi contro il degrado urbano e una minore capacità delle comunità di mantenere legami di vicinato.

La presenza quotidiana di operatori ambulanti in quartieri e paesi, secondo quanto sottolineato da Confesercenti e ANVA, crea un tessuto di relazioni che favoriscono la coesione tra residenti, garantendo al tempo stesso una rete di monitoraggio sociale. Il venir meno di questo presidio fa sì che alcune aree diventino più vulnerabili al degrado e all'illegalità.

La contrazione del numero di banchi riduce l'accessibilità ai prodotti alimentari e di prima necessità, colpendo le fasce più deboli della popolazione - come anziani e cittadini con ridotta mobilità - che trovano nei mercati un canale di acquisto conveniente e facilmente raggiungibile. Infine, la perdita di vivacità dei mercati indebolisce l'identità dei luoghi, privando molte realtà cittadine di un punto di incontro fondamentale per la socialità locale.

Il caso dei mercati fiorentini: una fotografia locale della crisi

Firenze è uno degli esempi più evidenti della crisi del settore. Negli ultimi dieci anni, le attività ambulanti hanno vissuto un calo costante: nel Comune, dalle 1.364 del 2014 si è scesi alle 1.225 del 2025, mentre in provincia i numeri raccontano una perdita di quasi 500 attività. Il fenomeno interessa tutta l'area, dai mercati di quartiere a quello delle Cascine, dove il 20% delle postazioni resta vacante e la situazione è aggravata da difficoltà logistiche e dalla presenza del commercio irregolare.

Nei mercati storici come Santo Spirito e Sant'Ambrogio-Ghiberti la percentuale degli spazi non occupati raggiunge rispettivamente il 30% e il 19%. L'instabilità è accentuata dalla presenza degli spuntisti - operatori temporanei - che da un lato riempiono i vuoti, ma dall'altro rendono incerto l'assetto complessivo. La difficoltà di ricambio generazionale è evidente: tra orari difficili, margini ridotti e condizioni faticose, la professione perde il suo fascino per i giovani. La tendenza prevalente vede subentrare nuovi operatori, principalmente di origine straniera, ma la dinamica strutturale di crisi permane, accentuata dalla diminuzione dei consumi e dal permanere di spazi invenduti:

Mercato

Postazioni totali

% spazi vuoti

Cascine

269

>20%

Isolotto

25

15-20%

Cure

35

18%

Galluzzo

23

23%

Santo Spirito

ND

30%

Sant'Ambrogio-Ghiberti

63

19%

Le future assegnazioni degli spazi, una volta conclusi i rinnovi delle concessioni, rappresentano uno degli snodi per tentare di stabilizzare e rilanciare i mercati locali.

Le prospettive future tra ricambio generazionale, burocrazia e necessità di riforme

Guardando alle prospettive, emergono elementi che impongono una riflessione sulle priorità da seguire per invertire la tendenza. Il mancato ricambio generazionale è una delle criticità più gravi: l'assenza di nuovi ingressi rischia di spezzare la continuità tra passato e presente, privando il settore di energie fresche e capacità innovative. L'incertezza normativa, in particolare i ritardi nei rinnovi delle concessioni e la mancanza di regole univoche legate alla direttiva Bolkestein, impediscono la programmazione a lungo termine e scoraggiano investimenti in formazione e tecnologia.

Le proposte di riforma affrontate durante l'assemblea nazionale di ANVA Confesercenti puntano a:

  • Definire con chiarezza il quadro normativo del settore
  • Favorire iniziative di semplificazione amministrativa
  • Valorizzare la funzione sociale ed economica dei mercati
Intervenire tempestivamente su questi aspetti potrebbe ridare sicurezza agli operatori e nuovo slancio a un modello di commercio che, pur in trasformazione, continua a rappresentare un riferimento indispensabile per molte realtà locali.