Quando č valido secondo la Cassazione l’accertamento analitico-induttivo anche solo dopo una segnalazione di terzi
Cosa prevede la nuova sentenza della Cassazione sulla possibilità di avviare controlli fiscali subito dopo la segnalazione di terzi? I controlli fiscali vengono avviati dall’Agenzia delle Entrate secondo specifiche procedure e accertamenti.
Questi ultimi scattano nei casi di incongruenze tra quanto dichiarato e tenore di vita. Una recente sentenza della Corte di Cassazione si è espressa sui casi di validità dell’accertamento analitico-induttivo, generalmente utilizzato nei confronti dei contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.
Tramite questo tipo di controllo l’Agenzia dell’Entrate può intervenire sulla rideterminazione complessiva del reddito, tra compensi, ricavi, volume d’affari, costi, spese, elementi indicati nella dichiarazione e nell’eventuale bilancio.
A differenza dell'accertamento analitico, quello analitico-induttivo non ha come presupposto un fatto o un documento che dimostra effettivamente la violazione delle norme tributarie ma si basa su più presunzioni.
In genere, come previsto dalla normativa vigente, l'accertamento analitico-induttivo è risulta ammissibile quando emerge l'incompletezza o l'inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione.
La sentenza è arrivata al termine di discussione di un caso che ha riguardato un accertamento che ha contestato ad una società in accomandita semplice maggiori redditi e minori costi in presenza di fatture fittizie emesse per operazioni inesistenti.
In particolare, l’accertamento è scattato a causa delle divergenze che sono risultate tra la contabilità della società e le dichiarazioni dei terzi fornitori, fornite in risposta ai questionari inviati dall’ufficio.
Nel caso in esame, il ricorso all’accertamento analitico-induttivo è stato giustificato dalle numerose incongruenze riscontrate, che denotavano l’irregolare tenuta della contabilità, con particolare riferimento alla contabilizzazione di passività inesistenti e alla mancata prova di pagamenti formalmente effettuati, e dalla notevole discrepanza tra i debiti risultanti dalla contabilità della società e gli importi dichiarati dai suoi fornitori.
I giudici della Cassazione hanno ritenuto legittimo l’utilizzo del metodo di accertamento induttivo, pur se tramite semplici presunzioni, considerando che la contabilità che, sia pure formalmente regolare, è di fatto inattendibile.