Il valore del rating può essere alzato, abbassato o mantenuto stabile e accompagnato da un outlook positivo o negativo che anticipa la direzione.
Quando si parla di rating sovrano, si fa riferimento alla valutazione ufficiale della solidità finanziaria di uno Stato e della sua capacità di rimborsare il debito. Questo giudizio viene emesso dalle principali agenzie internazionali, come Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings, che analizzano i parametri macroeconomici, fiscali e politici. Il rating, espresso attraverso una scala alfanumerica che va da AAA (massima affidabilità) a D (default conclamato), è una sorta di pagella della solvibilità di un Paese. Il giudizio influisce sulla fiducia degli investitori, sull'accesso al credito e sui costi di finanziamento di uno Stato. Non è una formalità né un indicatore neutro: è uno strumento che incide sui destini economici nazionali.
Il valore del rating può essere alzato, abbassato o mantenuto stabile e accompagnato da un outlook positivo o negativo che anticipa la direzione. Le variazioni del giudizio sono spesso annunciate in date predefinite, ma possono anche essere effettuate d'urgenza se lo scenario macroeconomico cambia bruscamente. Quando una nazione vede il proprio rating migliorare, la percezione del rischio associato ai suoi titoli di debito diminuisce. Viceversa, un downgrade può aprire la porta a effetti a catena che vanno ben oltre il settore obbligazionario. Analizziamo anche:
Un'altra conseguenza si manifesta sul mercato valutario. La moneta del Paese interessato tende a perdere valore rispetto alle altre divise internazionali perché gli investitori, spaventati dall'instabilità potenziale, riducono l'esposizione su quell'economia. Il deflusso di capitali causa un indebolimento della valuta e rendono più costose le importazioni. Soprattutto nei Paesi emergenti, il declassamento innesca un circolo vizioso tra svalutazione, inflazione e fuga di capitali.
Anche i mercati azionari reagiscono negativamente. Il downgrade viene letto come segnale di fragilità sistemica che si traduce in una crescita economica più debole o in un aumento dell'instabilità politica. Le società quotate, in particolare quelle che dipendono dai finanziamenti interni, possono vedere salire i propri costi di indebitamento. I fondi pensione e gli investitori istituzionali, vincolati da regolamenti che impongono l'acquisto di titoli con rating elevati, sono costretti a dismettere le obbligazioni del Paese interessato.
Se al contrario una nazione riceve un innalzamento del proprio rating sovrano, gli effetti sono opposti. Il miglioramento della valutazione implica una maggiore fiducia nella capacità dello Stato di onorare i propri debiti e si traduce subito in una riduzione del premio al rischio richiesto dagli investitori. In altre parole, i rendimenti dei titoli di Stato tendono a scendere e rendono più conveniente per il Tesoro collocare nuove emissioni. I risparmi possono essere reindirizzati a investimenti pubblici o a politiche di riduzione del disavanzo.
Il rafforzamento del rating ha effetti positivi anche sul mercato valutario, dove la moneta nazionale tende ad apprezzarsi grazie all'arrivo di capitali esteri. Questo rafforzamento aiuta a contenere l'inflazione, soprattutto in economie molto dipendenti dalle importazioni. I mercati finanziari leggono il segnale di upgrading come una conferma della stabilità economica e politica del Paese.
Anche gli investitori istituzionali internazionali, a partire dai fondi sovrani fino alle assicurazioni e ai fondi pensione, tornano a mostrare interesse per quell'economia, considerata meno esposta al rischio sistemico. A beneficiarne sono anche le aziende private, che possono finanziarsi a tassi più bassi grazie al miglioramento dell'intero clima finanziario nazionale.