La Decontribuzione Sud, misura introdotta per sostenere l'occupazione nel Mezzogiorno , cesserà di essere applicata a partire dal primo gennaio 2025.
La Decontribuzione Sud, una misura per sostenere l’occupazione nelle regioni meridionali attraverso la riduzione dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, terminerà il 31 dicembre 2024. L’annuncio della sua abolizione, incluso nella Legge di Bilancio 2025, ha destato preoccupazioni tra economisti, imprese e associazioni del territorio. Secondo le stime, la cancellazione di questa agevolazione potrebbe portare a conseguenze sull'occupazione e sulla competitività delle aziende del Sud Italia.
Con la sua cessazione, molte aziende si troveranno ad affrontare un aumento dei costi del personale. Questo rischio è evidente per le imprese di piccole e medie dimensioni che spesso operano con margini di profitto ridotti. L’aumento dei costi potrebbe spingerle a ridurre gli organici, portando a licenziamenti di massa in alcuni settori come il commercio, il turismo, l'agricoltura e l'artigianato.
Secondo un’analisi dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno (Svimez), l’abolizione della Decontribuzione Sud potrebbe mettere a rischio almeno 25.000 posti di lavoro nel 2025. Questi licenziamenti colpirebbero soprattutto le regioni con un tessuto economico già fragile, come Calabria, Sicilia, Campania e Puglia, aggravando le disuguaglianze territoriali. Svimez ha evidenziato che nel triennio 2025-2027 le risorse destinate al Sud si ridurranno di 5,3 miliardi di euro, a causa non solo della cancellazione della Decontribuzione Sud, ma anche della riduzione di altri fondi destinati agli investimenti e allo sviluppo economico del Mezzogiorno.
La decisione di eliminare questa misura è stata motivata dalla scadenza dell’autorizzazione concessa dalla Commissione Europea, che aveva approvato la Decontribuzione Sud come aiuto di Stato straordinario per rispondere alla crisi economica e sociale causata dalla pandemia. La scelta del governo italiano di non richiedere una proroga o di non sostituire la misura con interventi equivalenti ha sollevato critiche da parte di associazioni di categoria, sindacati e rappresentanti delle istituzioni locali.
Le conseguenze non riguarderanno solo le imprese e i lavoratori, ma avranno un impatto più ampio sull’intero sistema economico e sociale delle regioni meridionali. Un aumento della disoccupazione nel Sud potrebbe infatti ridurre i consumi interni, amplificando il rischio di una recessione locale e il divario economico tra Nord e Sud. Questo scenario potrebbe inoltre portare a un’ulteriore emigrazione giovanile, con i giovani talenti del Sud costretti a cercare opportunità lavorative altrove.
Nonostante l’abolizione della Decontribuzione Sud, la Legge di Bilancio 2025 prevede alcune misure alternative per il Mezzogiorno. Tra queste vi è la proroga del Credito d’imposta per gli investimenti nella Zona Economica Speciale (ZES) Unica, con una dotazione di 1,6 miliardi di euro, e nuovi sgravi contributivi per le assunzioni nelle ZES. Secondo Svimez e altri osservatori economici, queste iniziative potrebbero non essere sufficienti a compensare gli effetti negativi della cancellazione della Decontribuzione Sud.