L'utilizzo di certificati medici falsi implica rischi legali e sanzioni severe per i dipendenti e coinvolge anche i medici. Le implicazioni penali, i criteri di licenziamento, casi reali e le possibili conseguenze pratiche.
Negli ultimi anni, i casi di certificati medici falsi per non lavorare hanno sollevato serie preoccupazioni tra aziende, pubbliche amministrazioni e cittadini. L'utilizzo di tali documenti per ottenere assenze ingiustificate rappresenta una questione di rilievo, non solo per le implicazioni etiche, ma soprattutto per quelle legali e disciplinari. Questo fenomeno evidenzia la necessità di una corretta informazione in merito a diritti, doveri e conseguenze, sia per i lavoratori che per i professionisti sanitari coinvolti nella giustificazione dell'assenza dal posto di lavoro.
Il termine certificato medico falso si riferisce a ogni attestazione di malattia o infortunio non corrispondente al reale stato di salute del dipendente. Tale documento può essere creato mediante alterazione, contraffazione oppure redatto dal medico sulla base di informazioni non veritiere fornite dal paziente. Secondo la normativa italiana, il certificato medico è un atto pubblico, e la sua falsificazione comporta responsabilità penali assai rilevanti per chi lo produce e per chi lo utilizza consapevolmente. In pratica:
La diffusione del fenomeno pone in primo piano la necessità di accertare la veridicità delle certificazioni, tutelando sia l'organizzazione aziendale sia la collettività, chiamata a sostenere i costi delle assenze ingiustificate.
La legittimità del licenziamento nei casi di utilizzo di certificati medici non autentici è stata oggetto di numerosi interventi giurisprudenziali, con particolare rilievo alle pronunce della Corte di Cassazione. Secondo l'Ordinanza n. 172/2025, la trasmissione di un certificato medico artefatto costituisce una violazione grave e irreparabile del rapporto di fiducia tra datore e lavoratore, giustificando il recesso per giusta causa.
I principali criteri individuati per la valutazione della legittimità sono:
Le responsabilità per l'uso o la produzione di certificati falsi si articolano su due piani distinti: penale e disciplinare. Per il lavoratore, la presentazione di tali documenti può determinare:
Infine, in caso di accertamento del falso, entrambe le figure rischiano l'iscrizione nel casellario giudiziale, con ripercussioni permanenti sulla carriera lavorativa e sulla reputazione professionale.
La dimostrazione della falsità di una certificazione medica richiede un'attenta analisi degli elementi disponibili, specialmente laddove vi siano sospetti ma non prove immediate. In sede di contenzioso, il datore di lavoro non è obbligato a proporre una querela di falso per la contestazione del documento: secondo la giurisprudenza recente, è sufficiente mettere in discussione il giudizio diagnostico del medico ove supportato da fatti concreti e inequivocabili.
L'onere della prova si distribuisce tra le parti: al lavoratore spetta dimostrare la legittimità delle sue assenze e l'autenticità della documentazione, mentre il datore ha il compito di sollevare elementi che facciano emergere la potenziale falsità o incongruenza rispetto al comportamento osservato.
L'azienda può avvalersi di indagini difensive, inclusa l'assunzione di investigatori privati per verificare l'effettiva presenza di una patologia o l'eventuale svolgimento di altre attività incompatibili con la malattia dichiarata.
L'uso di tabelle comparative tra i periodi di assenza, il tipo di certificazione presentata e l'attività del dipendente può risultare utile per evidenziare discrepanze sostanziali. Riassumendo tutto:
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Strumento probatorio |
Finalità |
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Visita fiscale INPS |
Accertare l'effettiva malattia |
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Relazione investigativa |
Documentare comportamenti incompatibili |
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Confronto firme e timbri |
Verificare autenticità documenti |
La fase probatoria assume dunque un valore determinante ai fini dell'accertamento della responsabilità e dell'adozione delle conseguenti misure sanzionatorie.
I casi di certificati medici falsi per non lavorare hanno frequentemente occupato le cronache giudiziarie italiane. Recentemente, una funzionaria giudiziaria presso il Tribunale di Ravenna è stata sospesa per un anno: in due mesi aveva presentato ben 58 certificati per visite e ricoveri mai avvenuti, redatti falsificando firme e timbri di medici e presidi. L'indagine ha condotto all'incriminazione per truffa ai danni dello Stato e falso materiale.
Altri casi coinvolgono lavoratori pubblici e privati che, mediante l'utilizzo di documenti alterati - spesso per coprire assenze finalizzate a svolgere secondi lavori o a ottenere periodi di vacanza - sono stati licenziati in tronco e, in alcune circostanze, condannati al risarcimento dei danni.
La giurisprudenza resta indirizzata alla massima severità nella repressione di questi episodi, al fine di tutelare l'interesse collettivo e scoraggiare condotte di slealtà nei confronti delle organizzazioni lavorative.
La scoperta dell'uso di certificati medici non autentici comporta conseguenze immediate e spesso irreversibili per il dipendente e, in certi casi, per il medico coinvolto. Oltre al licenziamento sommario senza preavviso, il lavoratore può vedersi addebitare: