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Dipendenti e certificati medici falsi. I rischi legali, le sanzioni e le conseguenze per i dipendenti

di Marcello Tansini pubblicato il
Conseguenze per i dipendenti

L'utilizzo di certificati medici falsi implica rischi legali e sanzioni severe per i dipendenti e coinvolge anche i medici. Le implicazioni penali, i criteri di licenziamento, casi reali e le possibili conseguenze pratiche.

Negli ultimi anni, i casi di certificati medici falsi per non lavorare hanno sollevato serie preoccupazioni tra aziende, pubbliche amministrazioni e cittadini. L'utilizzo di tali documenti per ottenere assenze ingiustificate rappresenta una questione di rilievo, non solo per le implicazioni etiche, ma soprattutto per quelle legali e disciplinari. Questo fenomeno evidenzia la necessità di una corretta informazione in merito a diritti, doveri e conseguenze, sia per i lavoratori che per i professionisti sanitari coinvolti nella giustificazione dell'assenza dal posto di lavoro.

Cosa si intende per certificato medico falso e implicazioni legali

Il termine certificato medico falso si riferisce a ogni attestazione di malattia o infortunio non corrispondente al reale stato di salute del dipendente. Tale documento può essere creato mediante alterazione, contraffazione oppure redatto dal medico sulla base di informazioni non veritiere fornite dal paziente. Secondo la normativa italiana, il certificato medico è un atto pubblico, e la sua falsificazione comporta responsabilità penali assai rilevanti per chi lo produce e per chi lo utilizza consapevolmente. In pratica:

  • Falsità materiale: si verifica quando il documento viene alterato nella sua forma o nel contenuto senza il consenso del medico.
  • Falsità ideologica: avviene quando il professionista sanitario attesta volontariamente fatti non corrispondenti al vero, come una patologia inesistente o visite mai avvenute.
Sul piano giuridico, la legge prevede che la produzione e l'uso di documentazione medica falsa possono configurare reati quali: truffa ai danni dello Stato, falsità in atto pubblico, e nei casi più gravi, falsità materiale. Oltre al danno erariale per l'indebita percezione di retribuzioni o indennità, il lavoratore rischia anche un procedimento disciplinare, mentre il medico, qualora coinvolto, può essere accusato di falso ideologico aggravato in quanto pubblico ufficiale.

La diffusione del fenomeno pone in primo piano la necessità di accertare la veridicità delle certificazioni, tutelando sia l'organizzazione aziendale sia la collettività, chiamata a sostenere i costi delle assenze ingiustificate.

Quando il licenziamento è legittimo: criteri e orientamenti della Cassazione

La legittimità del licenziamento nei casi di utilizzo di certificati medici non autentici è stata oggetto di numerosi interventi giurisprudenziali, con particolare rilievo alle pronunce della Corte di Cassazione. Secondo l'Ordinanza n. 172/2025, la trasmissione di un certificato medico artefatto costituisce una violazione grave e irreparabile del rapporto di fiducia tra datore e lavoratore, giustificando il recesso per giusta causa.

I principali criteri individuati per la valutazione della legittimità sono:

  • Gravità della condotta: anche il semplice invio di un documento non autentico integra una grave violazione degli obblighi contrattuali.
  • Elementi soggettivi: è necessario valutare la consapevolezza e volontà del lavoratore nell'utilizzo del certificato falso; viene esclusa la responsabilità quando il dipendente ha fatto uso inconsapevolmente di un documento alterato da terzi (Cass. 20891/2024).
  • Plurime violazioni: la reiterazione di comportamenti scorretti, come assenze ingiustificate, abbandono del posto di lavoro e presentazione di certificazioni false, rafforza la legittimità del provvedimento espulsivo.
Nel recente orientamento della Cassazione (sentenza n. 30551/2024), si è precisato che il datore di lavoro non è obbligato a presentare una querela di falso per contestare l'esattezza della diagnosi: può, invece, basarsi su elementi oggettivi e comportamentali che evidenziano la simulazione della malattia. La decisione sottolinea la centralità della fiducia quale cardine del rapporto lavorativo, salvaguardando il corretto funzionamento dell'organizzazione e il rispetto delle regole.

Le responsabilità penali e disciplinari per dipendente e medico

Le responsabilità per l'uso o la produzione di certificati falsi si articolano su due piani distinti: penale e disciplinare. Per il lavoratore, la presentazione di tali documenti può determinare:

  • Sanzioni penali ai sensi del Codice Penale per truffa, qualora si ottengano indebite indennità, e per falsità materiale o ideologica commessa da privato in atto pubblico.
  • Procedimenti disciplinari aziendali, che possono condurre fino al licenziamento senza preavviso, con perdita dei diritti maturati.
Il medico, in quanto pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, assume un ruolo centrale: attestare fatti non veritieri, dichiarare di aver effettuato una visita mai avvenuta o simulare una patologia configura falso ideologico aggravato, sanzionato fino a sei anni di reclusione. Non di rado, il sanitario può però essere indotto in errore dalla descrizione dei sintomi fornita dal paziente; tuttavia, se si dimostra la malafede professionale, la responsabilità penale risulta gravosa e può estendersi anche sul piano civile per eventuali danni patrimoniali causati all'ente previdenziale.

Infine, in caso di accertamento del falso, entrambe le figure rischiano l'iscrizione nel casellario giudiziale, con ripercussioni permanenti sulla carriera lavorativa e sulla reputazione professionale.

La dimostrazione della falsità di una certificazione medica richiede un'attenta analisi degli elementi disponibili, specialmente laddove vi siano sospetti ma non prove immediate. In sede di contenzioso, il datore di lavoro non è obbligato a proporre una querela di falso per la contestazione del documento: secondo la giurisprudenza recente, è sufficiente mettere in discussione il giudizio diagnostico del medico ove supportato da fatti concreti e inequivocabili.

L'onere della prova si distribuisce tra le parti: al lavoratore spetta dimostrare la legittimità delle sue assenze e l'autenticità della documentazione, mentre il datore ha il compito di sollevare elementi che facciano emergere la potenziale falsità o incongruenza rispetto al comportamento osservato.

L'azienda può avvalersi di indagini difensive, inclusa l'assunzione di investigatori privati per verificare l'effettiva presenza di una patologia o l'eventuale svolgimento di altre attività incompatibili con la malattia dichiarata.

L'uso di tabelle comparative tra i periodi di assenza, il tipo di certificazione presentata e l'attività del dipendente può risultare utile per evidenziare discrepanze sostanziali. Riassumendo tutto:

Strumento probatorio

Finalità

Visita fiscale INPS

Accertare l'effettiva malattia

Relazione investigativa

Documentare comportamenti incompatibili

Confronto firme e timbri

Verificare autenticità documenti

La fase probatoria assume dunque un valore determinante ai fini dell'accertamento della responsabilità e dell'adozione delle conseguenti misure sanzionatorie.

Esempi concreti e casi di cronaca

I casi di certificati medici falsi per non lavorare hanno frequentemente occupato le cronache giudiziarie italiane. Recentemente, una funzionaria giudiziaria presso il Tribunale di Ravenna è stata sospesa per un anno: in due mesi aveva presentato ben 58 certificati per visite e ricoveri mai avvenuti, redatti falsificando firme e timbri di medici e presidi. L'indagine ha condotto all'incriminazione per truffa ai danni dello Stato e falso materiale.

Altri casi coinvolgono lavoratori pubblici e privati che, mediante l'utilizzo di documenti alterati - spesso per coprire assenze finalizzate a svolgere secondi lavori o a ottenere periodi di vacanza - sono stati licenziati in tronco e, in alcune circostanze, condannati al risarcimento dei danni.

La giurisprudenza resta indirizzata alla massima severità nella repressione di questi episodi, al fine di tutelare l'interesse collettivo e scoraggiare condotte di slealtà nei confronti delle organizzazioni lavorative.

La scoperta dell'uso di certificati medici non autentici comporta conseguenze immediate e spesso irreversibili per il dipendente e, in certi casi, per il medico coinvolto. Oltre al licenziamento sommario senza preavviso, il lavoratore può vedersi addebitare:

  • Sanzioni amministrative: provvedimenti disciplinari interni, sospensioni o destituzione dall'impiego pubblico.
  • Sanzioni penali: reclusione fino a 6 anni per falsità in atto pubblico e per truffa aggravata e multe pecuniarie ingenti.
  • Risarcimenti: obbligo di restituire le somme percepite indebitamente come malattia e pagamento dei danni patrimoniali verso l'ente previdenziale e il datore di lavoro.
I procedimenti giudiziari possono determinare anche il blocco della progressione di carriera e l'impossibilità di accedere ad altri impieghi pubblici o con enti convenzionati. Le sentenze più recenti confermano inoltre che le condotte accertate incidono negativamente e in modo permanente sul rapporto fiduciario, giustificando la massima severità delle sanzioni irrogate.