La decisione del Tribunale di Milano sull'assegnazione degli alloggi popolari non riguarda solo la Lombardia, ma avrà ripercussioni su tutto il territorio.
Una sentenza del Tribunale di Milano segna un punto di svolta sul tema dell'assegnazione degli alloggi popolari in Italia. Il nodo centrale della questione riguarda il peso eccessivo attribuito all'anzianità di residenza nella formazione delle liste di assegnazione, un criterio che ha penalizzato non solo gli immigrati, ma anche cittadini italiani che si sono trasferiti da poco tempo in una determinata regione. La decisione del giudice stabilisce che la residenza prolungata non può più essere considerata il fattore principale nell'assegnazione degli alloggi, in quanto questo meccanismo rischia di escludere persone in condizioni economiche e sociali di grave difficoltà. Approfondiamo la questione:
Secondo la sentenza, emessa il 20 febbraio 2025, la Regione Lombardia ha 60 giorni di tempo per adeguare il proprio regolamento ed eliminare le norme che attribuiscono un punteggio sproporzionato alla residenza pregressa. L'obiettivo è ristabilire la funzione originaria dell'edilizia popolare: fornire un tetto a chi ne ha più bisogno, indipendentemente dalla sua storia residenziale. Il giudice ha specificato che i nuovi bandi di assegnazione devono essere strutturati in modo da consentire anche ai nuovi residenti di entrare nelle graduatorie senza essere svantaggiati.
La decisione del Tribunale di Milano non riguarda solo la Lombardia, ma avrà ripercussioni su tutto il territorio nazionale. In molte altre regioni italiane si utilizzano criteri simili per l'assegnazione delle case popolari. In Emilia-Romagna, ad esempio, alcuni comuni hanno già iniziato a ridurre il peso dell'anzianità di residenza per evitare ricorsi e problematiche legali, mentre a Ferrara un'ordinanza ha imposto di rivedere il regolamento locale per limitare l'influenza di questo parametro.
La questione è anche politica. Alcuni esponenti di partiti nazionali, come la Lega, hanno sostenuto l'importanza di mantenere criteri che favoriscano chi vive da più tempo nello stesso territorio, per preservare una sorta di priorità ai cittadini storici rispetto ai nuovi arrivati. Dall'altra parte, associazioni per i diritti umani, sindacati e movimenti sociali sottolineano come il diritto alla casa debba essere garantito in base alle reali condizioni di disagio e non sulla base di un criterio cronologico. La sentenza del Tribunale di Milano apre quindi la strada a una revisione complessiva delle politiche abitative in Italia.
Le famiglie che fino a oggi hanno visto ridotte le proprie possibilità di ottenere un alloggio popolare a causa della loro residenza in un comune o in una regione avranno finalmente maggiori opportunità. Con la riformulazione dei criteri di assegnazione, il peso dell'Isee, della composizione del nucleo familiare e della situazione di emergenza abitativa sarà maggiore rispetto alla semplice durata della permanenza in un territorio.
Per il Comune di Milano, la sentenza impone una revisione immediata dei bandi ancora aperti e di quelli futuri, per evitare discriminazioni nei confronti di chi ha bisogno di una casa ma non può dimostrare un lungo periodo di residenza.