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Esame di integrazione per avere la cittadinanza italiana: chi e quando lo dovrà fare se passa nuova legge

di Marianna Quatraro pubblicato il
Esame di integrazione per avere la citta

L'esame di integrazione per la cittadinanza italiana potrebbe diventare obbligatorio con la nuova legge. I cambiamenti previsti, chi sarà interessato e le possibili ripercussioni su revoca e ricongiungimenti familiari.

Negli ultimi anni, il dibattito sulle modalità di acquisizione della cittadinanza italiana si è intensificato, portando alla luce la necessità di nuovi criteri e strumenti di valutazione dell’effettivo inserimento degli stranieri nella società. Tra questi, l’esame di integrazione rappresenta uno degli strumenti chiave proposti per verificare la reale conoscenza delle regole sociali e giuridiche e il grado di integrazione di chi desidera ottenere lo status di cittadino italiano. Questo esame è pensato per accertare sia le competenze linguistiche, sia la conoscenza del tessuto civico e normativo italiano, coinvolgendo direttamente chi è nato in Italia da genitori stranieri o chi vi risiede da anni con regolare permesso.

L’obiettivo che emerge dalle più recenti proposte legislative non è solo quello di verificare la padronanza della lingua italiana, ma anche di valutare l’adesione ai valori condivisi dalla collettività. La nuova impostazione normativa intende assicurare che chi diventa cittadino abbia maturato una consapevolezza delle responsabilità civiche e delle regole che presiedono alla convivenza all’interno della Repubblica. In questo contesto, l’esame di integrazione non viene visto come una semplice formalità, bensì come un passaggio essenziale per la costruzione di un patto di cittadinanza autentico e condiviso.

Nuova proposta di legge: requisiti e cambiamenti principali per ottenere la cittadinanza italiana

La recente proposta presentata presso la Camera introduce regole più severe e requisiti aggiuntivi per la concessione della cittadinanza, con riferimento sia ai minorenni nati in Italia sia agli stranieri adulti residenti. Secondo il testo, lo straniero nato sul territorio nazionale sarà tenuto a superare un esame di integrazione al compimento dei 18 anni, mostrando di aver sviluppato un'autentica conoscenza delle regole civiche e sociali italiane. Tale esame, disciplinato mediante decreto dal Ministero dell’Interno, rappresenta lo strumento di verifica dell’effettiva integrazione e delle conoscenze minime richieste dalla legge.

È obbligatoria l’assenza di condanne o procedimenti penali per delitti non colposi, incluso il divieto di ammissione all’applicazione della pena su richiesta delle parti per tali reati, condizione che vuole rafforzare il legame tra il rispetto delle regole e il riconoscimento dello status di cittadino.

Il periodo di residenza legale richiesto per l’accesso alla cittadinanza viene generalmente raddoppiato per tutte le principali casistiche:

  • Per i minori, figli o discendenti di secondo grado di italiani, sale da 2 a 4 anni;
  • Per gli adulti con genitore italiano per nascita, da 2 a 4 anni;
  • Per gli stranieri nati in Italia, da 3 a 10 anni;
  • Per i cittadini di stati dell’Unione Europea, da 4 a 8 anni;
  • Per le persone apolidi, da 5 a 10 anni.
I contenuti dell’esame di integrazione saranno definiti dal Ministro dell’Interno e dovranno comprendere elementi di educazione civica, conoscenza della Costituzione e delle principali norme che regolano la vita civile e sociale nel Paese.

Per quanto riguarda le procedure amministrative, è prevista una significativa riduzione dei tempi necessari per la conclusione dell’iter: dai precedenti 24 mesi si passa a 12 mesi, con una possibilità di proroga fino a un massimo di 24 mesi. Questa accelerazione risponde alla richiesta di maggiore efficienza e trasparenza nelle decisioni sulle domande di cittadinanza.

Un altro elemento innovativo è l’estensione delle cause di revoca della cittadinanza. Vengono introdotte nuove ipotesi che possono causare la perdita dello status acquisito, tra cui:

  • Condanna definitiva oltre i 5 anni di reclusione o superiore a 3 anni per reati di violenza di genere;
  • Reati come stupro, maltrattamenti contro familiari o conviventi, stalking, revenge porn, pratiche di mutilazione dei genitali femminili e tratta di esseri umani;
  • Delitti commessi nei tre anni precedenti, per cui si sia beneficiato del perdono giudiziale.
È inoltre eliminata la precedente esclusione della revoca in caso di impossibilità di acquisire un’altra cittadinanza, con l’intenzione di rendere effettiva l’applicazione di queste norme anche nei casi più complessi.

Sul piano sociale, la proposta evidenzia che il riconoscimento della cittadinanza viene considerato un traguardo da attribuire solo a chi abbia dimostrato di esserne degno attraverso l’integrazione, rispecchiando un sentire collettivo ribadito anche dai risultati del recente referendum abrogativo del giugno 2025 e dai sondaggi di opinione.

Revoca della cittadinanza, ricongiungimenti familiari e impatti della riforma

Oltre ai nuovi criteri di acquisizione, la proposta introduce misure più stringenti sia per la revoca che per il ricongiungimento familiare. In primo piano, l’elenco delle cause che possono comportare la perdita della cittadinanza. Tali circostanze si ampliano, specialmente per chi si renda responsabile di reati di particolare gravità, come quelli culturalmente motivati o aventi a oggetto la tratta di esseri umani e le violenze di genere. Il termine per l’adozione della revoca si riduce drasticamente da 10 a 2 anni, rendendo la procedura più rapida e, di conseguenza, più effettiva.

In materia di ricongiungimenti familiari, la riforma prevede restrizioni dedicate a evitare abusi e ad assicurare che solo individui effettivamente in grado di contribuire al progresso della collettività possano accedervi. Tra le principali novità si trovano:

  • Esclusione dal ricongiungimento di persone che nella propria vita non abbiano fornito contributo al progresso sociale nazionale;
  • Restrizioni specifiche per genitori a carico e soggetti ultrasessantacinquenni, soprattutto se sprovvisti dei requisiti di autonomia economica;
  • Incremento rilevante della soglia di reddito minimo necessario per il ricongiungimento: dal livello attuale, pari all’assegno sociale aumentato della metà per ogni familiare, si passa al triplo dell’assegno sociale aumentato per intero per ogni familiare ulteriore;
  • Introduzione dell’obbligo di assicurazione sanitaria privata per ciascun familiare da ricongiungere.
La ratio di tali misure risponde alla volontà di riequilibrare gli oneri del welfare e tutelare la sostenibilità del sistema di prestazioni sociali. Infatti, i titolari dei permessi temporanei e dei ricongiungimenti dovranno poter dimostrare una reale autonomia economica, favorendo così un’effettiva integrazione e un apporto positivo alla società italiana.

Nel complesso, la riforma promossa punta, da un lato, a rafforzare l’affidabilità del sistema di concessione e mantenimento della cittadinanza; dall’altro, a sostenere la richiesta, avvertita nel sentire comune e rappresentata dai risultati dei recenti referendum e dalle indagini demoscopiche, di attribuire lo status di cittadino italiano a individui effettivamente meritevoli, sia per comportamento che per capacità di integrazione dimostrata. Tali modifiche, se approvate, comporterebbero una revisione sostanziale della legge n. 91 del 1992 e del Testo Unico sull’immigrazione, assicurando una corrispondenza più articolata tra diritti e doveri connessi alla cittadinanza e promuovendo una crescita più equilibrata e consapevole della società italiana.