Eventi e feste aziendali rappresentano occasioni importanti, ma la loro gestione fiscale è complessa: tra detraibilità delle spese, limiti di deducibilità, requisiti, rischi di errori ed esclusione dell'IVA.
Nelle strategie di relazione d'impresa, le iniziative dedicate a collaboratori, clienti o partner - come eventi aziendali, cene, premi e manifestazioni - rappresentano una quota tra le spese sostenute dalle aziende italiane. Queste attività rafforzano il prestigio aziendale e sostengono la costruzione di relazioni commerciali solide, ma la disciplina fiscale riserva criteri specifici alla loro gestione. In ambito tributario, la doppia distinzione tra deducibilità del costo e detraibilità dell'IVA determina vantaggi fiscali differenti e non sempre cumulabili.
La possibilità di scaricare costi di feste ed eventi aziendali, infatti, non è uniforme e richiede attenzione alle regole in materia, al fine di rispettare le indicazioni dell'Agenzia delle Entrate e le pronunce della Cassazione. Soprattutto, la differenziazione tra spese di rappresentanza e pubblicitarie incide direttamente sulle modalità con cui tali uscite possono essere dedotte dal reddito o associate alla detrazione dell'IVA, ricorrendo o meno all'inerenza rispetto all'attività e alla congruità delle stesse. Il quadro normativo attuale attribuisce particolare rilievo ai requisiti di tracciabilità e documentazione, stringendo le maglie sulle pratiche scorrette, e impone alle imprese scelte consapevoli per evitare sanzioni e contestazioni fiscali.
Identificare con precisione la natura delle spese legate agli eventi aziendali è indispensabile per una gestione fiscale corretta. In ambito italiano, la normativa distingue nettamente tra spese di rappresentanza e spese pubblicitarie, ciascuna con proprie implicazioni su deducibilità e trattamento IVA. Le prime comprendono oneri destinati a rafforzare il prestigio aziendale, promuovere relazioni istituzionali e veicolare un'immagine credibile e solida, senza tuttavia generare ricavi diretti e immediati né prevedere una specifica controprestazione. Eventi conviviali, regali aziendali durante cerimonie o iniziative rivolte a clienti e partner sono tipici esempi di questa categoria:
Nella pratica, le aziende devono valutare attentamente la classificazione delle spese per evitare erronee deduzioni o il rischio di recuperi fiscali a seguito di controlli. La disciplina vigente si riflette direttamente nel trattamento fiscale: le spese pubblicitarie sono deducibili integralmente, mentre quelle di rappresentanza lo sono solo entro soglie definite dal fatturato e presentano forti limitazioni sulla detrazione dell'IVA.
Sul tema della detraibilità dell'IVA connessa agli eventi aziendali, un recente indirizzo giurisprudenziale ha risolto le incertezze interpretative: secondo l'ordinanza della Cassazione n. 25144/2025, le spese per cene, eventi e premi organizzati dalle imprese ricadono prevalentemente tra i costi di rappresentanza e non tra le spese di pubblicità. Il discrimine chiave risiede nella finalità dell'evento: solo se lo scopo diretto è la promozione di uno specifico prodotto o servizio può parlarsi di spesa pubblicitaria, diversamente prevale la classificazione come rappresentanza con conseguente esclusione dal diritto alla detrazione IVA.
L'Agenzia delle Entrate si allinea a questa visione, richiamando esplicitamente i riferimenti normativi (art. 19-bis1 del D.P.R. 633/1972) che prevedono la non detraibilità dell'IVA sulla maggior parte delle spese di rappresentanza, fatte salve alcune eccezioni per beni di importo unitario non superiore a € 50, e condizioni specifiche per gli omaggi. La pronuncia della Suprema Corte chiarisce ulteriormente che la gratuità della prestazione rappresenta elemento sintomatico, ma non esclusivo, della natura di rappresentanza; ciò implica che anche qualora l'evento abbia effetti di marketing indiretto, la sua classificazione fiscale va determinata principalmente dall'assenza di una controprestazione specifica e dall'intento generale di accrescere il prestigio aziendale.
La deducibilità delle spese di rappresentanza incontra limiti ben precisi. L'art. 108 del TUIR stabilisce soglie percentuali in relazione ai ricavi annui dell'impresa:
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Fino a 10 milioni di euro |
1,5% dei ricavi |
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Tra 10 e 50 milioni di euro |
0,6% dei ricavi |
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Oltre 50 milioni di euro |
0,4% dei ricavi |
Per i beni di valore unitario non superiore a 50 euro (IVA compresa), la deducibilità è in linea di massima integrale, mentre per spese superiori vale la quota pro-rata relativa al fatturato.
Casi pratici mostrano che:
Le imprese che intendano dedurre i costi di rappresentanza sono tenute a rispettare alcune condizioni imprescindibili, rafforzate dal 2025: