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L'industria chimica è un pilastro del sistema produttivo italiano e, nonostante la portata trasversale della sua influenza, sta attraversando una fase delicata a causa di molteplici criticità. Lo scenario attuale è caratterizzato dall'incertezza dei mercati globali, dalle ripercussioni dei dazi commerciali, dall'aumento dei costi energetici e dal continuo evolversi delle politiche ambientali europee. Nel 2024, il comparto ha registrato una contrazione delle attività produttive, segnale di una fase di arresto che investe, oltre all'Italia, l'intero panorama europeo.
La filiera chimica conta in Italia più di 2.800 imprese e impiega oltre 113.000 addetti qualificati. Il comparto ha realizzato nel 2024 un fatturato pari a 65 miliardi di euro, posizionandosi come la quinta industria nazionale e il terzo produttore europeo per volumi complessivi. Per molte produzioni specialistiche, il Paese assume un rilievo anche superiore rispetto ai principali competitor continentali:
I dati degli ultimi anni segnalano una fase di rallentamento per il comparto: il periodo gennaio-agosto 2025 ha portato a un calo della produzione dell'1,7% su base annua, una tendenza negativa che prosegue da quattro anni, con un livello delle attività inferiore dell'11% rispetto al 2021. Questa flessione si inserisce in un contesto europeo più ampio, dove il calo in Germania - principale produttore UE - raggiunge livelli ancora superiori (-19%).
La chimica italiana risulta relativamente più resiliente per la forte caratterizzazione nei segmenti della chimica fine e specialistica (rappresenta il 55% della produzione rispetto al 37% della media UE) che mostrano perdite più contenute (-5% contro il calo a doppia cifra della chimica di base). Le divergenze settoriali sono accentuate:
Il contesto produttivo è segnato da una serie di ostacoli che condizionano la redditività e la competitività internazionale. La pressione dei costi energetici incide con il prezzo medio all'ingrosso dell'elettricità in Italia che nei primi 9 mesi del 2025 si è attestato sui 120 €/MWh, doppio rispetto a Spagna e Francia. La quota del costo energetico sul valore della produzione è salita dal 14% del 2021 al 18% nel 2024:
Le imprese italiane operano in un quadro normativo europeo sempre più complesso: dal 2019 sono stati introdotti oltre 1.000 nuovi provvedimenti in materia di salute, sicurezza e ambiente. Il peso delle regolamentazioni incide in modo crescente, arrivando al 13% del valore aggiunto del settore nel 2023 (dal 4% nel 2014), con impatti rilevanti soprattutto sulle aziende di minori dimensioni.
Il sistema di scambio delle quote di emissione (EU ETS) impone ulteriori costi: nel 2024 i versamenti per emissioni di CO2 hanno superato i 600 milioni di euro annui, una cifra prossima all'intero budget settoriale di R&S. Ulteriori novità, come l'introduzione del CBAM (Meccanismo di Aggiustamento del Carbonio alle Frontiere) e l'estensione ETS 2, renderanno più onerosa la transizione prevista dalle direttive comunitarie.
L'eccesso di regolamentazione impatta direttamente sulla propensione agli investimenti, con molte imprese che valutano strategie di sviluppo più prudenti e cercano una gestione dei rischi normativa più flessibile e integrata.
La dinamica competitiva italiana passa dall'innovazione e dall'attenzione alla sostenibilità. Il settore investe circa il 5% del fatturato in attività di ricerca e sviluppo, con focus su materiali avanzati, biochimica, tecnologie digitali applicate alla produzione, riduzione delle emissioni e incremento dell'efficienza energetica: