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Il recente stop alla realizzazione del Ponte di Messina, uno degli interventi più discussi degli ultimi decenni, è giunto da una decisione della Corte dei Conti. L’organo ha negato il visto di legittimità alla delibera Cipess che avrebbe dato il via libera allo stanziamento di circa 13,5 miliardi di euro di fondi pubblici destinati al grande collegamento sullo Stretto di Messina.
La decisione dei magistrati contabili non preclude di per sé ogni evoluzione procedurale, tuttavia introduce vincoli e possibili rischi giuridici per gli sviluppi futuri.
La bocciatura è stata motivata da criticità rilevanti sollevate durante il controllo formale sull’atto amministrativo, in un contesto in cui il progetto è ritenuto strategico dal governo ma fortemente contestato da larga parte dell’opinione pubblica e delle forze di opposizione.
Nell’agosto 2025 il Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) aveva approvato il progetto esecutivo del collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto, definendo un piano finanziario considerevole e affidando la realizzazione al consorzio Eurolink guidato da Webuild, insieme ad altri partner nazionali e internazionali.
L’iter procedurale prevedeva come passaggio obbligato la valutazione della Corte dei Conti, incaricata di assicurare la trasparenza e la legittimità nelle grandi spese pubbliche. Proprio in questa fase, la sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti di Governo si è espressa negativamente, negando la registrazione della delibera Cipess. Questo atto impedisce la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e quindi l’avvio effettivo dei lavori.
Tra gli elementi sotto osservazione sono emersi:
Nel processo di valutazione, i magistrati contabili hanno contestato vari aspetti centrali. A livello economico, il principale nodo riguarda la copertura delle ingenti risorse necessarie per l’opera e l’affidabilità delle proiezioni di traffico alla base del piano di sostenibilità finanziaria. Sono stati inoltre evidenziati dubbi sulle modalità di calcolo delle spese complessive, comprese eventuali varianti legate all’adeguamento di strade e ferrovie collegate.
Sul piano procedurale, è stata segnalata la mancanza del coinvolgimento di organismi tecnici fondamentali, tra cui il Consiglio superiore dei lavori pubblici e l’Autorità dei trasporti. Tali enti, secondo la Corte, avrebbero dovuto esprimersi sull’idoneità tecnica e sulla coerenza con le norme di settore, sia a livello nazionale che comunitario.
Le criticità giuridiche, invece, si concentrano sul rispetto di specifiche disposizioni europee relative alle gare pubbliche: il superamento del 50% dei costi rispetto al bando iniziale determina di fatto l’obbligo di una nuova procedura competitiva. In assenza di tale gara, si rischierebbe una procedura di infrazione, l’annullamento dell’affidamento a Webuild e potenziali azioni legali in sede europea.
Le tabelle riassuntive riportano alcuni aspetti cruciali evidenziati dalla Corte:
| Ambito | Osservazioni della Corte | 
| Economico | Coperture incerte e stime di traffico ritenute non sufficientemente supportate | 
| Procedurale | Mancanza di pareri tecnici obbligatori e iter documentale incompleto | 
| Giuridico | Ipossibile evitare una gara europea per superamento della soglia di spesa | 
L’arresto del procedimento ha acceso un acceso scontro tra maggioranza e opposizione, generando polemiche sia sul piano istituzionale che mediatico.
Da Palazzo Chigi, il messaggio è stato di ferma opposizione al controllo giudiziario ritenuto eccessivo: esponenti governativi hanno parlato pubblicamente di "scelta politica" e di interferenza rispetto alla sovranità delle istituzioni esecutive.
La premier ha sottolineato come la bocciatura rappresenti, a suo avviso, "un’invasione di campo" da parte della magistratura contabile, segnalando che tutte le domande poste dalla Corte avevano ricevuto risposte dettagliate da parte delle amministrazioni competenti. Ha inoltre accusato i giudici di aver sollevato osservazioni anche sulla trasmissione dei documenti, a testimonianza di una presunta volontà di trovare giustificazioni formali al blocco.
Il ministro delle Infrastrutture ha ribadito la determinazione a non interrompere l’iter, definendo la decisione della Corte "un danno per il Paese" e assicurando l’intenzione di percorrere tutte le vie legittime per far avanzare il progetto.
Grande sostegno da parte dell’intera maggioranza, che ha sottolineato come il ponte rappresenti, nelle aspettative, un progetto di modernizzazione e crescita occupazionale.
Dall’altro lato le forze di opposizione hanno espresso soddisfazione per lo stop, ritenuto indice di rispetto delle regole e motivo di tutela della legalità. Diversi esponenti hanno invocato l’apertura di ulteriori verifiche e l’eventuale riconsiderazione della natura e delle priorità degli investimenti infrastrutturali nazionali.
L’arresto imposto dalla Corte produce una situazione di incertezza istituzionale, ma il quadro normativo prevede dei possibili sbocchi. In base al Testo Unico n. 1214/1934, il Consiglio dei Ministri può ritenere l’opera di interesse pubblico superiore e deliberare comunque la prosecuzione dell’iter; in tal caso la Corte dei Conti sarebbe chiamata a registrare l’atto “con riserva”, trasmettendo l’informazione al Parlamento.
Questa procedura implica alcune implicazioni: