Dal punto di vista giuridico, esistono diverse strategie per affrontare situazioni di mancanza di rispetto sul lavoro, sia da parte di colleghi sia da parte del datore.
La prossimità continua negli ambienti di lavori può complicare le dinamiche interpersonali e vessazioni, maldicenze e soprusi possono essere all'ordine del giorno. Diventa allora interessante capire come comportarsi ovvero come affrontare colleghi problematici, che tendono a dominare o sabotare gli altri. O, ancora più semplicemente, come fare a dimostrare che si è stati trattati male e con mancanza di rispetto. Vediamo allora:
Per quanto riguarda la registrazione dei dialoghi degli ambienti di lavoro, la legge ne proibisce l'utilizzo per motivi di privacy, a meno che non siano destinate a proteggere i diritti del lavoratore di fronte alle autorità giudiziarie o di polizia. Ci sono stati casi in cui un datore di lavoro, scoprendo che un dipendente ha registrato conversazioni in ufficio, ha proceduto con un licenziamento, successivamente annullato dalla magistratura.
Al di fuori dell'ambiente aziendale, le registrazioni non sono proibite, come nel caso di un dipendente che registri una conversazione in un contesto informale, ad esempio in un bar, dove un collega possa rivelare di aver sentito insulti rivolti a un altro dipendente. In questi contesti, la testimonianza può essere utilizzata, sebbene possa risultare meno credibile a causa delle dinamiche interpersonali aziendali.
La scortesia ricorrente, se assume la forma di azioni deliberate per isolare o emarginare una persona, può configurarsi come mobbing. Questo tipo di comportamento vessatorio non è limitato alle azioni di un superiore; può manifestarsi anche tra colleghi dello stesso livello o di livello inferiore, noto come mobbing orizzontale.
Il datore di lavoro, responsabile della prevenzione di queste dinamiche, è tenuto a intervenire, mediante misure disciplinari quali il trasferimento del dipendente responsabile. Esiste anche la possibilità di richiedere un risarcimento danni all'azienda per mancata prevenzione di queste situazioni.
Le maldicenze in ambiente lavorativo possono configurarsi come reato di diffamazione se dirette verso più persone, anche in maniera confidenziale e sequenziale. Non è richiesto l'uso di linguaggio volgare; etichettare un collega come leccapiedi, raccomandato, incompetente, inetto, o nullafacente può costituire diffamazione. L'accusa può portare a una querela presso le forze dell'ordine o un reclamo formale presso la Procura della Repubblica.