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I vestiti fatti con microfibre di poliestere, nylon, acrilico, elastan o lycra fanno male al nostro corpo e salute

di Marcello Tansini pubblicato il
Nylon, acrilico, elastan o lycra

Dai vestiti che indossiamo ogni giorno possono liberarsi microfibre sintetiche come poliestere e nylon, portando rischi per la salute tra allergie, tossicità; chimica e impatti ambientali.

Materiali come poliestere, nylon, acrilico, elastan e lycra sono ormai diffusissimi. Tuttavia, questa scelta ha evidenziato importanti criticità dal punto di vista ambientale e sanitario. Ad ogni ciclo di lavaggio, miliardi di particelle di microfibre sintetiche vengono rilasciate nell'ambiente, penetrando nei sistemi idrici e raggiungendo mari e oceani. Secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, ogni anno tra le 200.000 e le 500.000 tonnellate di microplastiche da tessuti finiscono nell'ambiente marino.

Oltre a contribuire all'inquinamento globale, queste particelle possono essere inalate o ingerite dagli esseri umani, ponendo rischi ancora in gran parte inesplorati per la salute. L'uso sistematico di vestiti di plastica impone una riflessione sulle conseguenze a lungo termine di questa tendenza, non solo per il pianeta, ma anche per il nostro benessere quotidiano, in linea con l'esigenza crescente di un approccio sostenibile e consapevole nella moda.

Cosa sono le microfibre di poliestere, nylon, acrilico, elastan e lycra e come si disperdono

Le microfibre sintetiche sonno minuscole fibre derivate dalla lavorazione di polimeri plastici come PET (polietilene tereftalato), nylon, acrilico ed elastan, materiali noti per le prestazioni ma anche per i rischi ambientali. Queste fibre, spesso invisibili a occhio nudo, misurano meno di 5 millimetri e vengono prodotte attraverso sofisticati processi industriali di sintesi chimica usando composti estratti da petrolio e gas naturale. Resistenti, leggere e flessibili, vengono preferite per molteplici motivi: costi bassi, durabilità e facilità di manutenzione:

  • Poliestere: la fibra sintetica più diffusa, scelta dal fast fashion per la sua economicità e versatilità.
  • Nylon e acrilico: celebri per leggerezza e aspetto brillante, sono impiegati anche nell'abbigliamento sportivo.
  • Elastan (o spandex) e lycra: apprezzati per l'elevata elasticità, si trovano in abiti attillati e performance wear.
Durante la produzione, l'uso e soprattutto i lavaggi, queste fibre rilasciano frammenti microscopici nelle acque reflue. Nonostante i progressi nei sistemi di trattamento, gran parte delle microfibre sfugge alla filtrazione. L'8% del totale europeo di microplastiche disperse in acqua deriva proprio da microfibre tessili. Si stima che ogni anno circa 13.000 tonnellate vengano rilasciate solo in Europa, e il rapido consumo di capi a basso costo ne amplifica la diffusione incontrollata.

Le microplastiche: dalla produzione ai nostri vestiti

Il percorso delle microplastiche dal processo industriale ai guardaroba è complesso e impattante. La produzione di fibre sintetiche implica l'uso di sostanze chimiche e processi ad alto consumo energetico, che generano emissioni e rifiuti. Una volta trasformate in tessuto, queste fibre entrano nella grande catena globale della moda, dove il fast fashion e l'ultra fast fashion accelerano la circolazione e l'obsolescenza del prodotto.

Durante l'utilizzo e i cicli di lavaggio domestico, ogni singolo indumento rilascia migliaia di microfibre, soprattutto nei primi lavaggi. I frammenti raggiungono i sistemi fognari, e solo una parte viene trattenuta dai filtri degli impianti di depurazione. Il resto si accumula nei fanghi di depurazione o si riversa in fiumi, laghi e mari. Secondo i dati UNEP, il 16% delle microplastiche marine globali deriva proprio dal lavaggio di vestiti sintetici.

Queste particelle sono state riscontrate non solo negli organismi acquatici ma anche in alimenti e bevande di uso quotidiano come frutti di mare, acqua e sale. La tabella seguente evidenzia alcuni dati chiave:

Fibre sintetiche prodotte ogni anno

~60 milioni di tonnellate

Percentuale di poliestere nella produzione globale di fibre

57%

Microfibre tessili rilasciate in Europa (annue)

13.000 tonnellate

Durata media dei capi fast fashion

2-5 anni

Alla diffusione delle microplastiche contribuisce anche la scarsa gestione a fine vita degli abiti e il deterioramento durante l'uso intensivo, tipico delle produzioni low cost. I rifiuti tessili finiscono spesso in discarica o vengono esportati in Paesi privi di sistemi adeguati, perpetuando la dispersione di microfibre nell'ambiente.

I rischi delle microfibre sintetiche per il corpo umano

L'impatto sulla salute legato all'esposizione frequente a microfibre sintetiche in abbigliamento è ancora sottostimato. Numerosi studi evidenziano come le particelle possano penetrare nella pelle o essere inalate e ingerite durante l'uso quotidiano, specialmente attraverso capi a diretto contatto con l'epidermide o utilizzati in ambienti polverosi. Una volta nel corpo, le microfibre possono comportarsi come vettori di composti tossici e innescare reazioni immunitarie, con rischi che vanno dalle reazioni cutanee alle potenziali conseguenze sistemiche:

  • L'inalazione può avvenire indossando capi sintetici, soprattutto vicino al volto (colletti, sciarpe, mascherine).
  • L'ingestione deriva dal consumo di alimenti contaminati da microplastiche, un fenomeno documentato anche nei frutti di mare e nell'acqua potabile.
I soggetti più vulnerabili sono bambini, anziani e individui con pelle sensibile. Sebbene le microfibre siano considerate a bassa tossicità immediata, il pericolo maggiore è dato dall'effetto cumulativo e dalla bioaccumulazione nel tempo.

Dermatiti e allergie: le reazioni cutanee più comuni

L'uso di vestiti di plastica può provocare una serie di disturbi dermatologici, dovuti sia alle microfibre che agli agenti chimici di finissaggio. Le reazioni più comuni includono dermatiti da contatto e dermatiti allergiche, soprattutto in presenza di coloranti e additivi potenzialmente irritanti, come il nichel:

  • Dermatite irritativa: arrossamenti, prurito localizzato o diffuso, sensazione di calore, soprattutto in aree di sfregamento.
  • Dermatite allergica da contatto: risposta immunitaria della pelle a componenti come coloranti, stabilizzanti o metalli pesanti residui.
Le donne e le persone che indossano spesso abiti scuri o sintetici sono le categorie più colpite. In caso di sospetta dermatite da abbigliamento, il patch test rappresenta lo strumento diagnostico di riferimento (fonte: Fnomceo). Le reazioni, sebbene generalmente reversibili, influiscono sulla qualità della vita e possono rendere difficile l'utilizzo di capi sintetici per soggetti sensibili.

Microfibre e tossicità sistemica: inalazione, ingestione e conseguenze a lungo termine

L'accumulo di microfibre dai tessuti sintetici solleva timori per la tossicità sistemica, non sempre immediatamente percepibile. L'inalazione di microplastiche, favorita dallo sfregamento degli indumenti vicino alle vie respiratorie, può causare irritazioni alle mucose e problemi respiratori, in particolare in ambienti chiusi e per lavoratori del settore tessile:

  • I frammenti inalati possono attraversare la barriera polmonare e raggiungere il sangue.
  • Le particelle ingerite tramite alimenti o acqua contaminati si possono accumulare nel tratto gastrointestinale.
  • Le microfibre possono trasportare sostanze chimiche tossiche, metalli pesanti e microrganismi nocivi, amplificando i rischi.
Recenti ricerche hanno segnalato la presenza di microplastiche in organi umani come la placenta e persino nel tessuto cerebrale. Le conseguenze a lungo termine, ancora oggetto di studio, includono potenziali alterazioni del metabolismo, effetti sul sistema ormonale e sulla salute riproduttiva. La bioaccumulazione e la presenza di inquinanti organici persistenti (come ftalati e bisfenolo A) aggravano i rischi, specialmente per le fasce più esposte come bambini e donne in gravidanza.

Le sostanze chimiche nei tessuti e il rischio per la salute

L'industria tessile fa largo uso di sostanze chimiche durante la produzione, la tintura e i finissaggi dei capi sintetici. Metalli pesanti, solventi, coloranti e composti come i Pfas sono spesso utilizzati per conferire particolari proprietà al tessuto (idrorepellenza, resistenza, elasticità) o per migliorarne l'aspetto. Sebbene la normativa europea - come il regolamento REACH - stabilisca limiti su molte di queste sostanze, i controlli non sono sempre efficaci, soprattutto per capi importati o prodotti all'estero.

L'etichetta riporta la composizione tessile, ma la presenza e la quantità di additivi chimici spesso resta ignota ai consumatori. In alcuni casi, soggetti allergici possono trovare indicazioni “nickel free”, ma la trasparenza resta limitata:

  • Metalli: residui di nichel, piombo, cadmio e cromo possono causare allergie e potenziali effetti tossici sistemici.
  • Pfas: detti “forever chemicals”, persistono nell'ambiente e possono alterare il sistema immunitario e la funzione renale.
  • Coloranti: alcuni pigmenti sono stati associati a reazioni allergiche e, se non regolamentati, a rischi cancerogeni.
Gli effetti sono particolarmente critici nei bambini, più sensibili all'esposizione chimica durante lo sviluppo, e nei soggetti con forte sensibilità cutanea.

I composti pericolosi: Pfas, metalli pesanti e coloranti tossici

Tra le sostanze più preoccupanti figurano i Pfas, metalli pesanti e determinati coloranti utilizzati nella filiera tessile. I Pfas sono una famiglia di composti altamente persistenti, detti “chimici per sempre” perché rimangono nell'ambiente per millenni e possono accumularsi nel sangue umano. Numerose ricerche documentano effetti su immunità, sviluppo, metabolismo e salute cardiovascolare:

  • Pfas: interferenti endocrini che impattano su sviluppo e difese immunitarie.
  • Metalli pesanti: il nichel, se presente, è responsabile di molte allergie da contatto; altri metalli possono avere effetti tossici multisistemici.
  • Coloranti tossici: alcuni sono stati vietati per il loro potenziale cancerogeno, ma possono ancora sfuggire ai controlli, specialmente nei capi importati.
Il rischio, pur se ridotto in Europa grazie alle regolamentazioni, rimane alto per i prodotti provenienti da Paesi con standard meno stringenti.