In molti dibattiti pubblici si attribuisce all'IA una natura rischiosa; tuttavia, una lettura attenta del contesto suggerisce che il nodo critico sia da ricercare nelle logiche e nelle strutture del capitalismo moderno, che determinano come e per quale fine tali innovazioni vengono adottate. La questione centrale non riguarda solo il “come” funziona la tecnologia, ma “chi” la governa e “quali” priorità orientano il suo sviluppo, con conseguenze su disuguaglianze, consumo e stabilità sociale.
Come sottolineato dal giornalista Luca Tremolada del Sole 24 Ore, i problemi legati all’intelligenza artificiale non derivano dalla tecnologia in sé, ma dal sistema capitalistico che ne guida lo sviluppo attraverso incentivi distorti e logiche di profitto. Secondo il Nobel Geoffrey Hinton, l’AI aumenterà disoccupazione e disuguaglianze arricchendo pochi a scapito della maggioranza. OpenAI ha spiegato che le allucinazioni dei chatbot dipendono anche dai criteri di valutazione finanziari: i modelli sono spinti a rispondere sempre, anche quando non sanno, perché i benchmark premiano la quantità e non la cautela.
Google ha aggiunto il tema del consumo energetico, pubblicando per la prima volta un dato sull’impatto ambientale dei chatbot, invitando a creare standard comuni. Sullo sfondo, la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina spinge verso un’autarchia tecnologica e una corsa ai semiconduttori, dove la capacità energetica diventa la nuova risorsa strategica. L’AI, in questa visione, non è che il la somma delle contraddizioni del capitalismo contemporaneo, più che una minaccia autonoma.
Il capitalismo moderno: dinamiche, trasformazioni e disuguaglianze
Il modello capitalistico contemporaneo ha subito trasformazioni radicali rispetto alle sue origini ottocentesche, assumendo forme definite come neocapitalismo, turbocapitalismo o finanzcapitalismo. A partire dagli anni Ottanta, la globalizzazione spinta e la finanziarizzazione dell'economia hanno intensificato la ricerca del massimo profitto, generando una concentrazione senza precedenti delle ricchezze.
Secondo i dati Oxfam del 2024, i miliardari mondiali hanno aumentato i propri patrimoni di 2.000 miliardi di dollari in un anno, mentre più di 3,5 miliardi di persone rimangono stabilmente sotto la soglia di povertà. Tali statistiche evidenziano una polarizzazione crescente, che non viene attenuata dalle promesse della cosiddetta “società della conoscenza”:
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Distanziamento sociale dei decisori: Il legame tra grandi aziende e comunità locali si è allentato; i manager sono spesso lontani dai lavoratori e dagli effetti diretti delle loro decisioni.
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Responsabilità morale ed economica: Casi come il crollo del Ponte Morandi o gli scandali industriali di aziende come Boeing e Volkswagen mostrano come, di fronte a scelte che oppongono etica e profitto, prevalga spesso la logica economica di breve periodo.
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Ruolo della finanza: Il sistema finanziario, anziché sostenere l'economia reale e rispondere a bisogni collettivi, tende a massimizzare il rendimento per pochi, a discapito di investimenti produttivi e inclusivi.
L'aumento delle diseguaglianze, la riduzione del welfare e la perdita di coesione sono elementi che pongono interrogativi sulla sostenibilità sociale ed economica del sistema attuale.
Dalla ricerca del profitto all'amplificazione dei rischi sociali: ruolo e limiti della governance odierna
Le logiche della massimizzazione del profitto pongono pressioni sistemiche sulle imprese, portando spesso a scelte con impatti dannosi sulla collettività. Come sottolineato da diversi economisti, molte decisioni aziendali che generano danni ambientali, sociali o sanitari non derivano da malafede, ma da meccanismi di governance che privilegiano rendimenti immediati rispetto a responsabilità di lungo termine. In pratica:
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Governance corporativa: Consigli di amministrazione tendono a seguire l'interesse degli azionisti principali, escludendo la partecipazione dei piccoli azionisti e trascurando dimensioni etiche delle decisioni.
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Lobbying e influenza politica: In alcuni contesti, come quelli statunitensi, i grandi fondi di investimento detengono potere determinante, promuovendo politiche favorevoli alle corporations e influenzando la regolamentazione pubblica.
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Opacità informativa: Mancanza di trasparenza e asimmetrie informative impediscono un reale controllo sociale sugli effetti delle attività d'impresa.
L'attuale assetto di governance si presta a dinamiche in cui la sfida del “problema ai capitalismo” risulta acuita da una regolamentazione esterna insufficiente e da una scarsa integrazione tra interesse privato e benessere collettivo. Alcuni studiosi propongono modelli innovativi di democrazia azionaria e meccanismi di trasparenza rafforzata come vie per restituire legittimità morale alle scelte aziendali, integrando un controllo più partecipativo e informato da parte dei diversi portatori di interesse.
Innovazione senza etica? L'intelligenza artificiale tra amplificazione e mitigazione delle criticità del capitalismo
L'adozione di sistemi basati su IA nei settori produttivi, finanziari e dei servizi può amplificare problematiche strutturali già presenti: aumento delle disuguaglianze, rischi di polarizzazione dell'informazione e diffusione di falsi. Nell'ambito di logiche orientate al profitto, tali sistemi vengono sfruttati per massimizzare rendimenti e abbattere costi, spesso senza un'adeguata valutazione degli impatti sociali:
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L'automazione può accentuare la perdita di posti di lavoro nei settori a basso valore aggiunto, aggravando la precarietà delle classi meno protette.
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Le piattaforme social alimentate da IA influiscono sulle capacità cognitive e sulle relazioni, manipolando preferenze e abitudini di consumo.
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La mancanza di un adeguato quadro etico porta a derive come la manipolazione dei dati o la discriminazione algoritmica.
Tuttavia, l'intelligenza artificiale può anche diventare uno
strumento di riequilibrio, se accompagnata da regole e strategie che ne indirizzino l'uso verso fini socialmente utili: mitigazione delle disuguaglianze, promozione di servizi pubblici, supporto decisionale trasparente a beneficio della collettività. La reale posta in gioco non è la tecnologia in sé, ma la capacità di integrarla in nuove forme di governance responsabile e sostenibile.
Il caso cinese: pianificazione algoritmica, controllo statale e alternative al capitalismo occidentale
L'esperienza della Cina rappresenta un esempio di gestione alternativa delle potenzialità offerte dall'Intelligenza Artificiale. Il sistema “Qiushi”, introdotto a livello nazionale, integra algoritmi avanzati per la pianificazione economica, monitorando in tempo reale centinaia di migliaia di variabili e simulando scenari a elevatissima precisione. Con il coinvolgimento di Consigli di Supervisione Algoritmica, il modello cinese mira a coniugare crescita economica, stabilità sociale e sostenibilità ambientale, ridefinendo il rapporto fra decisione pubblica e allocazione efficiente delle risorse:
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La proprietà statale degli algoritmi consente una governance centralizzata delle traiettorie di sviluppo, riducendo sprechi e surplus tipici dei meccanismi di mercato.
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La pianificazione supportata dalla IA ha permesso una redistribuzione del lavoro tramite programmi di riqualificazione e assorbimento nei settori emergenti.
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Anche la risposta alle restrizioni tecnologiche e commerciali da parte di potenze straniere evidenzia un forte coordinamento fra Stato e industria privata.
Questo approccio solleva interrogativi tanto sulle libertà individuali quanto sulla legittimità della centralizzazione. Tuttavia, mostra come un modello basato su pianificazione algoritmica statale rappresenti un'alternativa al capitalismo di mercato, con potenzialità sia di controllo che di mitigazione dei «problemi ai capitalismo».
Guerra, crisi e il legame strutturale tra accumulazione capitalistica e spesa militare
Analizzando il rapporto storico tra economia capitalistica e guerra emerge un intreccio strutturale: nei momenti di crisi l'aumento della spesa militare diviene motore per la ripresa dell'accumulazione, consentendo la distruzione di capitale eccedente e creando nuovi mercati per il rilancio produttivo.
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Funzione della spesa bellica: le spese militari forniscono uno sbocco a capitali inutilizzati, stimolando investimenti e occupazione in settori strategici, senza creare concorrenza con i privati.
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Effetti di lungo periodo: storicamente, lo sviluppo industriale post-bellico è stato spesso sostenuto da politiche di ricostruzione, finanziate principalmente tramite denaro pubblico e debito sovrano.
La globalizzazione non ha eliminato la tendenza alla sovraccumulazione di capitale, ma ne ha spostato periodicamente epicentro, perpetuando la necessità di stimoli esterni. In tal senso, il sistema militare-industriale statunitense rappresenta una realtà emblematica: la spesa pubblica militare non solo assicura la sopravvivenza di settori chiave, ma diventa leva essenziale per la stabilità sociale e politica, condizionando anche le scelte fiscali e di welfare degli Stati europei.