L'istituto milanese del San Raffaele è salito all'attenzione pubblica per episodi eclatanti di disorganizzazione nei reparti più delicati. La notte tra il 6 e il 7 dicembre ha visto una serie di errori clinici e disservizi, originati dal ricorso a personale infermieristico proveniente da cooperative esterne. Tali criticità non rappresentano un'eccezione isolata ma fanno parte di un quadro più ampio e sistemico di crisi nella professione infermieristica italiana.
I segnali d'allarme, giunti da sindacati, ordini professionali e dirigenti sanitari, mostrano che la pressione sulle strutture ospedaliere è ormai divenuta insostenibile. Carenza di personale, fuga delle professionalità storiche e soluzioni tampone come l'impiego di infermieri tramite cooperative aggravano le criticità piuttosto che risolverle. I riflettori accesi sulle criticità del San Raffaele interrogano l'intero sistema sanitario sul delicato equilibrio tra qualità delle cure, sostenibilità economica e tutela della sicurezza dei pazienti.
Cause del caos: reclutamento, carenza personale e privatizzazione
L'analisi degli eventi mette in evidenza come cause strutturali ben radicate abbiano portato le corsie dell'ospedale a vivere una notte di disservizi e potenziali pericoli per i pazienti. Il fenomeno della carenza cronica di infermieri, denunciato dalle rappresentanze sindacali e dagli ordini professionali, si manifesta da tempo in Lombardia come nel resto d'Italia:
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Reclutamento esterno senza adeguata preparazione: gli operatori chiamati a coprire i turni più delicati spesso non ricevono l'affiancamento necessario e non sono a conoscenza delle specifiche procedure dei reparti, come emerso nelle segnalazioni mediche interne.
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Mancanza di iscrizione agli albi di categoria: un punto sollevato dagli Ordini lombardi, che sottolineano come l'iscrizione sia garanzia di competenza, elemento essenziale per accedere responsabilmente alla gestione dei bisogni di salute.
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Privatizzazione e frammentazione dei servizi: la progressiva esternalizzazione dei servizi infermieristici ha portato al fenomeno degli infermieri a gettone o reclutati tramite cooperative. Secondo la Fp-Cgil, spesso questi operatori vengono impiegati allo scopo di coprire formalmente turni e carenze strutturali, più che offrire reale continuità e qualità assistenziale.
L'incidenza della privatizzazione sulla qualità dei servizi> emerge anche dalle proteste del personale storico (con oltre quindici dimissioni recenti nei reparti coinvolti al San Raffaele), a cui segue la sostituzione con collaboratori temporanei meno inseriti nel contesto clinico. A ciò si aggiunge
l'aumento dell'utilizzo delle cooperative, spesso motivato dalla necessità di contenere i costi, ma che rischia di generare nuove criticità su sicurezza, formazione e integrazione dei professionisti nei reparti.
Errori e criticità nei reparti: conseguenze per pazienti e sicurezza
Dai resoconti interni e dai documenti raccolti nei giorni successivi agli eventi, emergono episodi di grave entità, attribuibili alla mancanza di affiancamento e competenze specifiche fra il personale delle cooperative. Errori di somministrazione dei farmaci registrazioni mancanti nelle cartelle cliniche e confusioni nelle procedure sono solo alcuni dei fatti documentati.
Le principali criticità segnalate comprendono:
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Somministrazione erronea di farmaci (ad esempio amiodarone dieci volte il dosaggio corretto, a causa della scarsa padronanza della lingua e delle procedure locali da parte di alcuni operatori);
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Gestione non corretta della ventilazione non invasiva e delle terapie continuative;
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Mancanza di registrazione delle terapie somministrate, rendendo difficile ricostruire la storia clinica e aumentando il rischio di errori ripetuti;
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Disorientamento del personale, in particolare nei turni notturni e nei reparti ad alta intensità di cura, senza aver mai svolto precedenti affiancamenti;
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Utilizzo improprio delle credenziali informatiche (software SAP), con più operatori che utilizzavano le stesse credenziali per gestire esami e terapie, compromettendo la tracciabilità e la sicurezza dei dati clinici.
Questi eventi hanno comportato
blocchi all'accesso al pronto soccorso, trasferimenti di pazienti e attivazione di unità di crisi interne, con compromissione della regolare attività ospedaliera e elevato rischio clinico per i degenti più fragili. Il caso illumina quanto
il reclutamento in emergenza di personale esterno, non formato e mal integrato, possa riverberarsi sulla sicurezza delle cure.
Il sistema delle cooperative e il ruolo degli infermieri dall'estero
L'impiego di cooperative nel settore sanitario, in particolare nei reparti critici, rappresenta una soluzione ampiamente contestata dagli operatori del settore. Il modello cooperativistico ha cercato di sopperire alle mancanze degli organici ospedalieri, ma spesso è sinonimo di instabilità, inserimento frettoloso e scarsa aderenza agli standard professionali richiesti.
Occorre distinguere tra due aspetti:
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Personale privo di esperienza nel contesto ospedaliero italiano, talvolta proveniente dall'estero, che in assenza di un adeguato percorso di integrazione rischia di non padroneggiare lingua, protocolli e strumenti tecnico-assistenziali;
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Mancanza di controlli rigorosi sulla formazione e sulla regolare iscrizione all'albo, requisito indispensabile per operare in sicurezza nell'interesse dei pazienti e della collettività.
Gli ordini infermieristici lamentano
regole poco chiare nel reclutamento e una
mancata equipollenza sicura dei titoli conseguiti all'estero, spesso ammessi con deroghe Covid che non sempre garantiscono la verifica del livello di competenza richiesto dalla normativa italiana.
Le cooperative, dal canto loro, denunciano difficoltà nel reperire infermieri qualificati e lamentano salari poco competitivi e turnazioni difficilmente sostenibili. Tale situazione crea il terreno ideale per l'instaurarsi di condizioni lavorative precarie, con difetti di controllo e supervisione internamente ai reparti ospedalieri.
Le reazioni: istituzioni, sindacati e misure adottate dopo il caso
Le reazioni seguite agli avvenimenti del San Raffaele sono state immediate. La dimissione dell'amministratore unico, la nomina di un nuovo responsabile e l'avvio di un'unità di crisi testimoniano la gravità attribuita dalla dirigenza ospedaliera al caso. Dal lato istituzionale, Regione Lombardia ha attivato un'indagine ATS per ricostruire la sequenza dei fatti, ascoltare i protagonisti e verificare le procedure adottate, promettendo ulteriori misure correttive ove si ravvisassero criticità strutturali.
Il dibattito politico e sindacale evidenzia:
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Richieste di audizione consiliare straordinaria per ridefinire la governance sanitaria regionale, avanzate da esponenti dell'opposizione;
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Denunce formali ai Ministeri competenti e ad ATS per segnalare il rischio crescente a cui sono esposte le strutture sanitarie a seguito della compressione dei costi tramite esternalizzazioni;
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Richieste di verifica dei requisiti di competenza e iscrizione regolare del personale assunto tramite cooperative esterne, citando la necessità di una riforma normativa e contrattuale stabile per la professione infermieristica.
L'assessore al Welfare ha sottolineato la necessità di monitoraggio continuo e collaborazione tra
pubblico e privato nell'affrontare le difficoltà. La posizione degli ordini infermieristici è chiara: solo
criteri rigorosi e trasparenti per la selezione del personale possono restituire sicurezza alle cure, prevenendo il ripetersi di simili episodi.
Qualità dell'assistenza e bisogno di standard etici e professionali
La qualità dell'assistenza sanitaria presuppone rispetto per i principi etici, l'adeguatezza delle competenze e la supervisione costante degli operatori sanitari. La recente vicenda ha riproposto all'attenzione nazionale l'esigenza di:
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Standardizzazione dei criteri di formazione per tutti i professionisti che entrano a contatto con i pazienti;
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Controllo dell'iscrizione all'albo quale prerequisito per la pratica clinica;
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Verifica periodica delle competenze e aggiornamenti obbligatori, nel rispetto dei decreti ministeriali e degli standard europei.
Basti pensare all'importanza attribuita dalla
Legge n. 43/2006 sul personale sanitario, che stabilisce: l'esercizio delle professioni sanitarie infermieristiche è riservato a coloro che sono in possesso dei titoli e sono regolarmente iscritti ai relativi albi. Il rispetto di questa normativa garantisce la certificazione delle competenze e la possibilità di intervenire con tempestività in caso di errori o mancanze.
La percezione della fiducia nel sistema è seriamente minata da ricorsi ripetuti a personale esterno scarsamente formatosi nel contesto italiano. È invece nell'aderenza ai principi deontologici, nella formazione continua e nella trasparenza dei processi di reclutamento che si trova la chiave per la qualità e la sicurezza assistenziale.