La distribuzione dei rilevatori di velocità lungo le strade italiane riflette differenze territoriali profonde emerse grazie all'analisi condotta da Wired sui dati forniti dal Ministero delle Infrastrutture. Il censimento ministeriale, promosso dal ministro Matteo Salvini, ha permesso per la prima volta di mappare in modo sistematico la presenza di questi dispositivi nei comuni italiani.
Tuttavia, lo sguardo attento di Wired ha evidenziato non solo significative disparità geografiche, ma anche la presenza di anomalie, errori e incongruenze nell'archivio stesso. La volontà istituzionale di aumentare la trasparenza si è così scontrata con la realtà operativa della raccolta dati, rivelando limiti non solo tecnici, ma anche amministrativi e procedurali che incidono sulla qualità e sull'usabilità dei risultati.
Italia divisa in due: perché gli autovelox si concentrano al Nord
Analizzando la mappa ministeriale dei comuni dotati di autovelox risulta evidente una netta divisione geografica. Le regioni settentrionali, insieme a una buona parte di quelle centrali, concentrano la stragrande maggioranza dei rilevatori di velocità. Nell'ampia area del Mezzogiorno, invece, la presenza degli strumenti risulta molto più sporadica o, in alcuni casi, addirittura assente.
Diverse analisi, basate sia su dati relativi al reddito pro capite che a quelli sull'occupazione, hanno evidenziato peraltro il persistente divario Nord-Sud anche su altri fronti sociali ed economici. Ora, il tema si ripropone nel campo della sicurezza stradale e del controllo della velocità. Secondo quanto emerge dalle rilevazioni ministeriali, la mappa italiana presenta punti di grandezza variabile, ciascuno corrispondente a un comune: più esteso è il punto, maggiore è il numero di autovelox presenti. L'impressione che si ricava è quella di una predominanza dei dispositivi nelle aree du centro Nord: un esempio emblematico è la Sardegna, dove non risultava alcun apparecchio all'epoca del censimento, situazione in seguito modificata ma che sottolinea la variabilità e l'instabilità degli archivi ufficiali.
Questa concentrazione può essere legata a vari fattori:
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Maggiore densità di popolazione e traffico nelle regioni settentrionali, che comporta più incidenti e la necessità di maggiori controlli
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Risorse amministrative e tecnologiche più sviluppate nel Nord, che facilitano l'acquisizione e l'impiego di nuovi strumenti
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Diversità nei modelli di gestione locale della sicurezza stradale, con enti più reattivi nella raccolta e introduzione di tecnologie avanzate
Non mancano, inoltre, specificità locali sul censimento e le procedure di omologazione/approvazione, legate all'evoluzione normativa e alle recenti sentenze della Cassazione in tema di validità delle sanzioni solo per dispositivi regolarmente omologati. Tali variabili contribuiscono a creare un quadro instabile e fluido, dove anche la presenza o assenza di autovelox può cambiare rapidamente in base a decisioni amministrative contingenti.
Le incongruenze nei dati del censimento ministeriale: casi e anomalie
L'analisi del censimento ha fatto emergere numerose incongruenze che minano la coerenza e la precisione del database nazionale. Alcuni esempi:
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Napoli conta formalmente un solo autovelox nel database, attribuito a un servizio di Polizia locale (Delta) che in realtà, come confermato da diverse verifiche condotte da Wired, opera nel territorio del Delta del Po e non nel capoluogo campano. Questo fa pensare a errori di inserimento nei campi del database, che richiede l'indicazione del codice catastale: un semplice errore può portare a distorsioni geografiche significative.
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Sardegna risultava priva di autovelox al momento del censimento. Gli apparecchi erano di fatto spenti a seguito di recenti sentenze sull'omologazione, ma successivi aggiornamenti hanno portato alla comunicazione di nuovi rilevatori. La rapidità delle variazioni, spesso non tracciata storicamente nell'archivio, rende difficile qualsiasi analisi longitudinali affidabile.
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Episodio di Guastalla, piccolo comune della provincia di Reggio Emilia, che secondo i dati risulta dotato di ben 18 dispositivi, superando ampiamente città ben più grandi. Il sindaco, interpellato da Wired, ha spiegato che la cifra include anche apparecchi in uso all'Unione Bassa Reggiana, che comprende otto comuni. I dati aggregate dalle amministrazioni locali finiscono così per falsare la mappa, attribuendo a una municipalità piccola risorse proprie di un'area molto più vasta.
La presenza di errori nel censimento, sia di natura manuale (es. inserimento errato del nome dell'ente o del codice) sia dovuti all'estrema flessibilità richiesta dalle regole di immissione, ha portato a una proliferazione di dati non uniformi.
La ricostruzione, anche giornalistica, di una reale distribuzione degli autovelox italiani risulta quindi un'operazione che va oltre la semplice consultazione degli archivi pubblici.
Un dataset sporco: limiti, errori e problematiche nella raccolta dati
Chi lavora professionalmente con i dati non può che notare i limiti strutturali della raccolta e dell'archiviazione ministeriale. Nella community degli analisti si parla a ragion veduta di un dataset sporco, termine che indica la presenza di formati incoerenti, errori di battitura, sigle non uniformi, omissioni e doppioni.
I principali problemi identificati comprendono:
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Assenza di standardizzazione nella compilazione: ogni amministrazione locale ha utilizzato criteri autonomi. Alcuni campi sono stati compilati usando caratteri tutti maiuscoli, altri secondo la tipologia giuridica delle aziende (spa, srl, ecc.) che però, se inserite diversamente, sono trattate come entità differenti dai software di analisi.
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Dati mancanti o inesatti sulla marca e il modello degli apparecchi: in molti casi al posto della marca è stato inserito solo il modello, o viceversa, complicando la ricostruzione della presenza effettiva dei diversi produttori sul territorio nazionale.
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Download poco curati delle tabelle dati: i file scaricabili dai siti istituzionali presentano una denominazione generica (es. xls.xls, csv.csv, pdf.pdf), sintomo di una scarsa attenzione non solo alle informazioni ma alla loro presentazione.
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Mancanza di una versione storica: il database muta frequentemente e non tiene traccia delle variazioni retrospettive, rendendo poco affidabile qualsiasi verifica ex post in relazione a sanzioni elevate nel passato.
Tali criticità rendono di fatto molto laboriosa l'analisi delle dinamiche di mercato fra i produttori (che in realtà avrebbero impatti fondamentali anche su scelte di policy e investimenti). Wired ha dovuto ricorrere a strumenti di
data cleaning avanzati per ottenere risultati minimamente affidabili, evidenziando
l'urgenza di creare archivi pubblici più rigorosi.
Impatto sulla trasparenza e difficoltà nelle analisi di mercato
Nonostante le finalità dichiarate di offrire maggiore trasparenza grazie al censimento nazionale, le scelte metodologiche e la poca uniformità nella raccolta rischiano paradossalmente di diminuire anziché aumentare la chiarezza. L'affidabilità delle analisi prodotte a partire da questi dati è compromessa a monte, a causa della varietà e della qualità scadente delle informazioni.
Questo ha alcune ricadute pratiche importanti:
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Impossibilità di stimare correttamente le quote di mercato dei principali produttori. Ad esempio, Eltraff risulta il più rappresentato tra i dispositivi censiti nei comuni italiani (quasi il 39%), seguito da Sodi Scientifica, Engine e Safety21. Tuttavia, l'incertezza sulla corretta attribuzione di alcuni apparecchi lascia ampio margine d'errore.
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Difficoltà per le aziende a pianificare investimenti e strategie, dovute a informazioni poco consistenti sugli standard effettivamente adottati nei territori.
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Mancata tracciabilità delle evoluzioni temporali: le analisi retroattive sulle variazioni (es. spegnimenti temporanei dopo sentenze, nuovi acquisti, aggiornamenti tecnologici) sono ostacolate da una mancanza di versionamento dei dati.
Inoltre,
le problematiche segnalate rallentano l'affermazione di una cultura della trasparenza e della responsabilità pubblica. Senza dati attendibili e costantemente aggiornati, anche l'azione delle associazioni di cittadini e dei ricercatori nel valutare l'utilità reale degli autovelox rimane limitata. La trasparenza promessa, quindi, si traduce spesso in un'illusione di accessibilità piuttosto che in reale accountability amministrativa.
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