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L'Italia diventa più attrattiva per vivere e lavorare secondo alcuni studi. Ma è davvero così?

di Marcello Tansini pubblicato il
Lavorare in Italia secondo studi

L'Italia sembra vivere una nuova stagione di attrattività per residenti e investitori, spinta da innovazione, investimenti, riforme fiscali e miglioramenti nella qualità della vita. Restano però sfide e contrasti da affrontare.

L'attrattività di un Paese rappresenta una sintesi dinamica di fattori economici, politici, sociali e culturali che influenzano le scelte di cittadini e imprese sulla localizzazione delle proprie attività o della propria vita. L'Italia sta ora guadagnando visibilità come meta interessante non solo per il turismo, ma anche per vivere e lavorare, grazie a una serie di cambiamenti che coinvolgono la struttura produttiva, il quadro normativo e le condizioni di qualità della vita. In un'epoca segnata da incertezza geopolitica e competizione fiscale, vari organismi internazionali rilevano un aumento dell'interesse verso l'Italia, sia da parte di investitori sia di professionisti.

Il nuovo scenario globale, caratterizzato da movimenti di capitale, tecnologie emergenti e una ridefinizione delle priorità in termini di benessere, merita dunque una riflessione sulle trasformazioni del contesto italiano.

I principali risultati dagli studi internazionali sull'attrattività dell'Italia

Gli studi pubblicati dagli enti di ricerca internazionali e dalle società di consulenza strategica evidenziano una tendenza positiva per il Paese, come testimoniato dall'ascesa nel Global Attractiveness Index (GAI) 2025. L'Italia ha conquistato il 16° posto su 146 nazioni, guadagnando tre posizioni rispetto all'anno precedente e superando paesi come Danimarca, Belgio e Irlanda.

Questo avanzamento rappresenta il miglior risultato statistico dalla creazione dell'indice, in un contesto in cui Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania dominano le prime posizioni. Ulteriori conferme emergono dal “EY Attractiveness Survey Italy”, che per il 2024 segnala un incremento del 5% nei progetti di investimenti diretti esteri (IDE), un dato in controtendenza rispetto al calo medio europeo dello stesso periodo. Nel dettaglio, sono stati 224 i progetti IDE annunciati, a fronte dei 214 dell'anno precedente. Tra i motivi del recente appeal si segnalano:

  • Maggiore stabilità politica e visione di medio-lungo termine, fattori chiave secondo i vertici istituzionali.
  • Progressi nell'efficienza amministrativa e nella digitalizzazione dei servizi pubblici e privati.
  • Incremento del tasso di occupazione, che ha permesso di superare per la prima volta la Francia sul tema della disoccupazione.
  • Un mercato in evoluzione che, pur mantenendo una quota IDE inferiore ad altri grandi paesi europei, si distingue per resistenza e capacità di crescita in fasi turbolente.
Ma non mancano indicazioni sulle criticità: gravano ancora la pressione fiscale, la complessità della burocrazia e la necessità di ulteriori interventi sull'istruzione e sulle infrastrutture. Il quadro generale riflette pertanto un sistema in miglioramento progressivo, pur con ampi margini di crescita per equipararsi agli altri grandi protagonisti dell'area UE.

Innovazione, investimenti e ruolo del PNRR: motori della crescita italiana

L'attuale percezione di una Italia più attrattiva trova fondamento nel sostanziale aumento degli investimenti fissi lordi e nell'effetto leva generato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Questo strumento, promosso e sostenuto dall'Unione Europea, è pensato per modernizzare il Paese attraverso investimenti pubblici e riforme strutturali, con particolare attenzione alla digitalizzazione, all'innovazione e alla sostenibilità ambientale. Gli impulsi del PNRR includono:

  • Digitalizzazione della pubblica amministrazione e delle imprese
  • Incentivi per la ricerca scientifica, tecnologica e industriale
  • Investimenti nelle infrastrutture, dalla mobilità sostenibile all'energia
  • Progetti per la parità di genere e l'inclusione sociale
Grazie agli stanziamenti previsti e all'attuazione delle riforme collegate, negli ultimi anni l'Italia ha sperimentato un'ondata di investimenti privati esteri e un rafforzamento del mercato del lavoro, portando a un record storico in termini di occupati. L'incremento degli investimenti, soprattutto nel settore dell'IT, dei servizi professionali e della manifattura avanzata, evidenzia come il tessuto produttivo nazionale stia evolvendo per rispondere alle esigenze di competitività internazionale.

Le politiche di friend-shoring e near-shoring, cioè la tendenza delle aziende globali a riorientare le catene del valore verso aree geopoliticamente stabili e vicine, hanno favorito il posizionamento strategico dell'Italia nel Mediterraneo. Ne è scaturita una attrattività crescente sia sotto il profilo industriale sia in ambito commerciale, mentre la semplificazione amministrativa e l'ampliamento delle relazioni diplomatiche hanno rafforzato la reputazione del Paese verso i soggetti internazionali interessati a fare impresa.

Le nuove tendenze degli investimenti esteri: dati, settori e differenze territoriali

L'analisi dei dati più recenti rivela un'espansione degli investimenti esteri diretti, con una crescita superiore alla media registrata nei paesi partner dell'Unione Europea. Nel 2024, la quota italiana di IDE raggiunge il 4,2% del totale europeo, assicurando al paese il settimo posto nel ranking continentale.

L'origine degli investimenti conferma il primato degli Stati Uniti, pur con una lieve diminuzione della quota di mercato (dal 19% al 16%), mentre si osserva una maggiore presenza di investitori tedeschi (14%), francesi (13%), britannici (11%) e svizzeri (9%). Questi dati segnalano una maggiore integrazione nel contesto europeo e la varietà dell'interesse internazionale. Sul fronte settoriale, i comparti che catalizzano il maggior afflusso di capitali sono:

  • Servizi digitali e IT (25% degli IDE)
  • Servizi professionali
  • Prodotti industriali e mobilità
  • Data center e sedi direzionali
Nonostante questo dinamismo, il territorio nazionale presenta squilibri marcati. La Lombardia domina, raccogliendo oltre la metà dei progetti (52%), seguita da Piemonte (11%) e Puglia (6%). Il Nord-Ovest mantiene la leadership in termini di attrazione degli investitori, mentre il Centro e il Sud, pur mostrando segnali positivi, restano lontani dai numeri delle regioni trainanti. Particolarmente dinamici risultano settori come la finanza e l'industria chimico-farmaceutica. Per il futuro, il 51% delle imprese coinvolte nelle indagini prevede nuovi investimenti a breve termine, testimoniando una crescente fiducia nella direzione intrapresa dal sistema economico italiano.

Qualità della vita, capitale umano e altri fattori competitivi

L'attrattività di un paese non si esaurisce nei numeri economici. Un elemento distintivo dell'Italia riguarda infatti la qualità della vita, un parametro decisivo per molte multinazionali e per gli stessi investitori privati. Il clima mediterraneo, l'offerta culturale, la rete di servizi sanitari e la gastronomia rappresentano leve spesso citate dagli attori internazionali nei sondaggi specializzati.

Anche il livello di capitale umano si riconferma come punto di forza: le competenze tecnologiche e digitali dei professionisti italiani vengono apprezzate soprattutto negli ambiti più avanzati, mentre il tessuto universitario e la formazione offrono risorse qualificate alle imprese. Le scelte normative in materia di gestione del lavoro, pur in presenza di criticità legate al cuneo fiscale, risultano nel complesso competitive rispetto ad altri paesi europei. La presenza sul territorio di una “pace sociale” stabile, unita a costi medi della vita inferiori rispetto a Londra o Monaco, aumenta ulteriormente la competitività nazionale.

Limiti strutturali e sfide da affrontare per rendere l'Italia più attrattiva

Malgrado i progressi registrati negli ultimi anni, persistono ostacoli che frenano il pieno potenziale competitivo del Paese. Tra le principali criticità si individuano:

  • Burocrazia complessa: i processi decisionali spesso appesantiscono l'operatività delle imprese, con lungaggini che scoraggiano nuovi investimenti.
  • Sistema fiscale oneroso: la pressione fiscale resta sopra la media UE, nonostante alcune misure agevolative settoriali.
  • Infrastrutture da modernizzare: il gap tra Nord e Sud si conferma marcato, soprattutto in rapporti alla logistica, ai trasporti e all'energia.
  • Carenza di ricerca e sviluppo: occorre incentivare ulteriormente le attività innovative e le politiche di sostegno alle startup e al trasferimento tecnologico.
  • Costi dell'energia: la competitività industriale risente dei prezzi elevati di energia e gas.
  • Sistema formativo e mismatch di competenze: il mercato del lavoro soffre lo scollamento tra domanda delle aziende e offerta effettiva di figure professionali qualificate.
Per superare questi limiti è centrale continuare a puntare sulla semplificazione normativa, sostenere la meritocrazia, promuovere trasparenza e rafforzare l'istruzione, temi già in parte affrontati, ma che necessitano di un salto di qualità per consolidare il trend positivo degli ultimi anni.