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Manovra finanziaria 2026, cosa avrebbero davvero voluto gli italiani e le delusioni più grandi

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Dalla fiscalità alla sanità, passando per le scelte di spesa e debito pubblico: la manovra finanziaria 2026 illumina desideri, aspettative e delusioni degli italiani dentro un quadro politico complesso e incerto.

L’attesa per la Legge di Bilancio del 2026 si è accompagnata a un vivace dibattito pubblico, alimentato sia dalle aspettative dei cittadini che dalle dichiarazioni dei leader politici. In un contesto segnato da margini di spesa ridotti e una crescita moderata, la società italiana, colpita negli ultimi anni da incertezze e da un potere d’acquisto in calo, si aspettava scelte di netta discontinuità e risposte incisive, specialmente su sanità e occupazione. Il governo, da parte sua, ha enfatizzato l’adozione di un “rigore necessario” e la priorità alla stabilità dei conti pubblici, annunciando interventi “realistici”, con un saldo netto da finanziare fissato a 154,4 miliardi di euro per il 2026 secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

L’effettiva portata della manovra si rivela però più prudente di quanto molti cittadini auspicassero: bonus mirati, tagli selettivi e pochi slanci riformatori segnano il provvedimento, mentre una parte dell’opinione pubblica e dei corpi intermedi avrebbe desiderato investimenti strutturali più coraggiosi per affrontare le “urgenze” del Paese. Il confronto tra le attese e ciò che la legge di bilancio ha effettivamente disposto costituisce il fil rouge delle analisi di queste settimane: la distanza tra desiderio di cambiamento e concretezza amministrativa rappresenta il principale banco di prova per la credibilità di governo e Parlamento.

Le principali misure della manovra 2026: tagli, bonus e priorità di spesa

La manovra finanziaria 2026 è stata fortemente caratterizzata da una gestione rigorosa delle risorse e da uno sforzo di contenimento della spesa pubblica. Le principali linee di intervento riguardano:

  • Tagli ai ministeri: la spending review sulle singole amministrazioni porta un contributo stimato in 2,3 miliardi nel primo anno e 8 miliardi nel triennio, con i settori dei trasporti e delle grandi infrastrutture tra quelli più impattati.
  • Bonus e misure fiscali: si confermano alcune agevolazioni (ad es. sgravi per i lavoratori del Sud e sistema di “decontribuzione Sicilia”), ma le novità più discusse riguardano il rinnovo degli incentivi per la transizione 4.0 e la rimodulazione (non sempre espansiva) delle aliquote fiscali, come nel caso della flat tax su specifiche platee di lavoratori e investitori.
  • Sostegno alle famiglie e lotta alla povertà: poco più di 3,5 miliardi sono destinati a interventi per il contrasto dell’indigenza, valore giudicato insufficiente dalle associazioni di settore vista la crescita registrata del numero di nuclei in difficoltà.
  • Risorse per la sanità: l’incremento ufficiale dei finanziamenti arriva a 7,6 miliardi di euro nel triennio, con un impatto inferiore a quanto richiesto dai territori e dagli operatori, ma rappresenta una delle voci più rilevanti del bilancio.
  • Bonus selettivi e incrementi retributivi per figure apicali e amministrative di vari ministeri e autorità, tra cui aumenti per dirigenti dell’Economia e indennità speciali, hanno sollevato un dibattito acceso nel Paese.
La ripartizione delle risorse mostra quindi una netta priorità verso l’equilibrio contabile, lasciando residuo spazio agli investimenti strutturali invocati da chi sperava in più coraggio sul fronte delle politiche industriali, del welfare e dell’innovazione sociale.

Flat tax e sistema fiscale: chi guadagna davvero?

Una delle scelte più dibattute riguarda l’estensione e la rimodulazione della flat tax, misura che ha continuato a ricevere accenti diversi sia dal Governo sia dall’opposizione. Il regime forfettario agevolato per i super-ricchi esteri è stato ulteriormente innalzato a 300 mila euro, un significativo segnale politico verso chi decide di trasferire la propria residenza fiscale in Italia. Al contempo – ma con effetti meno eclatanti sul gettito – si sono mantenuti sgravi sulle aliquote per i redditi da lavoro, con la seconda aliquota Irpef che scende al 33%. Tuttavia, secondo l’analisi dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, il saldo di queste operazioni non è sempre favorevole alle categorie meno abbienti:

  • L’abbassamento delle aliquote beneficia in misura maggiore i contribuenti con redditi medio-alti, mentre le fasce più deboli sperimentano un potere d’acquisto eroso dall’inflazione.
  • Il drenaggio fiscale resta un nodo irrisolto, ovvero l’effetto per cui l’aumento del reddito nominale fa scalare scaglioni di tassazione senza un parallelo incremento reale.
  • L’applicazione della tassa agevolata su alcune fonti di reddito (esempio: capitali e dividendi) ha ridotto la progressività del sistema, alimentando il dibattito su equità e giustizia fiscale.
Un altro elemento critico: l’indicizzazione all’inflazione è mancata, lasciando molti lavoratori dipendenti di fronte a una pressione fiscale che, di fatto, non scende. Sul fronte dei beneficiari, a risultare più avvantaggiati sono gli investitori stranieri ad alto reddito, le società e alcune categorie professionali, mentre sono molto più contenuti i vantaggi per la platea generale dei lavoratori dipendenti.

Sanità e welfare: risorse, cambiamenti e nodi irrisolti

Il comparto sanitario italiano rimane tra le priorità manifestate sia dal Governo che dall’opinione pubblica. L’incremento di oltre 7,6 miliardi di euro destinati al Servizio sanitario nazionale per il triennio non colma tuttavia il gap accumulato negli anni precedenti: molti osservatori indipendenti hanno sottolineato come la previsione reale di risorse a disposizione sia inferiore alle richieste avanzate dal territorio e dai professionisti del settore. Il dibattito parlamentare ha visto la presentazione di migliaia di emendamenti sulle voci del Fondo sanitario nazionale, delle terapie innovative, delle assunzioni di personale – la maggior parte dei quali sono stati depennati per ragioni di copertura finanziaria.

I nodi più significativi rimangono quindi:

  • Personale sanitario insufficiente: le proposte di nuove assunzioni e di incentivi per contrastare la fuga verso il privato sono state in larga parte accantonate. Il piano per il potenziamento delle Case e degli Ospedali di Comunità rimane vincolato alla reale possibilità di assumere nuove figure professionali.
  • Sanità digitale, terapie avanzate, farmaci orfani: molte delle proposte innovative relative alla digitalizzazione, all’uso dell’intelligenza artificiale nella medicina di famiglia e ai fondi per i farmaci innovativi o orfani sono state stralciate o ridotte, lasciando solo lievi aggiustamenti agli incrementi dei tetti di spesa per la farmaceutica diretta.
  • Carenza di governance: il sistema resta incapace di reagire compiutamente all’emergenza delle liste d’attesa, alle disparità territoriali e alle domande emergenti dalla medicina territoriale. La piattaforma digitale e le estensioni degli orari per prestazioni sanitarie hanno migliorato solo parzialmente i tempi di accesso ai servizi.
  • Mancanza di copertura strutturale: il potenziamento del Fondo sanitario segue una logica incrementale e resta spesso legato a coperture temporanee, rimandando il nodo della sostenibilità su larga scala.
Nota positiva: il riconoscimento normativo delle farmacie di comunità come strutture socio-sanitarie e l’intenzione di favorire la partecipazione societaria a condizione di elevati standard anticorruzione rappresentano un tentativo di evoluzione del sistema nell’ottica di una maggiore capillarità e trasparenza.

Debito, fondi e coperture: la sostenibilità delle scelte di bilancio

Il controllo sul debito pubblico rimane il pilastro di fondo della legge di bilancio 2026. Il saldo netto da finanziare si mantiene nei limiti previsti dalle compatibilità europee, grazie a una somma articolata di tagli, rimodulazione di fondi e contributi settoriali:

  • Rimodulazione PNRR: la revisione delle risorse del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza ha portato nelle casse statali circa 5 miliardi di euro, coprendo una quota significativa degli interventi programmati.
  • Banche e assicurazioni: da questi settori arriveranno oltre 4,4 miliardi nel 2026 e 2027 attraverso prelievi mirati, principalmente tramite la riduzione dell’aliquota sugli extra profitti e la nuova tassazione dei dividendi.
  • Spending review: le revisione delle spese dei ministeri garantiscono una base stabile, anche se penalizzano diversi comparti, come la mobilità. I risparmi reali, tuttavia, saranno da verificare nella pratica.
La mancanza di misure una tantum a favore di coperture strutturali è stata formalmente sottolineata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, rendendo la manovra coerente con le richieste di Bruxelles sulla sostenibilità del debito. L’aumento delle spese militari e delle deroghe su questi capitoli segna una linea politica chiara, anche a costo di spostare risorse da altri settori.

Lavoro, occupazione e misure per il Sud: realtà e prospettive nella legge di bilancio

L’occupazione resta uno degli assi tematici più sensibili per la società italiana. Nonostante la retorica dell’aumento dell’occupazione, i dati evidenziano una crescita dell’impiego trainata da contratti a termine e da una quota importante di lavori precari, senza un reale incremento della stabilità lavorativa. Le scelte della legge di bilancio intervengono soprattutto con bonus e incentivi selettivi:

  • Decontribuzione Sicilia: contributi alle imprese che assumono nuovi lavoratori, con percentuali maggiorate per fasce svantaggiate (donne, over 50, disoccupati di lunga durata, aziende che investono in sicurezza e welfare).
  • Sostegno al South working: incentivi per chi assume personale per il lavoro da remoto, combinati agli investimenti in coworking e riqualificazione dei centri storici.
  • Stabilizzazioni e incrementi orari: molte delle misure approvate nelle regioni meridionali riguardano l’incremento delle ore per lavoratori pubblici già stabilizzati e la regolarizzazione dei precari.
  • Credito d’imposta e Super ZES: strumenti aggiuntivi per potenziare investimenti produttivi e per velocizzare le procedure amministrative nelle Zone Economiche Speciali, cruciali specialmente per la Sicilia.
Tuttavia, rimangono fuori dalla portata della manovra investimenti sul lavoro ad alto valore aggiunto, misure ampie di contrasto alla precarietà e interventi organici per ridurre il divario tra Nord e Sud.

Cosa avrebbero voluto (e cosa hanno ottenuto) gli italiani dalla manovra 2026

Le aspettative della popolazione nei confronti della manovra finanziaria 2026 ruotavano principalmente attorno a maggiori investimenti su welfare, sanità, lavoro, scuola e misure efficaci per ridurre la povertà e le disuguaglianze. Il risultato approvato, pur mantenendo la barra sulle compatibilità finanziarie, non coincide con il desiderio diffuso di un salto di qualità nei servizi pubblici e nella redistribuzione fiscale.

Dalla sintesi dei provvedimenti adottati emerge uno scenario in cui sono state mantenute alcune garanzie minime e introdotti interventi selettivi per alcune categorie, mentre le riforme più strutturali restano rimandate. Le modifiche sulle aliquote fiscali e i contributi per il lavoro rappresentano alcune risposte parziali, ma le principali richieste della società civile – più risorse stabili per la sanità, lotta alla precarietà, servizi pubblici efficienti – restano in larga parte inevase.

L’equilibrio raggiunto fotografa la distanza, non ancora colmata, tra una cittadinanza desiderosa di sicurezza economica e sociale e una macchina decisionale ancora ancorata al rispetto dei parametri macroeconomici europei. La sfida per i prossimi mesi sarà capire se, e come, le scelte adottate si trasformeranno in cambiamento percepibile per chi vive ogni giorno i servizi e le opportunità del Paese.