Nel 2026 i pedaggi autostradali subiranno incrementi decisi da normative e istituzioni, influenzando concessionarie, tratte principali ed esclusioni regionali. Analisi sugli aumenti, le ripercussioni e il dibattito sulle nuove tariffe.
Dal primo gennaio 2026 cambierà il panorama dei costi per la mobilità stradale su gran parte della rete autostradale italiana. Dopo alcuni anni in cui si è tentato di mantenere stabili le tariffe, interventi normativi e decisioni delle autorità competenti hanno dato il via libera a un incremento. L’attenzione di automobilisti, aziende di autotrasporto e operatori del settore è rivolta agli effetti pratici di questa modifica, che segue mesi di dibattiti tra istituzioni e concessionari. L’aggiornamento tariffario richiesto per il 2026 nasce in un contesto di pressione inflazionistica generale e accesi confronti politici sui costi della viabilità.
La causa scatenante dell’adeguamento tariffario risiede in una sentenza della Corte Costituzionale, depositata nell’ottobre 2025, in cui sono state dichiarate costituzionalmente illegittime le norme che avevano posticipato gli aumenti dei pedaggi tra il 2020 e il 2023. Secondo la Corte, questi rinvii contraddicevano i principi di uguaglianza, iniziativa economica privata e imparzialità/efficienza amministrativa sanciti dalla Costituzione italiana (art. 3, 41 e 97). Il ricorso del Consiglio di Stato – in quanto portatore delle istanze dei concessionari autostradali – sosteneva che la sospensione delle revisioni delle tariffe fosse lesiva per la libertà imprenditoriale e la funzione sociale prevista dalle infrastrutture pubbliche.
Conseguentemente, la gestione e l’aggiornamento delle tariffe sono in capo, per la normativa vigente, all’Autorità di regolazione dei trasporti (ART), che ha il compito di definire i criteri e valutare le richieste di adeguamento avanzate dai concessionari. L’inflazione programmata per il 2026, individuata all’1,5%, è stata assunta come parametro guida da ART per l’aggiornamento del pedaggio.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha sottolineato in più comunicazioni ufficiali che le sue possibilità di intervento in senso contenitivo erano ormai esaurite: la sentenza della Consulta ha reso vincolanti i meccanismi di adeguamento e attribuito all’ART piena operatività nei processi tariffari. Va evidenziato che la recente introduzione del principio del "pay per use" limiterà, negli anni a venire, la possibilità di incrementi futuri solo ai casi in cui siano dimostrati specifici investimenti già effettuati dai concessionari.
Sullo scenario nazionale, l’adeguamento tariffario standard è fissato all’1,5% rispetto alle tariffe vigenti nel 2025, ma esistono eccezioni specifiche determinate da accordi regolatori e situazioni contrattuali differenti tra le società concessionarie.
Le principali società interessate dall’aumento dell’1,5% sono:
| Salerno–Pompei–Napoli S.p.A. | +1,925% |
| Autostrada del Brennero S.p.A. (A22) | +1,46% |
La differenziazione deriva dallo stato di aggiornamento dei Piani Economico-Finanziari (PEF) delle diverse concessionarie e dalle specificità degli atti convenzionali in vigore. La procedura PEF, infatti, regola l’equilibrio tra investimenti, manutenzione e ritorno economico per il concessionario e, annualmente, costituisce la base di ogni decisione di variazione tariffaria.
L’impatto sulle tratte più percorse riguarda quindi milioni di cittadini e imprese e conferma l’adeguamento all’andamento macroeconomico nazionale.
Non tutti i concessionari applicheranno aumenti sulle tratte gestite. In base alle informazioni officiali, vengono escluse dalle variazioni 2026 alcune arterie fondamentali:
In alcuni casi, come per la Tangenziale di Napoli, l’effettivo aumento potrebbe essere soggetto ad arrotondamenti minimi e all’attesa di conferma ufficiale. A livello territoriale, dunque, la mappa delle tariffe non risulta omogenea e alcune aree beneficiano di una momentanea stabilità dei prezzi, valore che può avere impatti anche sulle scelte di mobilità locale.
Le regioni interessate dalle tratte escluse sono principalmente il Nord-Ovest e alcuni assi di collegamento centro-meridionali, fatto che contribuisce a una diversa pressione sul tessuto economico e sociale delle aree di riferimento.
L’aumento annunciato genera effetti immediati sui costi di viaggio per utenti privati e operatori professionali. Ecco alcune simulazioni per capire l’incidenza reale degli incrementi:
| Tratta | Pedaggio 2025 (€)* | Nuovo pedaggio 2026 (€)** |
| A1 Milano – Napoli | ~56,0 | ~56,84 |
| A4 Milano – Venezia | ~28,0 | ~28,42 |
| Autostrada del Brennero (A22) | ~34,0 | ~34,50*** |
| Salerno–Pompei–Napoli | ~2,60 | ~2,65 |
Le cifre finali dipenderanno dalla lunghezza della tratta, dal veicolo utilizzato e da eventuali arrotondamenti applicati dalle concessionarie. Per la Tangenziale di Napoli, ad esempio, il balzello dovrebbe salire da 1 a 1,05 euro.
Gli effetti sugli utenti si manifestano su più livelli. Per chi usa l'autostrada per necessità quotidiane – pendolari, lavoratori e professionisti – anche un incremento all’apparenza contenuto comporta una spesa annuale sensibilmente superiore, specie su tratte ripetute e a percorrenza medio-lunga.
Le associazioni di categoria degli autotrasportatori segnalano un effetto moltiplicatore sui costi logistici: non solo il pedaggio, ma anche il recente aumento delle accise sul diesel andrà a incidere su spese di trasporto e, a cascata, sui prezzi di beni e servizi per i consumatori. Allo stesso modo, le imprese della logistica e della produzione dovranno aggiornare i propri piani di budgeting e ridefinire i prezzi delle consegne, soprattutto se operano su tratte attraversate da più segmenti tariffari o su aree dove l’incremento è superiore all’1,5%.
Per molti piccoli imprenditori e PMI, questi costi aggiuntivi rischiano di erodere margini di profitto già messi alla prova dalla situazione economica nazionale. L’impatto sulla competitività può quindi riflettersi indirettamente sull’occupazione e sulla stabilità finanziaria delle aziende più esposte.
La decisione di aggiornare i pedaggi ha alimentato un vivace dibattito tra istituzioni, politica e società civile. Le opposizioni puntano il dito sulle ripercussioni che il rincaro avrà sulle famiglie e sui settori produttivi, sottolineando come questi aumenti si sommino alla pressione generale sull’economia. Associazioni dei consumatori critiche evidenziano potenziali limiti e inefficienze nei previsti meccanismi di rimborso per disservizi, temendo che i vantaggi siano ridotti da future compensazioni tariffarie applicate dai concessionari.
Dall’altra parte, esponenti della maggioranza e il MIT chiariscono che il rincaro non rappresenta una scelta discrezionale quanto un effetto "automatico" legato a vincoli contrattuali e alla pronuncia della Corte Costituzionale. Rimane al centro del discorso pubblico il tema della gestione delle concessioni autostradali, dell’equilibrio tra interesse collettivo e sostenibilità finanziaria delle reti infrastrutturali.
Sul piano normativo, il futuro riserva l’entrata graduale di un nuovo modello tariffario "pay per use", che obbligherà i concessionari a legare l’aumento dei pedaggi agli investimenti effettivamente realizzati e certificati, con possibili rimborsi per gli utenti in caso di lavori o disservizi. Le prospettive aperte alimentano tanto polemiche quanto speranze: il modo in cui saranno applicate le nuove regole potrà determinare un rapporto di maggiore fiducia tra utenti e gestori, nonché una maggiore trasparenza e giustizia negli adeguamenti tariffari futuri.