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Manovra Finanziaria è caos: tra misure cancellate (non solo pensioni), strette su partite ive e aziende e altre novità in bilico

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Tra novità pensionistiche cancellate, tensioni politiche e misure su imprese, la Manovra Finanziaria 2026 vive una fase di profondo caos, tra strette amministrative, aiuti al riarmo e incertezze su PNRR e fiscalità.

Sviluppi inattesi e tensioni continue stanno caratterizzando il percorso della legge di bilancio in discussione in Senato, soprattutto ma non solo in questi ultimi giorni. La manovra si è trasformata, nel giro di poche settimane, in un terreno di confronto acceso tra i partiti della maggioranza e un crocevia di compromessi tecnici. L'assenza di stabilità, insieme alla necessità di risorse per soddisfare le priorità delle varie forze politiche, ha portato all'abbandono di diverse innovazioni originariamente previste. Gli scontri sulla rimodulazione dei fondi e sul rifinanziamento di misure strategiche hanno generato una vera e propria impasse normativa, mentre il rischio di esercizio provvisorio è stato evocato da più parti

Le principali novità saltate: pensioni, TFR e Transizione 4.0

Diverse misure considerate chiave per la prossima stagione economica sono state escluse dal testo definitivo. In primo luogo, il pacchetto previdenziale ha subito una retromarcia: sono stati cancellati sia l’allungamento delle finestre mobili per l’uscita anticipata dal lavoro — ipotizzato per contenere la spesa pubblica tra il 2030 e il 2035 — sia la stretta sulle condizioni per il riscatto degli anni universitari, destinata a ridurre i costi futuri sui pensionamenti.

  • Sono tramontate anche le soluzioni che prevedevano l’adesione automatica alla previdenza complementare per i neoassunti, così come la proposta che estendeva l’obbligo di versamento al Fondo TFR alle imprese che avessero raggiunto la soglia dei 50 dipendenti anche dopo l’avvio dell’attività.
  • I temi collegati a modalità e tempi di gestione delle uscite anticipate dal lavoro si sono trasformati in motivo di scontro tra le principali forze politiche, portando la maggioranza sull’orlo della crisi.
  • Il rifinanziamento del piano Transizione 4.0 — fondamentale per sostenere digitalizzazione e innovazione delle imprese — è stato stralciato dal maxiemendamento.
La misura avrebbe dovuto fornire sgravi fiscali alle aziende escluse dai bandi precedenti, lasciando in sospeso una platea di imprese che avevano investito in tecnologie innovative contando sui crediti d’imposta. Invece, i fondi originariamente previsti sono stati azzerati, con la promessa di ripresentare le agevolazioni in un futuro decreto-legge, mettendo però in discussione la continuità degli investimenti aziendali.

La scelta di eliminare questi provvedimenti si riflette su lavoratori, imprese e sul sistema previdenziale stesso, generando malcontento tra sindacati e rappresentanze datoriali. L’incertezza sugli strumenti di sostegno, infatti, rischia di rallentare processi di innovazione e digitalizzazione già programmati e, parallelamente, acuisce il senso di precarietà rispetto alle regole della previdenza per giovani e lavoratori maturi.

La stretta sulle imprese: partita IVA, ritenuta d’acconto e incentivi

Accanto alle difficoltà sulla previdenza, il nuovo testo della legge di bilancio introduce novità rilevanti per il mondo delle imprese e dei professionisti. Sul piano fiscale, la principale innovazione consiste nell’introduzione graduale della ritenuta d’acconto estesa a tutte le transazioni business-to-business:

  • Anticipata al 2028, prevede un’aliquota iniziale dello 0,5%, che salirà all’1% a partire dal 2029;
  • Il gettito stimato ammonterà a oltre 700 milioni di euro nella prima fase, per poi superare 1,4 miliardi dopo il 2029.
Questa misura colpisce tutte le partite IVA, professionisti e imprese, e va a modificare l’equilibrio della liquidità nelle relazioni tra fornitori, clienti e subfornitori.

Un ulteriore elemento di tensione riguarda la gestione dei crediti fiscali maturati dalle imprese che avevano presentato domanda per Transizione 5.0 e rimaste escluse a seguito della rimodulazione dei fondi nel PNRR. Il mancato rifinanziamento, anche qui, ha prodotto una situazione di sospensione sia per le aziende ammesse che per quelle in attesa di risposte attraverso canali alternativi.

Il caos politico: crisi nella maggioranza e conflitti interni

L’iter della legge di bilancio si è intrecciato con profondi contrasti politici, specialmente all’interno della coalizione al governo. Le settimane precedenti hanno visto emergere dissensi significativi tra il Ministero dell’Economia, guidato da Giancarlo Giorgetti, e la componente leghista della maggioranza. Il braccio di ferro sulla riformulazione delle norme sulle pensioni trova origine proprio nelle coperture richieste dal Mef e nella necessità, sentita da alcune forze politiche, di mantenere le promesse fatte agli elettori senza compromettere l’equilibrio dei conti pubblici.

Le tensioni sono esplose in particolare quando sono state proposte la proroga delle finestre mobili e le limitazioni al riscatto della laurea, misure rapidamente rigettate da parte della Lega. Lavoratori e sindacati hanno seguito con apprensione gli scontri, che si sono estesi fino all’ipotesi di una crisi governativa a ridosso della chiusura per le festività.

In questo scenario, la riformulazione della proprietà delle riserve auree della Banca d’Italia – divenuta oggetto di un emendamento fortemente voluto da Fratelli d’Italia – si è inserita come tema identitario e quasi simbolico. Tuttavia, la priorità politica è rimasta quella di evitare l’esercizio provvisorio, un rischio paventato da più parti visto lo stallo su diversi punti del testo.

L’opposizione, da parte sua, non ha mancato di sottolineare l’“improvvisazione” attribuita all’esecutivo nella gestione dei fondi, accusando il Governo di mettere a rischio la tenuta del sistema Paese. L’escalation mediatica dei toni ha contribuito ad aumentare la percezione di insicurezza su decisioni destinate ad avere impatto per anni sull’economia nazionale.

Aiuti al riarmo e nuove misure per la Difesa

Mentre su altri fronti la coesione politica mancava, in Parlamento è stata proposta una serie di misure per il rafforzamento della capacità industriale della Difesa. L’obiettivo dichiarato di questi interventi è quello di tutelare *gli interessi strategici e la sicurezza nazionale* tramite finanziamenti dedicati sia alla produzione sia al commercio di armamenti e infrastrutture collegate.

  • Saranno individuati dal Ministero della Difesa i progetti prioritari, accedendo così a nuovi fondi per lo sviluppo e l’innovazione nel comparto;
  • Le attività finanziate dovranno essere compatibili con la cornice normativa nazionale ed europea, con attenzione alla trasparenza delle procedure di selezione degli investimenti.
L’inasprirsi delle tensioni internazionali e la spinta verso una maggiore autonomia strategica hanno reso questi strumenti una leva politica per il Governo, alimentando però il dibattito tra chi li ritiene una risposta necessaria alle nuove minacce sullo scenario globale e chi vi legge piuttosto una priorità inversa rispetto alle esigenze sociali e produttive del Paese.

Le altre misure in bilico: ZES Unica, PNRR e fiscalità

L’iter travagliato della legge di bilancio ha lasciato in sospeso anche altri importanti capitoli. La Zona Economica Speciale Unica, ideata per favorire sviluppo al Sud e rilancio delle aree interne, non rientra tra le misure attualmente finanziate: il mancato rifinanziamento comporta l’interruzione di strumenti agevolativi ritenuti fondamentali per la crescita di regioni tradizionalmente svantaggiate.

  • Nel campo della pianificazione europea, la rimodulazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha visto il ridimensionamento dei fondi per alcuni progetti infrastrutturali, tra cui anche grandi opere come il Ponte sullo Stretto;
  • Sono state introdotte nuove imposte sulle spedizioni provenienti da Paesi extra UE, con un doppio scaglione previsto per contrastare l’e-commerce uncontrolled, creando possibili ripercussioni su consumatori e logistica;
  • Nel comparto della fiscalità, si segnalano anche riduzioni degli interessi nelle rateazioni e aggiustamenti su incentivi legati ai giochi pubblici, per reperire risorse aggiuntive all’interno dei limiti di bilancio.
Permane incertezza sulle tempistiche e l’entità degli interventi, lasciando in attesa amministrazioni locali, aziende e famiglie rispetto alla pianificazione dei flussi di spesa e investimento per l’anno successivo.

Reazioni di partiti e opposizioni: accuse, rivendicazioni e prospettive

L’insieme degli aggiustamenti emersi negli ultimi giorni ha innescato un’ondata di reazioni nel sistema politico e sociale italiano. Da una parte, le forze di opposizione hanno denunciato lo stop alle riforme come “prova della debolezza e della scarsa visione” dell’esecutivo, evidenziando la mancanza di risorse concrete per welfare, crescita e sostenibilità. Le accuse di privilegiare temi simbolici, come l’oro di Bankitalia, rispetto a misure di impatto sociale diretto sono state rilanciate durante i lavori parlamentari.

  • Dall’altro lato, alcuni esponenti di governo hanno enfatizzato i risultati raggiunti, interpretando lo stop a certe misure come segnale di ascolto delle istanze sociali e di equilibrio nella spesa pubblica;
  • I sindacati hanno espresso forte preoccupazione tanto su previdenza quanto sugli investimenti, avvertendo sul rischio di rinvio strutturale di problemi che richiederebbero soluzioni stabili;
  • Le associazioni datoriali, specie nel settore della manifattura, lamentano l’assenza di strumenti credibili a sostegno dell’innovazione e la carenza di chiarezza sul futuro degli incentivi.
In questo scenario di polarizzazione tra schieramenti politici, rappresentanze sociali e stakeholder economici, l’incertezza sulle scelte future rischia di tradursi in minore fiducia nei confronti della capacità di governo delle trasformazioni economiche e sociali in atto.