La sentenza del Tribunale di Bologna sulla validità delle multe da autovelox senza omologazione apre nuove questioni tra orientamenti giurisprudenziali, impatti sui ricorsi e incertezze per automobilisti e norme future.
Negli ultimi anni, la questione relativa alla validità delle multe rilevate con autovelox privi di omologazione ha suscitato una profonda discussione sia tra gli addetti ai lavori sia nella società civile. Il punto focale risiede nella distinzione tra "omologazione" e "approvazione" degli strumenti automativi per il controllo della velocità, argomento che ha visto alternarsi decisioni giudiziarie contrapposte e numerose iniziative ministeriali.
In questo quadro, gli automobilisti si sono ritrovati spesso al centro di un contenzioso amministrativo e giudiziario, dovendo valutare l'opportunità di presentare ricorso a fronte di sanzioni emesse in base a rilevazioni effettuate con dispositivi non sempre conformi a quanto richiesto dalle normative vigenti.
L'interpretazione della validità delle multe rilevate da autovelox non omologati si è sviluppata attorno a due orientamenti giurisprudenziali fortemente contrapposti. Da una parte, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 10505/2024 e successive, ha sostenuto che la semplice approvazione del dispositivo non può sostituire la procedura di omologazione richiesta dall'articolo 142 del Codice della Strada, considerata condizione necessaria per la legittimità delle sanzioni. In questa prospettiva, la mancanza di omologazione comporta l'illegittimità della multa, con possibilità di annullamento del verbale e mancata decurtazione dei punti patente. Decisioni di questa natura sono state spesso seguite da giudici di merito, favorendo i ricorrenti nei confronti delle amministrazioni locali. Il quadro è il seguente:
La differenza di prospettiva tra le massime giurisdizionali e il giudice di merito di Bologna genera un quadro d'incertezza, alimentato da provvedimenti ministeriali e da interpretazioni variabili a seconda delle corti territoriali. Gli automobilisti, loro malgrado, si trovano quindi a dover navigare in un panorama giuridico non uniforme, in cui la certezza del diritto risulta quantomai indebolita.
Nel dibattito sulla validità delle sanzioni elevate attraverso autovelox, la differenziazione tra "omologazione" e "approvazione" è centrale tanto in ambito tecnico quanto giuridico. L'omologazione, secondo il dettato dell'articolo 142, comma 6, del Codice della Strada, rappresenta la procedura mediante la quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti certifica che il modello di apparecchio soddisfa requisiti rigorosi, garantendo l'affidabilità delle rilevazioni come prova nell'accertamento delle violazioni. Bisogna quindi capire:
In sintesi, il nodo della questione resta la corretta interpretazione della normativa vigente e la sua applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale, così da garantire al cittadino chiarezza e trasparenza nelle procedure sanzionatorie.
Quando un automobilista riceve una multa per eccesso di velocità rilevata da autovelox, la prima verifica da compiere riguarda la corretta omologazione del dispositivo utilizzato. Se nel verbale si fa riferimento esclusivamente all'approvazione, senza specifiche sull'omologazione, l'orientamento della Cassazione suggerisce la possibilità di impugnare il provvedimento, avendo quindi una concreta possibilità di annullamento. Per contro, l'interpretazione seguita dal Tribunale di Bologna riconosce la validità della multa anche in presenza del solo decreto di approvazione, subordinando un eventuale ricorso alla dimostrazione di un vizio funzionale dello strumento. L'attenzione è quindi su:
La decisione bolognese, in evidente contrasto con le posizioni assunte dalla Cassazione, riscrive le regole del contenzioso. Le implicazioni pratiche riguardano sia i criteri di accertamento delle infrazioni sia le strategie difensive degli automobilisti. In primo luogo, la sentenza sottolinea che, in caso di contestazione, la semplice mancanza del decreto di omologazione non è sufficiente ad annullare la multa: occorre invece provare che il dispositivo fosse difettoso o che la rilevazione non rappresentasse correttamente i fatti contestati.
L'onere probatorio si sposta sull'automobilista, che deve produrre elementi idonei ad attestare vizi nel verbale o nel funzionamento dell'apparecchio. La predisposizione di ricorsi sulla sola base di questioni formali risulta, a seguito della pronuncia bolognese, meno efficace di quanto accadeva in precedenza.
Da questo nuovo scenario emergono alcune incertezze che incidono sulle scelte dei cittadini. Le amministrazioni comunali potranno sentirsi rafforzate nella legittimità dell'uso di strumenti solo approvati, mentre i cittadini si vedono costretti a valutare con maggior attenzione la convenienza e la sostenibilità economica di avviare percorsi di ricorso non più scontati. In questa cornice, la spinta verso una maggiore chiarezza normativa si fa sentire, sia in termini di protezione dei diritti individuali, sia per il bisogno di uniformità applicativa.
Va inoltre segnalata una recente iniziativa governativa che prevede la dichiarazione automatica di omologazione degli autovelox approvati dopo il 2017: una misura pensata per ridurre il numero dei contenziosi e favorire una gestione amministrativa più efficiente.