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Nuove regole nel 2026 per i professionisti e partite Iva che lavorano con la pubblica amministrazione

di Marcello Tansini pubblicato il
Professionisti e partite Iva

Nel 2026 cambieranno le regole per i professionisti e le partite IVA che collaborano con la Pubblica Amministrazione: nuove procedure di pagamento, obblighi fiscali rinnovati, verifiche più stringenti.

A partire dal 2026, il panorama normativo che regola i rapporti economici tra professionisti e Pubblica Amministrazione (PA) in Italia subirà modifiche sostanziali. Il cambiamento, previsto dalla Legge di Bilancio, mira a garantire maggiore trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche e a incentivare la regolarità fiscale e contributiva di chi offre servizi professionali agli enti statali. Questo nuovo scenario interessa un ampio ventaglio di figure, tra cui avvocati, commercialisti, ingegneri e altre categorie di lavoratori autonomi che collaborano stabilmente o occasionalmente con la PA.

Competenza, affidabilità e rispetto degli obblighi saranno le nuove direttrici richieste per ricevere i compensi per le prestazioni svolte, accentuando la necessità di conformità sia sotto il profilo fiscale che contributivo. Le innovazioni introdotte hanno già acceso il dibattito e richiamano l'attenzione su aspetti operativi e principi di semplificazione amministrativa.

La Manovra 2026: panoramica delle principali novità per i pagamenti ai professionisti

L'ultima Legge di Bilancio contiene un pacchetto di provvedimenti che punta a razionalizzare la spesa pubblica, introducendo nuove modalità di pagamento delle parcelle destinate ai soggetti titolari di partita IVA che operano con la PA. Il punto focale è l'articolo 130, che vincola il saldo dei compensi professionali all'assolvimento degli obblighi fiscali e contributivi, come certificato da apposita documentazione. La ratio è chiara: evitare che chi non sia in regola con tasse o contributi possa usufruire di risorse pubbliche, rafforzando così il principio di legalità.

Importanti riduzioni e riallocazioni delle dotazioni di bilancio dei Ministeri si intrecciano con queste misure, delineando una programmazione delle spese più attenta ed efficiente. Sono previsti tagli significativi a vari fondi, inclusi quelli destinati ai centri di assistenza fiscale, e un nuovo impulso alla digitalizzazione amministrativa.

Inoltre, la Manovra istituisce la necessità per ogni fattura elettronica emessa nei confronti di enti pubblici di essere accompagnata da certificazioni che attestino la regolarità del professionista. In caso contrario, il pagamento resta sospeso fino alla ricezione dei documenti richiesti, portando a una gestione più rigorosa nell'erogazione dei compensi.

Obblighi di regolarità fiscale e contributiva: ecco cosa cambia

La principale novità imposta dalla riforma riguarda la trasparenza e la correttezza nei confronti dell'Erario e degli enti previdenziali da parte dei liberi professionisti. Ora la PA, prima di poter liquidare qualsiasi parcella, è obbligata a richiedere prove formali che attestino l'assenza di pendenze fiscali o irregolarità previdenziali riguardanti il professionista:

  • Certificato di regolarità contributiva: deve essere rilasciato dagli enti previdenziali di categoria, ad esempio la Cassa Forense per gli avvocati, assimilabile al Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) utilizzato per le imprese.
  • Certificato di regolarità fiscale: riguarda la posizione nei confronti dell'Agenzia delle Entrate. Tuttavia, non esiste un documento ad hoc applicabile ai professionisti, sollevando dubbi sulle modalità applicative. In assenza di un modello ufficiale, potrebbe essere prevista l'autocertificazione.
L'obbligo di allegare tali certificazioni alla fatturazione elettronica rappresenta una condizione imprescindibile per lo sblocco dei pagamenti. La misura, oltre ad aumentare il livello di controllo, introduce nuove responsabilità per i professionisti, che ora dovranno monitorare costantemente la propria posizione fiscale e contributiva per evitare la sospensione degli emolumenti.

Questa innovazione coinvolge sia chi lavora in modo occasionale sia chi intrattiene rapporti continuativi con la PA, ampliando notevolmente la platea degli interessati. Non sono previsti margini di tolleranza e, in assenza dei documenti necessari, la Pubblica Amministrazione lascia in sospeso il saldo fino alla regolarizzazione della posizione.
Una tabella riassuntiva delle certificazioni richieste:

Tipologia certificato

Soggetto rilasciante

Note operative

Regolarità contributiva

Casse di previdenza (es. Cassa Forense)

Analogo al DURC per imprese

Regolarità fiscale

Agenzia delle Entrate

Non previsto nella prassi, ipotesi autocertificazione

Le critiche delle categorie professionali: tra nuovi oneri burocratici e semplificazione digitale

Diversi rappresentanti delle principali categorie professionali hanno sollevato dubbi e perplessità sull'impatto delle nuove disposizioni. In primo piano, l'accusa di creare duplicazioni burocratiche: molti documenti richiesti sono già disponibili nelle banche dati degli enti pubblici, rendendo il processo di raccolta e trasmissione ridondante:

  • Oneri burocratici aggravati: L'Unione nazionale delle Camere civili ha denunciato il rischio di una “nuova zavorra” in grado di allungare ulteriormente i tempi di pagamento, già notoriamente dilatati nel settore pubblico. L'obbligo di fornire più certificazioni per ogni fattura rappresenta, secondo molti, un ostacolo superfluo, soprattutto considerando la possibilità di verifica diretta tramite banche dati interconnesse.
  • Contrasto con la digitalizzazione: L'intento di razionalizzazione e semplificazione, ribadito a livello normativo e strategico anche nei progetti del PNRR, rischia di venire meno nella pratica. La costrizione a presentare documenti già posseduti dagli enti allunga le procedure invece di snellirle.
  • Incertezza applicativa: Emergono dubbi su come soddisfare l'obbligo relativo al certificato fiscale, non esistendo una prassi operativa condivisa per i liberi professionisti. La possibilità di ricorrere all'autocertificazione solleva ulteriori domande sull'efficacia del controllo.
Nella visione espressa dalle principali associazioni di categoria, la nuova normativa rischia di compromettere la snellezza amministrativa, introducendo passaggi percepiti come meri formalismi che non apportano maggiore sicurezza, ma si traducono in adempimenti ripetitivi e potenzialmente penalizzanti per chi esercita in autonomia.

Le nuove modalità di verifica e i rischi di pignoramento dei compensi: effetti pratici per i professionisti

Il quadro normativo rafforzato da queste novità apre la strada a una maggiore incidenza dei controlli da parte della Pubblica Amministrazione e delle Agenzie fiscali. Non solo i pagamenti vengono bloccati in assenza di regolarità fiscale o contributiva, ma si consolida anche un sistema in cui la quota di compenso spettante può essere sottoposta a pignoramento diretto:

  • Pignoramento presso terzi: La procedura si innesta sull'incrocio dei dati tra fatturazione elettronica e situazione debitoria. In caso di morosità fiscale, la PA che riceve una richiesta da parte dell'Agenzia della Riscossione può essere obbligata a versare le somme dovute direttamente all'Erario invece che al professionista.
  • Assenza di soglie di salvaguardia: Diversamente da quanto avviene per i dipendenti, non è previsto alcun limite minimo che tuteli la prestazione professionale. Il compenso può quindi essere interamente assorbito dal pignoramento.
Questa procedura è già operativa in altre realtà e suscita allarme soprattutto tra i lavoratori autonomi più giovani o con maggiore esposizione debitoria. Sono inoltre oggetto di discussione le questioni legate al rispetto della privacy e all'equità del sistema, viste le potenzialità della fatturazione elettronica di incrociare rapidamente dati tra fisco e PA.

Nell'operatività quotidiana, le nuove modalità di verifica si traducono in un aumento del rischio di sospensione o perdita degli emolumenti nel caso di irregolarità patrimoniali, rappresentando un deterrente ad intrattenere rapporti tra professionisti e settore pubblico in assenza di trasparenza.

L'impatto sul lavoro degli avvocati: certificazioni, incarichi esterni e patrocinio AIFA

I nuovi adempimenti colpiscono in modo trasversale tutte le professioni, ma pongono questioni particolarmente stringenti nel settore legale. I legali impegnati in contenziosi o consulenze per enti pubblici dovranno acquisire e allegare due specifiche certificazioni ad ogni emissione di fattura: quella rilasciata dalla propria Cassa previdenziale e quella (eventualmente sottoforma di autocertificazione) attestante la posizione fiscale:

  • Complicazioni burocratiche: L'Unione nazionale delle Camere Civili ha evidenziato come tali oneri rischino di appesantire ulteriormente tempistiche e procedure di liquidazione.
  • Riduzione degli incarichi esterni: Le disposizioni previste dall'articolo 90 della Legge di Bilancio intervengono infatti anche sul patrocinio obbligatorio, estendendo le competenze dell'Avvocatura Generale dello Stato all'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e modificando la disciplina del litisconsorzio necessario. Ne deriva una diminuzione concreta delle occasioni di incarico per gli avvocati, soprattutto nei confronti di AIFA.
  • Nuove opportunità e limiti: Parallelamente, il piano di assunzione straordinaria di magistrati e agenti di polizia, accompagnato da incremento delle spese ministeriali, apre nuovi scenari all'interno del lavoro giuridico nell'ambiente pubblico.
Pertanto, il settore forense si trova di fronte non solo a una revisione dei flussi documentali richiesti, ma anche a una rimodulazione delle opportunità professionali, che nei prossimi anni si concentreranno in misura crescente su incarichi interni più che esterni.

Dal 2026 il sistema dello split payment, progettato per garantire che l'IVA sulle fatture emesse nei confronti di enti pubblici venga versata dal cliente all'Erario, subisce nuove precisazioni. L'applicazione di tale disciplina ai professionisti ha in passato prodotto effetti penalizzanti, con la doppia trattenuta tra ritenuta d'acconto e mancato incasso IVA.

La normativa riformulata limita l'obbligo dello split payment soltanto ai soggetti che rientrano nella categoria di lavoratori autonomi oggetto di ritenuta, lasciando esclusi coloro per i quali tale meccanismo risulta già applicato. La decorrenza delle nuove regole è fissata alla data di emissione della fattura successiva all'entrata in vigore delle disposizioni.