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Occupazione al 62,7% record a Novembre: bene i contratti indeterminati e altri fattori ma rimangono criticità

di Marcello Tansini pubblicato il
occupazione record novembre 2025

L'Italia registra un nuovo record di occupazione al 62,7% a novembre 2025, con crescita anche nei contratti a tempo indeterminato. L'analisi si sofferma su dati, differenze generazionali e dinamiche di inattività.

Il tasso di occupazione in Italia raggiunge il livello più alto mai registrato dalle serie storiche disponibili a partire dal 2004, toccando quota 62,7% nel mese di ottobre 2025 secondo stime ufficiali dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat). Il quadro delineato dai dati più aggiornati non sollecita soltanto riflessioni numeriche: indica un cambiamento nella struttura produttiva del Paese e sollecita analisi qualitative.

L’aumento degli occupati rappresenta una tendenza solida e trasversale per genere e modalità contrattuali, a testimonianza della resilienza e della dinamicità che continua a caratterizzare il mercato del lavoro nell’ultimo anno. Il dato assume ulteriore rilievo in relazione alla contemporanea riduzione del tasso di disoccupazione, che scende al 6%. Tale miglioramento non si limita all’insieme della forza lavoro, ma appare particolarmente evidente anche tra i giovani.

Anche l’analisi sul fronte degli inattivi restituisce un’immagine sostanzialmente stabile, con una percentuale fissata al 33,2%. Questo equilibrio rappresenta il risultato di andamenti opposti riscontrati tra diverse classi d’età: aumenta la quota di 15-34enni che non lavorano e non cercano impiego, mentre diminuisce tra i soggetti con almeno 35 anni. Questi dati, nel loro insieme, forniscono non solo un’indicazione di forza e dinamicità del mercato, ma suggeriscono nuovi scenari per la politica del lavoro e per la definizione di strategie occupazionali di medio e lungo termine.

Analisi dettagliata dell’aumento dell’occupazione e delle sue caratteristiche

La crescita degli occupati rilevata nel mese di ottobre 2025 incorpora elementi strutturali di particolare rilievo per la valutazione complessiva dello stato del lavoro in Italia. I dati diffusi da Istat evidenziano un incremento pari a 75mila unità solo nell’ultimo mese, equivalente a una variazione percentuale dello 0,3%. L’aumento coinvolge sia la componente maschile che femminile, mostrando segnali positivi sia tra lavoratori dipendenti che autonomi. Di contro, solo la fascia 25-34 anni segna una leggera flessione nel periodo considerato.

Rispetto a ottobre dell’anno precedente, il mercato del lavoro accoglie 224mila occupati in più (+0,9%), con una spiccata polarizzazione tra le fasce d’età. Si osserva infatti una tendenza positiva principalmente per chi ha almeno 50 anni, a differenza delle altre classi, che registrano cali o una sostanziale stabilità. Questo nuovo assetto demografico tra gli occupati suggerisce la necessità di politiche sempre più mirate e differenziate in base all’età.

Il rafforzamento degli occupati si riflette anche sulle diverse tipologie contrattuali, in particolare su quelli a tempo indeterminato. Gli ultimi dati segnalano un bilanciamento crescente delle forme contrattuali stabili, a conferma di una transizione che sta interessando sia il settore pubblico che quello privato. Parallelamente, la crescita dei contratti a tempo indeterminato contribuisce a consolidare la qualità occupazionale, offrendo maggiori garanzie e prospettive di stabilità. Secondo l’interpretazione degli analisti, tali numeri rispondono non solo alle strategie delle aziende, ma anche a spinte regolamentari e all’esigenza di garantire una migliore sostenibilità del sistema previdenziale.

Per facilitare una visione sintetica dei principali indicatori emersi nel mese di ottobre 2025, si presenta la seguente tabella:

Indicatore Valore ottobre 2025
Occupati 24.208.000
Tasso di occupazione (15-64 anni) 62,7%
Crescita mensile occupati +75.000
Aumento annuo occupati +224.000
Prevalenza contratti stabili In rafforzamento

Questi risultati si muovono in un contesto internazionale caratterizzato ancora da incertezze macroeconomiche e dalla costante necessità di adeguare le strategie di recruiting e formazione professionale alle nuove richieste del mercato. Si tratta di un’ulteriore conferma dell’adattabilità del sistema italiano e, al tempo stesso, della sua capacità di valorizzare il capitale umano presente sul territorio.

In tal senso, vanno sottolineati anche gli sforzi normativi e programmatici messi in campo dalle istituzioni italiane ed europee. Il quadro regolatorio risponde infatti alla duplice esigenza di incentivare contratti di lavoro stabili e di favorire politiche di inclusione, in linea con le indicazioni delle principali direttive comunitarie in materia di lavoro ed occupazione.

Disoccupazione e inattività: dati, differenze generazionali e tendenze a confronto

L’analisi dei dati relativi a disoccupati e inattivi completa il quadro generale e contribuisce ad approfondire le dinamiche sottese al raggiungimento dei valori record occupazionali.

Il calo della disoccupazione al 6% rappresenta uno degli elementi più significativi dell’ultimo semestre. Si tratta di una diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente, che coinvolge sia uomini che donne in modo uniforme. I dati ufficiali evidenziano come il numero di persone in cerca di lavoro sia diminuito di circa 59mila unità in un solo mese (-3,7%).

Particolarmente significativo appare il dato sulla disoccupazione giovanile, che scende al 19,8%, contro il 21,7% del mese precedente. Questa contrazione interessa tutte le fasce di età al di sotto dei 35 anni ed è più marcata tra i giovanissimi. La riduzione del fenomeno appare favorita anche dalla ripresa dell’offerta di contratti stabili e da interventi di sostegno mirati a promuovere la transizione scuola-lavoro.

L’indicatore dell’inattività, che rimane invariato al 33,2%, rivela la persistenza di aree dove permangono gli ostacoli all’accesso al mercato del lavoro. Pur essendo stabile su base mensile, il dato si compone di dinamiche opposte: l’aumento degli inattivi tra i 15-34enni e la diminuzione tra i 35enni e oltre. La sintesi di questi fenomeni suggerisce una polarizzazione tra chi si affaccia al mondo del lavoro e chi, invece, riesce a consolidare la propria posizione occupazionale.

  • Tra i giovani (15-34 anni): prevale una crescita dell’inattività, con riflessi sulla possibilità di accesso alle opportunità offerte dal mercato.
  • Tra i lavoratori over 35: si rileva una diminuzione degli inattivi, a vantaggio della continuità e stabilità occupazionale, soprattutto per chi beneficia di contratti a tempo indeterminato.
Interessante notare come queste tendenze differenziate si manifestino su tutto il territorio nazionale, con alcune aree maggiormente esposte al rischio di disoccupazione di lunga durata e inattività cronica. Sono in particolare le regioni meridionali a dover fare i conti con uno scarto più ampio rispetto ai valori medi nazionali, tanto da giustificare progetti mirati e politiche di incentivazione specifiche.

Sullo sfondo di questa articolata realtà, si inseriscono le misure di politica attiva previste a livello nazionale ed europeo, che puntano a ridurre le disparità generazionali e territoriali mediante strumenti come il Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+), le strategie di formazione continua e i piani di inserimento lavorativo per i soggetti svantaggiati.

Il confronto con il periodo corrispondente del 2024 registra una diminuzione del numero complessivo di disoccupati (-2,2%, pari a -34mila unità) e di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,4%, ovvero -171mila persone). Questo quadro restituisce quindi un sistema resiliente e orientato a una decisa ripresa, che tuttavia mantiene implicite le sfide correlate alle transizioni demografiche e professionali.

Nonostante il progresso nei principali indicatori, permangono questioni centrali in merito all’efficacia dell’attuale sistema di politiche attive, alla capacità delle imprese di attrarre e trattenere personale giovane e qualificato e alle strategie di ammodernamento dei servizi per il lavoro.