L'utilizzo della pay TV in bar, ristoranti e locali pubblici solleva questioni legali e pratiche tra abbonamenti personali, diritti d'autore, pirateria digitale e sentenze: un quadro complesso tra normative e nuove tecnologie.
L'impiego di servizi pay TV in ambienti come bar, ristoranti, pub e altri esercizi rappresenta una pratica ampiamente diffusa in Italia per la trasmissione di eventi sportivi come calcio, tennis o Formula 1. Tuttavia, la disciplina normativa che regola la fruizione di tali contenuti in contesti commerciali è complessa e soggetta a costanti aggiornamenti.
Le emittenti e i titolari dei diritti audiovisivi investono somme ingenti per assicurarsi l'esclusiva di importanti manifestazioni sportive, rendendo centrale la corretta gestione delle licenze di visione all'interno dei locali aperti al pubblico. Oltre agli obblighi contrattuali stabiliti direttamente dai fornitori dei servizi, occorre rispettare la normativa sul diritto d'autore, la quale protegge la comunicazione pubblica dei programmi televisivi e sottopone la trasmissione in ambiente collettivo a vincoli specifici.
Con il passaggio da tradizionali abbonamenti satellitari a piattaforme streaming, la regolamentazione vede ampliate le casistiche di controllo, chiamando gli esercenti a una maggiore attenzione per evitare sanzioni. In questo contesto il tema "Pay tv in un locale" si configura come centrale per gli addetti ai lavori, che devono bilanciare esigenze di accessibilità e rispetto delle regole.
In Italia, la Legge sul diritto d'autore (Legge 633/1941) conferisce ai detentori dei diritti sportivi il potere esclusivo di autorizzare ogni forma di comunicazione al pubblico. Quando un esercizio pubblico trasmette calcio, tennis o Formula 1 usando un abbonamento personale, non si tratta di semplice visione privata, bensì di diffusione illegittima, perché l'ambiente pubblico trasforma ogni contenuto in un atto soggetto a licenza.
Anche se il gestore del locale non incassa un biglietto, l'atto rimane disciplinato e vietato: non è il tornaconto diretto che lo autorizza, ma l'ambiente di fruizione, che richiede un titolo esplicito per locali. Un esempio pratico lo offre l'ordinanza cautelare del Tribunale di Bologna, che ha sancito l'illegittimità dell'uso di un abbonamento residenziale DAZN in un bar, imponendo lo spegnimento del decoder e applicando penali per ciascuna trasmissione non autorizzata .
L'argomentazione secondo cui “non essendoci scopo di lucro, l'uso del mio account personale sarebbe permesso” è affatto convincente. Il fulcro della questione è l'uso improprio di un contratto pensato per la visione domestica, in contrasto con l'uso pubblico.
In piena conformità con la normativa, proprio questo delicato confine è stato irradiato dalla legge: l'articolo 171-ter, che punisce la diffusione illecita di opere protette, entra in campo soprattutto a fini di lucro, ma anche quando questo elemento manca, restano in piedi la violazione del contratto sottoscritto col fornitore e la possibilità di attivare azioni civili e penali per concorrenza sleale o danno economico. In molti casi, i tribunali non hanno atteso una finalità di lucro per intervenire; hanno ritenuto sufficiente il fatto che l'uso fosse pubblico e non conforme ai termini contrattuali .
Quando si vogliono trasmettere eventi sportivi come incontri di Serie A, gare di Formula 1 o partite di tennis, l'unica strada legittima è dotarsi di un abbonamento business, disegnato per locale e con caratteristiche tecniche e giuridiche diverse da quelli personali. Ad esempio, Sky Business destina pacchetti dedicati agli esercizi pubblici - includendo Serie A (pacchetto Enilive), Champions League, Europa League, Europa Conference League e Formula 1 - offrendo un contratto specifico che legittima la comunicazione al pubblico.
In analoga maniera, DAZN For Business fornisce un decoder professionale e richiede requisiti di rete adeguati, configurando un'offerta creata su misura per l'uso in locali come bar, ristoranti e palestre. Entrambi i servizi non sono semplicemente versioni “più costose” degli abbonamenti casalinghi, ma contratti strutturati in modo da coprire legittimamente la fruizione collettiva .
Anzi, una novità degna di nota è rappresentata dall'intesa siglata tra SIAE e Sky nel 2024, che ha istituito un meccanismo di controlli rivolto ai locali: gli incaricati possono verificare sul posto se l'abbonamento utilizzato sia effettivamente un Sky Business, e nel caso contrario emettere diffide, ordinare il blocco della proiezione e, nei casi più gravi, attivare sanzioni. Questo accordo ribadisce con forza che l'abbonamento personale non ha alcun titolo legale per essere utilizzato in una struttura aperta al pubblico.