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Perchè il debito mondiale è quasi più alto del Pil? Le conseguenze con un focus particolare sull'Italia

di Marcello Tansini pubblicato il
debito mondiale e pil

Il debito mondiale supera il Pil globale, sollevando interrogativi sulla sostenibilità economica. Analisi delle cause, dei Paesi più esposti, dei rischi per emergenti e delle possibili soluzioni secondo gli organismi internazionali. E un focus sull'Italia.

Gli ultimi dati pubblicati dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) evidenziano una tendenza che vede il debito aggregato degli Stati ormai prossimo a superare la ricchezza prodotta annualmente a livello globale, misurata dal Pil.


Questa situazione accende l’attenzione su rischi mai così intensi per l’equilibrio fiscale e finanziario mondiale.

La domanda centrale rimane: quanto è sostenibile un sistema in cui la spesa aggregata supera costantemente l’effettiva produzione di ricchezza?

Le ragioni dell’aumento del debito mondiale: spesa pubblica, deficit e nuove sfide

L’espansione del debito pubblico globale ha radici in una molteplicità di fattori strutturali e ciclici. L’accumulo di deficit anno dopo anno è stato alimentato dalla necessità di sostenere investimenti pubblici, spesa sociale e iniziative per la crescita, ma negli ultimi tempi questa dinamica si è intensificata.

In particolare:

  • Difesa e dinamiche geopolitiche: negli ultimi anni i governi hanno ampliato le spese militari per affrontare le crescenti tensioni globali.
  • Cambiamento climatico ed emergenze: catastrofi e politiche di transizione ecologica richiedono ingenti impegni finanziari.
  • Innovazione tecnologica e digitalizzazione: l’adeguamento delle infrastrutture e il sostegno alla competitività comportano costi elevati.
  • Invecchiamento della popolazione: gli squilibri demografici aumentano la spesa pensionistica e sanitaria in molte economie mature.
Parallelamente, la volontà politica di evitare misure impopolari rende difficile sia introdurre nuove tasse sia tagliare servizi. Questo circolo vizioso ingenera una “mancanza di coraggio” legislativo, che sfocia in una spesa pubblica spesso non selettiva e in continua espansione, come sottolinea il FMI. 

I Paesi più indebitati: confronto tra Stati Uniti, Italia, Francia e altri casi emblematici

La crescita del debito pubblico si manifesta con particolare evidenza in alcune delle più grandi economie avanzate. Un’analisi comparativa mostra le attuali proporzioni rispetto al Pil in alcuni Paesi emblematici, sintetizzate nella tabella seguente:

Paese Debito/Pil % 2029 (stima FMI)
Stati Uniti 140,1
Italia 137,7
Francia 129,4
Giappone oltre 200
Regno Unito oltre 100
Germania < 74
Grecia 132,9

Gli Stati Uniti sono destinati a superare la soglia del 140% entro il 2029, invertendo la storica posizione in cui l’Italia deteneva il primato del debito tra le principali economie occidentali. Anche la Francia si sta avvicinando a livelli di indebitamento molto elevati.

Il Giappone rimane un caso a sé, con un rapporto debito/Pil che supera abbondantemente il 200%. In controtendenza emerge la Germania, che mantiene la situazione sotto controllo, e la Grecia, che dopo una fase acuta di crisi sta riuscendo a ridurre progressivamente il proprio indebitamento. 

Debito pubblico nei Paesi emergenti e a basso reddito: vulnerabilità e rischi di insolvenza

Mentre le economie avanzate riescono spesso a prolungare situazioni di elevato indebitamento grazie a mercati finanziari maturi, nei Paesi emergenti e a basso reddito la situazione è più delicata.

Pur presentando mediamente livelli di debito inferiori al 60% del Pil, oltre 55 nazioni sono considerate a rischio di insolvenza dal FMI.

Per queste realtà, la scarsità di risorse finanziarie e la maggiore dipendenza da creditori esteri accrescono l’instabilità, rendendo difficile la gestione sia in tempi normali sia in caso di shock finanziari.

Costi e implicazioni: impatto dei tassi d’interesse e rischi di instabilità finanziaria

L’epoca dei tassi prossimi allo zero è ormai superata e il servizio del debito incide in modo crescente sui bilanci degli Stati.

L’incremento dei tassi d’interesse deciso dalle principali banche centrali per contrastare l’inflazione ha già prodotto una crescita sensibile dei costi di rifinanziamento, prosciugando margini di manovra nei bilanci pubblici

Secondo il FMI, questa evoluzione accentua i rischi di squilibri fiscali e volatilità finanziaria, minacciando la stabilità anche nelle economie considerate più solide.

Le soluzioni secondo il Fondo Monetario Internazionale: efficienza, investimenti e riforme

L’istituzione di Washington indica una strategia precisa per affrontare i rischi legati all’espansione del debito mondiale:

  • Efficienza nella spesa pubblica: ridurre gli sprechi e migliorare la qualità dell’allocazione delle risorse.
  • Investimenti produttivi: spostare parte della spesa corrente su investimenti in capitale umano, istruzione e infrastrutture.
  • Riforme istituzionali: rafforzare la trasparenza, combattere la corruzione e digitalizzare la finanza pubblica.
  • Stabilizzazione dei sistemi pensionistici e sanitari: ottimizzare i costi liberando risorse da destinare a settori ad alto impatto sulla crescita.
  • Rafforzamento del dialogo pubblico-privato: coinvolgere investitori privati nei grandi progetti senza scaricare sui bilanci pubblici rischi eccessivi.
Le simulazioni del FMI indicano che una riallocazione dell’1% del Pil dalla spesa non produttiva agli investimenti potrebbe incrementare sensibilmente la crescita, soprattutto nei Paesi emergenti. Tuttavia, l’attuazione di queste strategie richiede volontà politica, disciplina nei conti pubblici e una solida base di consenso sociale.

Il caso italiano: declassamento del debito e disciplina fiscale a confronto con la scena globale

L’Italia si trova a fronteggiare una delle situazioni più delicate, con un debito prossimo al 138% del Pil che, secondo il FMI, comincerà una lenta discesa solo dopo il 2028. Il Paese ha mostrato negli ultimi anni una certa disciplina di bilancio, riuscendo a contenere l’aumento del proprio indebitamento a livelli nettamente inferiori rispetto a quelli registrati negli Stati Uniti o in Francia tra il 2019 e il 2023.

Nonostante i segnali positivi evidenziati dai mercati e dalle principali agenzie di rating, rimangono le criticità legate sia alla rigidità della struttura fiscale sia agli effetti dell’inflazione su salari e potere d’acquisto.

Il confronto internazionale mostra come l’Italia non sia più il caso isolato d’Europa, ma debba continuare a mantenere una prudente politica dei conti pubblici per evitare di essere travolta dalle turbolenze innescate dalle derive di altri debitori. 

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