Il processo di apertura al mercato del capitale di Poste Italiane ha assunto, negli ultimi anni, una valenza strategica sia per l’evoluzione dell’azienda che per l’intero sistema economico nazionale. Dopo una quotazione in Borsa avvenuta nel 2015, l’ente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e dalla Cassa Depositi e Prestiti (CDP) si prepara ad affrontare una nuova fase di parziale dismissione pubblica. Il progetto, lungamente discusso e oggetto di interesse anche da parte della stampa internazionale e degli investitori istituzionali, prevede la cessione di una partecipazione nel corso del 2026. Questo scenario apre interrogativi sulle motivazioni, le modalità e gli impatti che l’operazione potrebbe avere su mercato finanziario, lavoratori e territorio, in uno scenario globale di ridefinizione dei rapporti tra Stato e grandi corporate nazionali.
Il contesto attuale: struttura societaria e risultati finanziari di Poste Italiane
Poste Italiane si presenta oggi come un gruppo altamente diversificato e solidamente radicato nel panorama industriale italiano. Attualmente, il 64,3% del capitale rimane nelle mani pubbliche: il MEF detiene il 29,26%, mentre la CDP, controllata a sua volta dal MEF, possiede oltre il 35%. Questa configurazione permetterà al governo di mantenere la governance dell’azienda anche successivamente a una nuova tranche di privatizzazione.
La solidità della struttura societaria è supportata da risultati finanziari di assoluto rilievo. Nel 2024, il gruppo ha conseguito ricavi record per 12,6 miliardi di euro (+5% rispetto all’anno precedente), con un risultato operativo (Ebit) di 2,96 miliardi (+13%) e un utile netto di 2 miliardi (+4,1%). Questi risultati hanno permesso di incrementare il dividendo per azione a 1,08 euro, anticipando di due anni l’obiettivo iniziale fissato per il 2026, e portando il totale dei dividendi distribuiti dal 2015 a oltre 7 miliardi.
L’azienda ha inoltre dimostrato notevoli capacità di adattamento e innovazione nelle sue quattro business unit:
- Pacchi: ricavi a 3,84 miliardi e incremento dei volumi consegnati da 256 a 308 milioni di unità.
- Servizi finanziari: ricavi a 5,5 miliardi, Ebit 900 milioni.
- Servizi assicurativi: ricavi a 1,6 miliardi.
- Pagamenti: ricavi in forte crescita, 1,6 miliardi (+9,5%).
L’ingresso nel capitale di Tim (
24,8% detenuto da Poste, dopo successive acquisizioni) rappresenta una svolta strategica, ponendo il gruppo al centro della convergenza tra servizi postali, finanziari e telco, con forti prospettive di sinergia e sviluppo futuro.
Le motivazioni dietro la cessione di una quota nel 2026
L’orientamento verso la vendita di una nuova quota di partecipazione si inserisce in una più ampia strategia di razionalizzazione degli asset pubblici. Le ragioni sono molteplici e intrecciano esigenze finanziarie, industriali e di attrattività per gli investitori esteri. In particolare:
- Sostenere i conti pubblici: la cessione, stimata per un 14-15% del capitale, potrebbe generare oltre 3,8 miliardi di euro, contribuendo al programma triennale di privatizzazioni (pari all’1% del PIL) promesso a Bruxelles.
- Ottimizzare il controllo pubblico: l’attuale quota in mano a Tesoro e CDP risulta ridondante rispetto alle esigenze industriali, e la riduzione non comprometterà il controllo strategico, mantenendo la soglia del 50% più un’azione.
- Valorizzare l’azienda sul mercato: una maggiore apertura può rafforzare il flottante azionario e attrarre capitali esteri, in un contesto favorevole caratterizzato dal calo dello spread e da una maggiore attenzione delle agenzie di rating ai progressi dell’Italia.
- Favorire nuove strategie di crescita: la parziale dismissione consente una più ampia flessibilità gestionale e una migliore allocazione delle risorse verso settori a maggiore valore aggiunto, come il digitale, l’e-commerce e le telecomunicazioni.
L’attenzione dei vertici istituzionali, manifestata negli incontri con operatori finanziari globali, conferma la volontà di massimizzare il valore dell’operazione, anche attraverso tempistiche studiate per cogliere il massimo dal boom borsistico registrato negli ultimi trimestri.
Tempistiche e modalità previste per la privatizzazione
Il programma per la cessione di una percentuale minoritaria di Poste Italiane prevede una serie di passaggi tecnici e calendarizzati, stabiliti dopo il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del settembre 2024. I principali elementi sono:
- Quota cedibile fino al 14-15%, per non scendere sotto la soglia del controllo pubblico.
- Modalità di dismissione tramite "accelerated bookbuilding", già adottata per altri processi di privatizzazione: prevede il collocamento presso investitori qualificati, riducendo il rischio di volatilità eccessiva delle quotazioni.
- Calendario orientato al 2026, dopo aver sospeso nel 2025 il processo di approvazione del prospetto presso la Consob e in attesa del completamento di importanti strategie industriali, come il rafforzamento nella partecipazione in Tim.
- Tempistiche flessibili per consentire la massimizzazione dell’incasso, tenendo conto delle performance azionarie e dello scenario macroeconomico. Le finestre di collocamento dipenderanno dall’andamento dei mercati e dalla capacità dell’azienda di mantenere i livelli di crescita e redditività.
Questa modalità privilegia
rapidità ed efficienza, minimizzando l’impatto sui prezzi delle azioni e favorendo l’ingresso di investitori di lungo periodo nel capitale dell’azienda.
Impatto sul titolo in Borsa e sulla capitalizzazione
L’andamento delle azioni di Poste Italiane negli ultimi anni ha mostrato trend di crescita senza precedenti, con un aumento superiore al 150% sotto la guida degli ultimi governi e una capitalizzazione prossima ai 27 miliardi.
L’annuncio di una nuova quota destinata alla vendita ha stimolato l’interesse degli investitori, spingendo il titolo oltre i 14 euro – un livello mai visto dal debutto nel 2015. In prospettiva, l’operazione avrà effetti differenziati:
- Nel breve, possibili pressioni ribassiste dovute all’immissione sul mercato di nuove azioni. Tuttavia, l’uso dell’accelerated bookbuilding mitigherà la volatilità, limitando la diffusione a soggetti selezionati e qualificati.
- Nel medio-lungo periodo, aumento del flottante e liquidità del titolo, con riflessi positivi sulla formazione dei prezzi e sull’attrattività per investitori internazionali.
- La scelta del timing si fonda su dati di crescita solidi e sulla necessità di evitare "svendite" protratte da condizioni di mercato sfavorevoli.
La più ampia distribuzione delle azioni sul mercato favorirà transazioni più veloci e prezzi più efficienti, rafforzando il posizionamento del gruppo in Piazza Affari.
Effetti della privatizzazione sui conti pubblici e sull’economia italiana
La cessione di una quota minoritaria rappresenterà una voce rilevante per le finanze pubbliche italiane. Gli incassi stimati, oltre 3,8 miliardi di euro, rivestiranno un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi di bilancio presentati dal governo alla Commissione europea, contribuendo al piano di razionalizzazione degli asset statali avviato dal 2023.
L'ingresso di nuovi capitali privati:
- Migliorerà il profilo di attrattività dell’Italia agli occhi degli investitori stranieri, favorendo inflow di capitali e consolidando la fiducia nel sistema economico nazionale.
- Sosterrà il processo di modernizzazione e crescita dell’impresa, grazie alla possibilità di reinvestire le risorse derivanti dalla vendita in settori innovativi e strategici.
- Favorirà la competitività sui mercati internazionali, permettendo a Poste Italiane di rafforzare ulteriormente la sua posizione anche fuori dai confini nazionali.
Si tratta, in sintesi, di un’operazione che, se gestita con equilibrio e trasparenza, potrà dare slancio non solo all’azienda ma anche all’intero “Sistema Italia”, contribuendo alla crescita del PIL e al consolidamento della reputazione finanziaria del Paese.
Le strategie di crescita e la partecipazione in Tim
Negli ultimi mesi, Poste Italiane si è distinta per un accresciuto dinamismo nelle strategie di crescita e consolidamento industriale. L’acquisizione del 24,8% di Tim (partecipa zione ottenuta progressivamente attraverso accordi con Vivendi e CDP) rappresenta una svolta chiave, restituendo la compagnia telefonica a capitale prevalentemente italiano e aprendo nuovi scenari di sinergia con i servizi del gruppo postale.
Gli obiettivi di questa strategia includono:
- Integrazione fra le infrastrutture di rete di Tim e i servizi di Poste Mobile, consentendo una gestione più efficiente e competitiva dei servizi di telefonia e connessione.
- Sviluppo di nuove offerte integrate nei comparti finanziari, assicurativi e dei pagamenti digitali.
- Incremento degli investimenti in tecnologia e cloud, con impatti positivi sull’innovazione di prodotto e sulla qualità del servizio offerto alla clientela.
Questa convergenza tra settori tradizionalmente distinti, è destinata a rendere Poste una delle realtà più resilienti e dinamiche nel contesto europeo delle multi-utility.
Dibattito sociale e sindacale: effetti su lavoratori e territorio
Mentre la prospettiva della privatizzazione accende l’interesse degli ambienti finanziari, crescono le preoccupazioni tra i lavoratori e i rappresentanti sindacali. I recenti piani di riorganizzazione hanno già portato alla riduzione di 400 zone di recapito e alla chiusura di 51 sale consulenza, con impatti diretti sull’occupazione e sull’efficienza del servizio.
Le principali criticità sollevate:
- Tagli al personale sia negli uffici postali che nei servizi di recapito, con conseguente aumento dei carichi di lavoro e perdita di posti.
- Preoccupazione per il mantenimento del servizio universale, soprattutto nelle aree meno servite del Paese.
- Temporanea incertezza riguardo al futuro contrattuale dei dipendenti, con mobilitazioni sindacali e scioperi promossi da Slc Cgil e Uilposte.
Le organizzazioni dei lavoratori sottolineano la necessità di salvaguardare
il ruolo sociale che Poste ha sempre avuto, in particolare per le fasce più deboli e i territori svantaggiati, chiedendo attenzione nella definizione delle nuove strategie industriali post-privatizzazione.