Airbnb in Italia vive una fase di rapidi cambiamenti: crescita, nuove regole, impatto sul mercato immobiliare e sul tessuto urbano. Pro e contro per i proprietari, opinioni a confronto tra opportunità e criticità emergenti.
L'andamento Airbnb in Italia 2025 è fotografato da significativi mutamenti dovuti sia all'evoluzione del mercato sia all'entrata in vigore di nuove normative. La piattaforma ha rivoluzionato il settore degli affitti brevi, contribuendo ad ampliare l'offerta e a modificare gli equilibri tra locazioni residenziali e turistiche. Negli ultimi mesi è stato però rilevato, per la prima volta dopo la pandemia, un calo dell'offerta nelle principali città italiane, segno di un riassestamento del comparto.
Firenze, Roma e Milano hanno registrato una contrazione vistosa degli annunci attivi, dati in linea con una crescente attenzione verso le regole sulla sicurezza e la trasparenza degli host. Una complessa interazione tra domanda, evoluzione delle piattaforme e nuovi obblighi normativi caratterizza oggi il mercato degli affitti brevi, con conseguenze tangibili sulla redditività dei proprietari e sulle dinamiche abitative urbane.
Nel corso dell'ultimo decennio, l'Italia ha assistito a una crescita rilevante nel comparto degli affitti brevi turistici. Secondo dati recenti, nel 2024 si contano oltre 754.000 unità attive sulle piattaforme, un incremento del 52% rispetto al 2017. Tuttavia, la distribuzione è fortemente disomogenea: le aree metropolitane e le località a forte vocazione turistica, come Roma, Milano e Firenze, concentrano circa un quarto del totale degli annunci. Nel dettaglio, la capitale vanta 47.000 unità, Milano 38.000 e Firenze 17.000. Non mancano però segnali di crescita nelle città del sud, con variazioni percentuali superiori al 90% a Bari e Catania.
La geografia degli Airbnb premia i centri storici e i quartieri con alta accessibilità o attrattive turistiche, mentre lo sviluppo nelle periferie è più contenuto. La redditività, calcolata sui ricavi medi per unità, si è attestata a 11.700 euro nel 2024, mentre nel 2017 era poco superiore a 5.000 euro. Gli host che gestiscono più immobili hanno visto crescere i loro ricavi fino a superare i 25.000 euro annui in media. Il comparto ha generato un giro d'affari da 8,8 miliardi, il che riflette un progressivo avvicinamento al modello imprenditoriale. I numeri raccontano che:
Anno |
Unità attive |
Ricavo medio/unità (€) |
2017 |
494.000 |
5.200 |
2024 |
754.000 |
11.700 |
A fronte della crescita, nel 2025 si assiste a una diminuzione degli annunci nelle città maggiori: tra gennaio e febbraio oltre 8.000 unità sono state ritirate dai portali. Le nuove disposizioni normative e il consolidamento della concorrenza tra piattaforme come Booking.com hanno influito sugli equilibri del mercato e sulla strategia dei proprietari.
L'introduzione del Codice Identificativo Nazionale (CIN), resa obbligatoria dal decreto-legge 145/2023, rappresenta il tentativo di assicurare trasparenza e tracciabilità a tutte le strutture destinate a locazione turistica. Dal gennaio 2025 ogni annuncio deve riportare il proprio codice univoco, pena la rimozione dalla piattaforma. Il provvedimento si inserisce all'interno di un percorso normativo volto a contrastare fenomeni di abusivismo e a tutelare ospiti e comunità locali. Al 14 marzo 2025 si contano circa 519.000 CIN rilasciati, confermando una copertura pari all'85% delle strutture registrate.
Oltre alla registrazione, sono stati introdotti nuovi obblighi in materia di sicurezza, inclusi estintori portatili e rilevatori di monossido, con l'obiettivo di equiparare gli standard degli affitti brevi a quelli delle strutture alberghiere. L'adozione di queste misure ha comportato incrementi nei costi di adeguamento, scoraggiando una parte dei piccoli proprietari. La recente circolare che impone la verifica dell'identità degli ospiti al check-in, vietando le keybox, ha ulteriormente aumentato la complessità gestionale, richiedendo maggiore presenza fisica e investimenti in sistemi di sicurezza più avanzati. Molte amministrazioni locali, come nel caso di Firenze, hanno introdotto ulteriori limitazioni per tutelare il tessuto urbano e residenziale.
L'identità degli host degli Airbnb è drasticamente cambiata nell'arco degli ultimi anni. Oggi la maggior parte delle unità offerte sulle piattaforme è gestita da singoli proprietari, ma cresce la quota di grandi operatori ed agenzie specializzate. Nel 2024, solo il 1,3% degli host gestisce più di dieci immobili, ma questa categoria controlla il 25% dell'offerta totale, con una media di 42 immobili ciascuno. Questi "large host" sono responsabili del 37% del giro d'affari complessivo, grazie a prestazioni superiori in termini di tariffa media (235 euro/notte contro 137 degli host tradizionali) e tasso di occupazione più alto (40% contro 29%).
Il mercato si sta orientando verso una struttura sempre più imprenditoriale, dove aziende e startup offrono servizi integrati che vanno dalla gestione operativa alla promozione online. Le agenzie garantiscono procedure standard, servizi personalizzati e possibilità di fidelizzazione della clientela, avvicinando il settore agli standard alberghieri. L'incremento della professionalizzazione facilita l'adempimento dei nuovi obblighi normativi e aiuta a mantenere elevata la qualità dell'offerta. Tuttavia, la concentrazione delle gestioni nelle mani di pochi grandi operatori può influenzare indirizzi di prezzo e ridurre la concorrenza tra piccoli proprietari.
L'espansione di Airbnb ha avuto un impatto diretto sia sulla disponibilità di abitazioni per residenti sia sulla dinamica dei prezzi immobiliari. Svariate analisi mostrano una correlazione tra la crescita di unità offerte su Airbnb e l'aumento dei canoni medi, che a Milano sono passati da 14,7 a 23,4 euro/mq in dieci anni. Studi accademici, come quelli citati dal centro studi Tortuga, stimano che a ogni aumento dell'1% dell'offerta breve corrisponda circa un 5-7% di aumento dei prezzi degli affitti e dei valori di vendita.
La redditività degli affitti brevi resta significativa rispetto agli affitti tradizionali: nel 2024 il ricavo medio annuo per unità supera dell'80% quello delle locazioni residenziali standard. Tuttavia, il settore è caratterizzato da rischi crescenti. I proprietari devono affrontare costi aggiuntivi derivanti da adeguamenti normativi, maggiore tassazione, manutenzione degli immobili e possibile saturazione del mercato nei periodi di bassa stagione. Il rischio di calendarizzazione vuota è aumentato dall'incertezza dei flussi turistici e dalla concorrenza agguerrita tra piattaforme e operatori.
Tra i vantaggi figurano:
Il dibattito sugli affitti brevi si caratterizza per una netta contrapposizione tra interessi. Proprietari e gestori lamentano eccessiva burocrazia, incertezza fiscale e oneri sproporzionati rispetto alle alternative del mercato tradizionale. Molti sottolineano che la preferenza per la locazione breve nasce anche dalla difficoltà di tutela legale contro inquilini morosi e dalla lentezza dei processi di sfratto in Italia.
Tra i residenti, soprattutto nei centri storici e nei quartieri turistici, cresce il malcontento per il via vai di visitatori, il calo dell'offerta di alloggi a prezzi accessibili e la perdita di coesione nel tessuto sociale. Proteste simboliche, come la copertura delle key box a Firenze, e azioni collettive denunciano l'impatto negativo degli affitti brevi sulla qualità della vita urbana. Il confronto tra posizioni resta acceso anche a livello politico, alimentato dall'urgenza di trovare un equilibrio tra valorizzazione turistica e diritto alla casa.