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Quadri e stipendi, quanto hanno perso realmente di potere di acquisto negli ultimi anni secondo nuovi studi

di Marcello Tansini pubblicato il
Ultimi anni secondo nuovi studi

Negli ultimi anni, quadri e lavoratori hanno subito una erosione del potere d'acquisto a causa di inflazione, politiche fiscali e disparità. Dati, trend europei, cause e possibili soluzioni per il futuro.

L'incremento del costo della vita, specialmente tra il 2020 e il 2023, ha inciso sulla capacità di spesa di tutte le categorie professionali, con effetti marcati per le fasce dei quadri e per i percettori di stipendi fissi. Questa erosione della ricchezza non è stata pienamente compensata dagli aumenti salariali e dalle più recenti riforme fiscali, accentuando un senso di insicurezza economica diffuso.

I più recenti studi sottolineano come, nonostante gli interventi di politica economica, le retribuzioni abbiano subito in termini reali una riduzione, superando in diversi casi il 7% rispetto al periodo pre-pandemico. Tale tendenza è evidenziata dai dati OCSE e ISTAT, che certificano una difficoltà crescente nel recuperare il potere di acquisto perduto. La questione sta assumendo dimensioni sistemiche, coinvolgendo anche settori un tempo considerati immuni alle crisi salariali, con evidenti ricadute sulla coesione sociale e sulle prospettive di crescita del Paese.

Evoluzione di stipendi, salari reali e potere d'acquisto dal 2020 al 2025

Se da un lato le buste paga sono cresciute in termini nominali, dall'altro il potere di acquisto si è ristretto per effetto di una dinamica inflazionistica particolarmente intensa nei bienni 2021-2022 e 2022-2023. Il periodo vede un'inflazione cumulata superiore al 19%, secondo gli indici ISTAT, mentre l'incremento medio delle retribuzioni si è attestato sul 3,5% annuo nel 2024, con una previsione di ulteriore crescita nominale analoga nel 2025. Tuttavia, l'aumento reale - cioè depurato dall'incremento dei prezzi - rimane al di sotto del fabbisogno delle famiglie: solo il 2,4% nel 2024, in calo all'1,9% previsto per il 2025:

  • Secondo l'Osservatorio WTW, dal 2021 al 2024 i quadri hanno visto una progressione delle retribuzioni del 12%, i dirigenti del 16%, gli impiegati dell'8%. Tuttavia, sono stati largamente superati dall'aumento del costo della vita.
  • I dati OCSE sottolineano come i salari reali in Italia registrino un -7,5% rispetto al 2021, posizionando il Paese agli ultimi posti tra le maggiori economie avanzate.
Il valore reale delle retribuzioni del comparto privato a marzo 2025 risulta ancora inferiore di circa l'8% rispetto a gennaio 2021. Alcuni settori, come industria alimentare o metalmeccanico, hanno beneficiato di recuperi parziali, mentre servizi privati e pubblica amministrazione mostrano gap ancora maggiori. Inoltre, la durata dell'attesa per i rinnovi contrattuali si riduce, ma quasi metà dei dipendenti italiani è coinvolta in trattative non ancora concluse:

Anno

Incremento Stipendi (%)

Inflazione (%)

Crescita reale (%)

2021

3,1

5,9

-2,8

2022

5,4

8,1

-2,7

2023

3,3

5,6

-2,3

2024

3,5

1,1

2,4

2025 (previsione)

3,5

1,6

1,9

Quadri: quanto e come si è ridotto il potere d'acquisto. Dati, settori e trend

I dati sulle retribuzioni dei quadri mettono in evidenza una perdita di potere di acquisto tra le più significative nel sistema economico nazionale. Benché tra il 2021 e il 2024 i quadri abbiano registrato una crescita salariale del 12%, tale aumento non è stato sufficiente a sostenere il livello di benessere pre-pandemico. Analisi di settore riportano come gli incrementi salariali siano stati più marcati in ambiti come pharma, healthcare e consumer goods, dove la crescita della componente variabile (bonus, incentivi) è arrivata fino a +5,9% nell'ultimo anno. Tuttavia, comparti come l'automotive hanno segnato incrementi fermi al 3,9%, risentendo di crisi di mercato endogene.

  • La stratificazione degli aumenti resta eterogenea: nel comparto finanziario e assicurativo, i quadri registrano una crescita superiore alla media, ma sono anche quelli dove il gender pay gap è più alto (oltre 20%).
  • Il quadro che emerge dalle tabelle di sintesi mostra come le categorie intermedie - tra impiegati e dirigenti - siano esposte a un rischio più elevato di erosione del salario reale.
Categoria

Aumento 2021-2024 (%)

Gender Pay Gap (%)

Dirigenti

16

9,6

Quadri

12

11

Impiegati

8

12,1

Neolaureati

5

n/d

Da evidenziare anche l'impatto dei rinnovi contrattuali, che per alcuni comparti sono risultati più tempestivi, consentendo di limitare le perdite. Tuttavia, la percentuale di quadri coinvolti in contratti ancora da aggiornare resta elevata, contribuendo ad un quadro di stagnazione complessiva.

Le cause della perdita del potere d'acquisto: inflazione, tassazione e riforme fiscali

La riduzione della capacità di spesa delle fasce intermedie e medio-alte è imputabile a una serie di concause. L'inflazione è stata il principale fattore, con picchi che nel 2022 e 2023 hanno superato la crescita delle retribuzioni. Influiscono anche il cuneo fiscale, tra i più elevati d'Europa, e l'aumento dei contributi previdenziali nel tempo:

  • Riforme fiscali recenti, come la revisione dell'IGR, hanno generato un aggravio sui redditi medio-bassi e medio-alti, incidendo in particolare sui quadri che si trovano spesso nella fascia più penalizzata dal sistema progressivo.
  • L'adeguamento dei contratti collettivi non è stato sufficiente a compensare l'impatto dell'inflazione, soprattutto per coloro che hanno subito un rallentamento nei rinnovi, come avvenuto in edilizia, servizi privati e pubblica amministrazione.
  • L'aumento dei contributi ISS e FONDISS su un decennio (dal 3,4% al 6,5%) va a erodere ulteriormente il salario netto, con un aumento previsto a regime entro il 2029.
Le indennità una tantum o i bonus governativi, come il recente “bonus Giorgetti” per chi rimanda la pensione, sono strumenti parziali che non risolvono le criticità strutturali. L'aumento delle imposte locali e delle addizionali IRPEF grava ulteriormente sugli stipendi, rendendo difficile un recupero duraturo del potere di acquisto.

Il confronto europeo: Italia e Paesi UE tra salari e inflazione

Lo scenario europeo dimostra forti differenze tra Paesi, sia in termini di recupero salariale reale che di competitività dei salari rispetto all'inflazione. Nel 2024 l'Italia si è posizionata al di sotto della media UE sia per quanto riguarda la crescita delle retribuzioni che il recupero post-pandemico:

Paese

Crescita mediana retribuzioni (%)

Inflazione (%)

Crescita reale (%)

Italia

3,5

1,1

2,4

Belgio

3,5

3,5

0

Paesi Bassi

6,0

2,7

3,3

Germania (2025 prev.)

2,9

n/d

2,9

Spagna (2025 prev.)

1,4

n/d

1,4

Paesi con un tessuto industriale più dinamico, una pubblica amministrazione più efficiente e politiche di supporto al reddito hanno saputo recuperare quasi del tutto i gap inflattivi. In Italia, invece, la rigidità dei rinnovi e una produttività stagnante accentuano il divario:

  • L'Italia ha un salario medio inferiore di circa il 45% rispetto alla Germania, mentre è inferiore del 18% rispetto alla Francia.
  • La mancanza di un salario minimo legale - a differenza di Francia, Germania e Spagna - fa sì che la contrattazione resti il principale strumento di tutela, ma senza effetti realmente uniformi su tutto il mercato del lavoro.

Contrattazione collettiva e rinnovi contrattuali: una risposta sufficiente?

La contrattazione collettiva rappresenta il principale meccanismo di tutela salariale per la maggioranza dei lavoratori italiani, in assenza di un salario minimo nazionale. Nel solo primo trimestre 2025 sono stati rinnovati nove contratti nazionali che coprono circa 6,9 milioni di lavoratori (52,7%):
  • Dal 2021, le rivalutazioni contrattuali si sono rivelate non sufficienti a recuperare la perdita causata dall'inflazione.
  • Il tempo di attesa medio per un rinnovo resta elevato (oltre 10 mesi) e, in alcuni settori, supera i 20 mesi, compromettendo la tempestività degli aumenti retributivi.
Malgrado i recenti rinnovi nei settori industria e artigianato abbiano contenuto parte delle perdite, la situazione nel pubblico impiego e nei servizi rimane critica. La retribuzione oraria media è cresciuta del 3,9% nel primo trimestre 2025, ma le retribuzioni contrattuali reali di marzo 2025 restano inferiori di circa l'8% rispetto a gennaio 2021. L'assenza di automatismi e la mancanza di adeguamenti alla produttività perpetuano un sistema poco resiliente agli shock economici.

L'analisi delle disuguaglianze retributive rivela un quadro in cui i gap di genere, territoriali e generazionali permangono o si accentuano. Il gender pay gap tra quadri si attesta all'11%, con punte massime nel settore finanziario e dell'automotive, dove supera il 20%. A livello territoriale, le differenze di stipendio medio tra Nord e Sud sfiorano i 3.700 euro annui, penalizzando soprattutto i giovani e le donne residenti nel Mezzogiorno:

  • La RAL media per i lavoratori under 30 resta su livelli inferiori rispetto alla generazione degli over 45, mentre il tasso di occupazione femminile è ancora distante da quello maschile (56,5% contro 76%).
  • I più giovani e le nuove generazioni, pur in crescita dal punto di vista dell'istruzione, incontrano maggiori difficoltà di accesso a posizioni remunerative equiparabili a quelle dei colleghi senior.
Persistono, infine, le disuguaglianze tra settore pubblico e privato, con un gap significativo tra comparti ad alta intensità di capitale umano e comparti tradizionali. L'erosione del potere di acquisto colpisce soprattutto le famiglie a basso reddito e residenti nelle regioni del Sud.