Tra gli asset più consistenti della Santa Sede vi è il patrimonio immobiliare, composto da circa 5.000 immobili, soprattutto in Italia.
Il patrimonio del Vaticano è da secoli oggetto di curiosità, speculazioni e narrazioni leggendarie, descritto come un tesoro sconfinato e inaccessibile. Negli ultimi anni, grazie all'impegno di Papa Francesco per la trasparenza, sono stati resi pubblici dati che aiutano a comprendere la reale composizione e gestione delle risorse della Santa Sede. Questo patrimonio è complesso e articolato, e si fonda su tre pilastri economici: il patrimonio immobiliare, il patrimonio mobiliare e le entrate correnti generate da donazioni, attività commerciali e investimenti:
Secondo i dati dell'Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica), nel 2023 la gestione di questi immobili ha generato 45,9 milioni di euro di utile netto, di cui 37,9 milioni sono stati destinati alle attività della missione papale mentre i restanti 7,9 milioni sono stati reinvestiti per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio stesso. Solo una parte di questi immobili è destinata a locazioni commerciali a prezzo di mercato mentre una larga quota viene messa a disposizione gratuitamente o a tariffe agevolate, in linea con la natura non speculativa della missione della Chiesa cattolica, che predilige l'uso sociale e pastorale dei beni rispetto alla massimizzazione del profitto.
Accanto al patrimonio immobiliare, la Santa Sede gestisce un importante patrimonio mobiliare tra azioni, obbligazioni e fondi di investimento. Nel 2023, l'Apsa ha amministrato circa 2,9 miliardi di euro in attività finanziarie, generando utili netti per 45,9 milioni di euro. A svolgere un ruolo centrale nella gestione finanziaria della Santa Sede è l'Istituto per le opere di religione (Ior), noto al grande pubblico come banca vaticana, che custodisce e amministra circa 5 miliardi di euro di fondi.
Il compito dello Ior è di fornire servizi finanziari alla Curia romana, alle diocesi e agli ordini religiosi di tutto il mondo, oltre a gestire il patrimonio affidatogli, in conformità con le linee guida etiche della Chiesa.
Le entrate del Vaticano derivano da tre fonti. La più antica e rilevante è l'Obolo di San Pietro, la raccolta mondiale che ogni anno consente ai fedeli di sostenere le opere caritative e missionarie del Papa. Nel 2022, questa raccolta ha fruttato 107 milioni di euro, ma nel 2023 ha subito un calo a 52 milioni, a testimonianza della difficoltà nel reperire risorse tra i fedeli.
Un'altra fonte di ricavi è rappresentata dai Musei Vaticani, uno dei poli culturali più visitati al mondo, che nel 2023 hanno generato circa 100 milioni di euro, grazie alla vendita di biglietti, visite guidate, prodotti editoriali e merchandising.
Infine, i rendimenti degli investimenti finanziari dell'Apsa e dello Ior sono una voce importante del bilancio, pur esponendo la Santa Sede ai rischi dei mercati globali, che impongono scelte di investimento sempre più prudenti e sostenibili.
Nonostante la diversificazione delle fonti di entrata, il bilancio 2023 della Santa Sede ha chiuso con un deficit operativo di 83 milioni di euro, a fronte di 1.152 milioni di ricavi e 1.236 milioni di spese. Questo disavanzo è dovuto in larga parte all'aumento dei costi fissi, tra cui stipendi, manutenzioni e attività pastorali, e alla flessione delle donazioni, che ha ridotto le risorse a disposizione del Papa per finanziare le opere caritative e missionarie.
Per fronteggiare queste difficoltà, il Vaticano ha avviato riforme strutturali per rafforzare la trasparenza finanziaria e a migliorare l'efficienza gestionale. Tra le iniziative c'è il decreto di Papa Francesco del 2016, che ha imposto nuove regole di controllo e rendicontazione, culminate nel 2021 con la pubblicazione dell'inventario completo del patrimonio immobiliare della Santa Sede.