Le famiglie, pur avendo spesso una o due entrate regolari, faticano a mantenere uno standard di vita dignitoso.
Secondo i dati forniti da Intrum, uno dei maggiori gestori del credito in Europa, solo un quarto dei cittadini riesce effettivamente ad accantonare qualcosa a fine mese. Questo dato racconta della presenza di un segmento di popolazione ancora in grado di strutturare il proprio bilancio su base preventiva, che riesce cioè a destinare una parte del reddito al futuro anziché disperderlo interamente nel presente.
La maggioranza relativa, pari a circa il 50%, si trova invece nella condizione di pareggio: ciò che entra è esattamente quanto esce, senza scarti, senza margini, senza opportunità di scelta. È una condizione economica che non fa rumore, ma che impedisce ogni progettualità. Queste famiglie non sono povere in senso tecnico, ma sono vulnerabili, poiché basta un imprevisto per far vacillare l’intero equilibrio. Il loro bilancio mensile è una corda tesa, in cui ogni scossone può diventare una crisi.
Il 25% restante vive invece immerso nell'indebitamento cronico, un’area grigia che spesso coincide con la marginalità economica e l’esclusione finanziaria. In questo segmento, che in Italia coinvolge almeno 25 milioni di persone secondo Intrum, l'accesso al credito non è più una leva per la crescita o per superare temporanei dislivelli di cassa, ma diventa un meccanismo ciclico, che serve a finanziare le spese quotidiane, dalla bolletta elettrica alla rata telefonica, dal mutuo alla spesa alimentare. È un debito strutturale, non più congiunturale, che si riproduce mese dopo mese, assorbendo interessi, speranze e libertà.
Le famiglie, pur avendo spesso una o due entrate regolari, faticano a mantenere uno standard di vita dignitoso, non per colpa di sprechi, ma per effetto della compressione del potere d'acquisto causata dall’inflazione, dal caro-energia e dal rialzo dei tassi. La moneta circola, ma vale meno, e questo rende ogni acquisto più pesante da sostenere, anche quando si tratta di beni essenziali.
Le famiglie consumano non per scelta ma per necessità: abbonamenti digitali, spese fisse, canoni, rate, servizi ormai imprescindibili in un’economia fondata sull’accesso e non sul possesso. Così, mese dopo mese, il margine di manovra si riduce, e con esso la capacità di orientare le proprie scelte in modo libero e consapevole. Il consumo diventa routine mentre il risparmio si allontana come un’utopia.
Chi riesce a risparmiare è spesso chi gode di un reddito stabile, superiore alla media, oppure chi vive in contesti con basso costo della vita. Ma si tratta di una minoranza. Per gli altri, risparmiare significherebbe rinunciare all’essenziale. In questa dinamica, le diseguaglianze non si esprimono più solo in termini patrimoniali, ma anche e soprattutto in termini di libertà quotidiana. È una forma di ingiustizia più sottile e persistente.
La diffusione dei servizi Buy Now, Pay Later, dei microprestiti e dei finanziamenti a breve termine ha creato un circuito parallelo in cui le famiglie acquistano beni necessari dilazionando la spesa, ma senza riuscire mai a uscire dal debito. Il pagamento differito diventa così una forma di presente prolungato, in cui si rinvia il conto senza risolvere la causa.
È quanto avviene già presso società come Intrum, che oggi automatizzano milioni di interazioni all’anno con lo scopo di riallineare il debitore con la comunità finanziaria. Ma questa tecnologia, per quanto efficiente, non può compensare l’eccessiva esposizione sistemica delle famiglie. Quando una società si regge sul debito, è l’intero sistema a perdere equilibrio.