Il Rapporto AlmaLaurea 2025 segna una svolta: l'occupazione dei neolaureati cresce dopo dieci anni, con differenze tra ambiti STEM e umanistici. Analisi di tendenze, mismatch e scenari.
Basandosi su circa 700.000 laureati di 81 atenei, il rapporto AlmaLaurea 2025 certifica che trovare impiego dopo il titolo universitario è risultato più agevole rispetto al passato, con valori che non si registravano da oltre un decennio.
Questa inversione di tendenza coinvolge tutte le fasce temporali considerate, dall'anno successivo alla laurea fino a cinque anni dal conseguimento del titolo. Il mercato, seppur ancora caratterizzato da forti disparità tra discipline, si mostra più dinamico e predisposto ad assorbire giovani con una preparazione accademica aggiornata. Ingegneria, medicina, informatica, ICT, e settori economici guidano la ripresa, mentre ambiti come quello umanistico e linguistico registrano miglioramenti più graduali.
La differenziazione nei tempi e nelle modalità d'ingresso nel mondo professionale, tuttavia, continua ad essere marcata e rimane una delle caratteristiche chiave del mercato del lavoro attuale.
AlmaLaurea evidenzia il valore delle scelte universitarie e sottolinea che, nonostante le difficoltà, nessun percorso è privo di possibilità.
Il trend occupazionale dei laureati italiani mostra un progresso significativo rispetto al passato, come confermano i dati emersi nell'ultimo rapporto AlmaLaurea. Negli ultimi dieci anni, il tasso di occupazione a un anno dalla laurea è cresciuto fino a raggiungere il 78,6%, valore mai registrato nel periodo post-crisi e in netto miglioramento anche rispetto al periodo pre-pandemico.
A tre anni dal conseguimento del titolo la soglia viene superata abbondantemente, superando il 90% in numerosi ambiti disciplinari, mentre dopo cinque anni la quasi totalità dei laureati (circa 88-95% a seconda della disciplina) trova una collocazione stabile, con un tasso particolarmente solido tra chi ha scelto percorsi tecnico-scientifici.
Questa crescita si riflette in una maggiore sicurezza nelle prospettive lavorative dei giovani laureati, ma va segnalato che il livello occupazionale dell'Italia resta ancora inferiore rispetto agli altri principali paesi UE, mantenendo un divario con la media europea e con gli obiettivi delineati per il 2030 dal Consiglio dell'Unione Europea.
L'occupazione non cresce in modo uniforme: permangono differenze tra settori, tra macroaree geografiche e in base al livello e alla tipologia di laurea conseguita. Tuttavia, la tendenza generale descrive un sistema che ha rafforzato la sua capacità di inserire giovani nel contesto lavorativo, anche grazie a una progressiva evoluzione sia dell'offerta universitaria che della domanda di competenze.
I settori STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) e gli ambiti tecnico-scientifici continuano a primeggiare per rapidità e solidità d'inserimento occupazionale. Secondo il rapporto, Ingegneria industriale e dell'informazione si posiziona al vertice, con un 92,9% di occupati a un anno dal titolo e il 95,6% a cinque anni. Subito dietro si collocano informatica e tecnologie dell'informazione e della comunicazione, con valori che sfiorano il 94% dopo un quinquennio.
Il comparto medico-sanitario e farmaceutico conferma la propria attrattività, garantendo stabilità e contratti regolari già dai primi dodici mesi dal conseguimento della laurea magistrale; anche qui i dati di occupazione dopo cinque anni superano il 93%. Una tabella riassuntiva aiuta a visualizzare le differenze tra i principali percorsi:
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Percorso di Laurea |
Occupati 1 anno (%) |
Occupati 5 anni (%) |
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Ingegneria industriale/informazione |
92,9 |
95,6 |
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Informatica/ICT |
92,7 |
93,9 |
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Medico-sanitario/farmaceutico |
87,7 |
93,9 |
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Architettura e ingegneria civile |
87,1 |
93,8 |
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Economia |
85,2 |
91,3 |
Ulteriori settori con dati incoraggianti sono agraria, veterinaria e scienze motorie, che nel medio periodo sfiorano il 90% di occupazione. La domanda crescente di competenze digitali e tecnologiche, così come di profili capaci di unire preparazione tecnica con soft skill, spiega la vitalità di questi ambiti.
Non tutti i percorsi universitari assicurano un ingresso immediato nel mondo professionale. I laureati in discipline umanistiche, linguistiche, psicologiche e giuridiche manifestano maggiori difficoltà di collocamento nell'anno successivo al titolo rispetto ai colleghi STEM. Ad esempio, per il ramo giuridico il tasso è inferiore al 60% a dodici mesi dalla laurea, ma cresce sensibilmente nel quinquennio fino a superare l'84%.
Anche gli indirizzi letterari e psicologici recuperano strada facendo, segnando salti tra i 35 e i 45 punti percentuali tra il primo e il quinto anno dal titolo. Questo recupero è favorito dalla scelta, sempre più frequente, di proseguire con percorsi di specializzazione, master e tirocini.
Questi ambiti continuano comunque ad offrire sbocchi, sebbene richiedano più tempo per consolidare una posizione stabile. Il valore della formazione umanistica e sociale viene apprezzato soprattutto in contesti lavorativi dove sono richieste capacità di adattamento, analisi critica, competenze linguistiche avanzate e attitudine alla relazione.
Il quadro suggerisce che la tempistica dell'assorbimento lavorativo varia in funzione della disciplina e che percorsi apparentemente lenti non costituiscono un vicolo cieco: con le giuste strategie e specializzazioni, anche queste lauree assicurano risultati di rilievo nel medio-lungo periodo.
Uno dei temi più rilevanti emersi dal report riguarda il mismatch, ovvero il disallineamento tra il percorso universitario intrapreso e le competenze richieste dal mondo produttivo. Nel 2025, oltre il 30% dei nuovi occupati svolge attività non coerenti con la propria laurea. Il fenomeno è particolarmente accentuato per chi proviene da discipline come lettere, lingue, arti, scienze sociali e comunicazione, ma non risparmia nemmeno altri settori.
A un anno dal titolo il 39,3% dei laureati di primo livello e il 31,9% di coloro che hanno una magistrale ricoprono posizioni che richiedono qualifiche diverse dal proprio percorso. Dopo cinque anni, la percentuale cala ma resta significativa, coinvolgendo circa un quarto dei laureati.
I motivi alla base di questa discrepanza sono molteplici e includono:
L'analisi delle variabili che determinano l'occupabilità mostra come il contesto socio-economico familiare, il genere e la presenza di esperienze internazionali rivestano un peso significativo. Figli di genitori laureati o provenienti da famiglie benestanti godono di maggiori opportunità durante e dopo il percorso accademico, accedendo più facilmente a tirocini qualificati e periodi di studio all'estero.
Le donne rappresentano il 59,9% dei laureati nel 2024, ma sono ancora poco presenti negli STEM (41,1%), confermando il persistere di barriere culturali e di orientamento.
Un altro elemento centrale riguarda la soddisfazione per il corso di studi: il 90,2% si dichiara soddisfatto del proprio percorso, mentre il 72,2% confermerebbe la stessa scelta di ateneo e indirizzo, dati in crescita rispetto a un decennio fa. Le borse di studio ammontano al 27,8% e hanno registrato un aumento di efficacia e tempestività.
Tra i fattori più premianti, l'aver svolto tirocini e soggiorni all'estero, che aumentano sensibilmente la probabilità di trovare un impiego adeguato in tempi brevi.