Nell'attuale contesto lavorativo, la comunicazione tra datore di lavoro e dipendente si è evoluta grazie alla diffusione di strumenti digitali. La crescente inclinazione verso l'utilizzo di email, messaggi WhatsApp e altre forme di messaggistica istantanea ha introdotto importanti cambiamenti anche nei rapporti di lavoro e, in particolare, nei processi di cessazione del rapporto di impiego. Ciò che un tempo avveniva esclusivamente mediante lettere cartacee ora può essere gestito in modo più celere attraverso piattaforme informatiche.
Questa trasformazione pone interrogativi sulla validità del licenziamento via email o WhatsApp, soprattutto in relazione alla tutela dei diritti del lavoratore e alle garanzie previste dalla legge. La necessità di assicurare la trasparenza e la tracciabilità delle comunicazioni rimane centrale sia per le aziende che per chi presta attività lavorativa, in un quadro normativo che fatica ancora a recepire le novità dettate dalla digitalizzazione.
L'ordinamento italiano, specificamente all'articolo 2 della Legge 604/1966, stabilisce il principio della necessità della forma scritta per il licenziamento. Tuttavia, la normativa tace sulle modalità tecniche ammissibili, lasciando spazio a interpretazioni giurisprudenziali. Secondo i giudici, ogni modalità che consenta la trasmissione effettiva, documentabile e inalterabile del messaggio soddisfa il requisito di legge, purché la natura recettizia dell'atto – ossia la conoscibilità effettiva da parte del lavoratore – sia garantita.
La Corte di Cassazione e i tribunali del lavoro hanno infatti più volte chiarito che un messaggio email, WhatsApp o un SMS possono costituire valida comunicazione scritta se permettono di ricondurre chiaramente la provenienza della volontà di recesso al datore di lavoro e il dipendente ne ha avuto conoscenza. Per riassumere:
I requisiti monitorati dalla giurisprudenza sono la certezza della provenienza, la chiarezza del testo in relazione alla volontà di cessare il rapporto e la possibilità di tracciare il momento in cui il destinatario abbia ricevuto e compreso la comunicazione.
Le sentenze valorizzano anche la presenza di contestuale motivazione nei casi di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
La modalità più tradizionale, come la raccomandata con ricevuta di ritorno o la PEC, resta la più sicura sotto il profilo della prova di ricevimento, ma non si escludono i nuovi mezzi digitali se ne vengono dimostrate le condizioni richieste.
Viene tuttavia raccomandata la massima attenzione, sia in fase di invio che di ricezione, poiché casi di cambio recapito o mancata lettura possono esporre a rischi di inefficacia del provvedimento e controversie legali successive.
Perché l'utilizzo di mezzi digitali sia considerato idoneo, è necessario rispettare alcuni requisiti fondamentali individuati da dottrina e giurisprudenza:
Forma scritta: Il contenuto del messaggio deve risultare in forma testuale e permanente, non modificabile unilateralmente dal destinatario.
Certezza della provenienza: Il licenziamento deve provenire in modo inequivocabile dal datore di lavoro o da un suo incaricato legittimato, spesso verificabile tramite utenze aziendali o recapiti ufficialmente riconducibili all'azienda.
Chiarezza e motivazione: L'atto deve contenere, in caso di giusta causa o giustificato motivo, una motivazione dettagliata che consenta al lavoratore di comprendere la ragione del recesso.
Conoscenza da parte del lavoratore: La ricezione deve essere dimostrabile attraverso conferme di lettura, risposte del dipendente o altri elementi documentali.
Tracciabilità e integrità: Email, PEC, SMS o WhatsApp devono essere conservabili come prova in caso di contenzioso e garantire la non alterabilità dei dati trasmessi.
La dottrina sottolinea che la presenza di tutti questi elementi consente di tutelare il lavoratore rispetto a comunicazioni ambigue e offre al datore di lavoro la possibilità di comprovare l'adempimento degli obblighi formali previsti dalla legge. In assenza di queste garanzie, il rischio è quello di veder dichiarare nullo o inefficace il licenziamento, con eventuale reintegra del lavoratore e possibili oneri risarcitori.
Negli ultimi anni, diversi casi discussi in sede giudiziaria hanno chiarito i limiti e le condizioni della validità del licenziamento trasmesso attraverso strumenti informatici. Il Tribunale di Catania (sentenza n. 2261/2025) ha ritenuto legittima la comunicazione inviata via WhatsApp e email, sottolineando che la pluralità delle comunicazioni, la chiarezza della volontà datoriale e la conferma, anche implicita, da parte del lavoratore, consentono di soddisfare la richiesta normativa. Il quadro delle più interessanti pronunce è il seguente:
Tipologia di comunicazione |
Decisione giurisprudenziale |
Email (Cassazione n. 29753/2017) |
Considerata idonea, in presenza di risposta contestuale del lavoratore o elementi che ne comprovino la presa visione. |
WhatsApp (Tribunale Catania 2017) |
Ritenuta valida se la comunicazione è chiara, proveniente dall'account aziendale e tempestivamente impugnata dal lavoratore. |
SMS (Appello Firenze n. 629/2016) |
Legittimo se proveniente da utenza aziendale e se il lavoratore dà prova di averlo ricevuto e compreso il contenuto. |
PEC all'avvocato del lavoratore (Cassazione n. 7480/2025) |
Valida se il lavoratore ha eletto domicilio presso il legale e ha indicato la PEC come recapito per le comunicazioni. |
È stato inoltre chiarito che la strumentazione tecnica utilizzata non deve pregiudicare il diritto di difesa del dipendente; ciò implica che il contenuto comunicato sia dettagliato e che la forma scritta sia in grado di documentare l'effettiva comunicazione.
Un lavoratore che riceve una comunicazione di recesso su supporto digitale dispone di precisi strumenti di opposizione, il cui esercizio è subordinato al rispetto di termini e condizioni previsti dalla normativa vigente. La legge riconosce la facoltà di impugnazione del licenziamento proprio a decorrere dal momento in cui la comunicazione perviene a conoscenza del destinatario, indipendentemente dalla modalità utilizzata:
Impugnazione stragiudiziale: Consiste nell'invio di una comunicazione scritta al datore di lavoro entro 60 giorni dalla ricezione, nella quale si contesta formalmente il licenziamento.
Ricorso giudiziario: Entro i successivi 180 giorni dall'impugnazione stragiudiziale, il lavoratore può rivolgersi al giudice del lavoro, richiedendo la reintegra o il risarcimento del danno.
Prova della ricezione: In caso di contestazione sulla validità o sulla modalità di comunicazione, il lavoratore dovrà fornire prova della mancata ricezione o della presenza di vizi formali sostanziali nella modalità scelta dal datore di lavoro.
La tempestività della reazione è un elemento determinante anche per l'eventuale riconoscimento del risarcimento del danno. La giurisprudenza sottolinea che l'attivazione immediata rappresenta, di per sé, prova della conoscenza della volontà datoriale, anche laddove il mezzo utilizzato non sia il più tradizionale.
La digitalizzazione delle comunicazioni comporta opportunità di rapidità ma anche rischi significativi, sia per chi assume il provvedimento sia per il destinatario. La validità licenziamento via email o WhatsApp, tema cardine della recente giurisprudenza, si intreccia con la necessità di garantire correttezza procedurale e certezza giuridica.
Per il datore di lavoro:
Assicurarsi che l'identità digitale sia inequivocabile e collegabile all'azienda.
Motivare sempre con precisione la decisione di recesso e conservare ogni documentazione relativa all'invio e ricezione della comunicazione.
Preferire, ove possibile, sistemi di invio tracciabili e opponibili, come la PEC o raccomandata elettronica, soprattutto in caso di previsioni contrattuali o regolamentari specifiche.
Per il lavoratore:
Verificare regolarmente i canali di comunicazione aziendali e personali eventualmente comunicati al datore di lavoro.
In caso di ricevimento di un atto di recesso tramite strumenti digitali, agire tempestivamente per contestare eventuali irregolarità formali o sostanziali.
Conservare tutte le conversazioni e i messaggi ricevuti come possibile prova in caso di controversia.
È importante considerare che fenomeni quali inattendibilità del canale o errori tecnici possono incidere sulla legittimità della comunicazione. Sia i dipendenti che i datori di lavoro dovrebbero valutare l'adozione di procedure interne che definiscano in modo chiaro le modalità di trasmissione degli atti . La giurisprudenza, pur essendo aperta all'innovazione, non esclude la possibilità di contestazione quando le nuove modalità non soddisfano i requisiti legali, ponendo l'accento sulla responsabilità delle parti nel rispettare la cornice normativa attuale.