L’affidamento condiviso rappresenta uno strumento giuridico attuato per garantire la tutela degli interessi dei figli e degli altri beni coinvolti durante la cessazione di un rapporto familiare.
In Italia, questo istituto si fonda su principi come il diritto alla bigenitorialità e la continuità delle relazioni affettive e patrimoniali.
L’essenza dell’affidamento condiviso, nell’ottica attuale, non implica una divisione meccanica dei tempi o dei beni, ma un esercizio congiunto della responsabilità sui soggetti e sulle risorse di interesse della famiglia.
La normativa italiana in materia di affidamento condiviso non riguarda solo i figli al termine di una unione matrimoniale ma anche i beni posseduti dagli ex coniugi.
In questo caso, in realtà, si parla più che altro di possesso, o co-possesso, e si tratta di un istituto che si applica a tutti i beni patrimoniali, che si tratti di un gioiello prezioso, di una scrivania da pochi euro o di un appartamento.
Non esistono, infatti, requisiti dirimenti relativi al valore, alla natura o alle dimensioni del bene.
L'affidamento condiviso riguarda i beni materiali e immateriali ricompresi nella sfera familiare, con particolare riferimento alla casa familiare, agli immobili e ai beni patrimoniali destinati alle esigenze dei figli.
Il giudice, nel regolare gli effetti della separazione, valuta l’interesse prevalente dei minori al mantenimento della stabilità domestica e delle abitudini preesistenti. In caso di beni in comproprietà, si predilige una soluzione che eviti traumi o improvvisi cambiamenti nelle condizioni di vita dei figli.
Sono ricompresi anche i beni mobili, i conti correnti destinati a scopi educativi o di mantenimento, e le altre misure per i figli.
Tra i beni oggetto di attenzione dall’autorità giudiziaria, dopo una separazione o un divorzio, la casa familiare assume un rilievo centrale.
La disciplina stabilisce che l’assegnazione della casa tenga conto, in via prioritaria, dell’interesse dei minori, anche se l’immobile non è di proprietà del genitore collocatario con cui i figli vivranno.
Meno frequente l’assegnazione al genitore non collocatario, che resta comunque titolato a mantenere un rapporto di visita strutturato e quotidianità con i figli.
Per gli altri beni patrimoniali (ad esempio: risparmi intestati ai figli, beni mobili divisibili), si applicano criteri di equità e di vigilanza sul corretto utilizzo.
Per quanto riguarda i figli, stando a quanto stabilito dalla normativa vigente, l’affidamento condiviso comporta che entrambi i genitori esercitino la responsabilità genitoriale, gestendo sia i beni materiali sia quelli immateriali di interesse familiare.
Spesso il giudice, pur disponendo il regime condiviso, individua un genitore presso cui i figli fissano la residenza abituale, tenendo conto della stabilità e delle abitudini pregresse.
Si prevedono di consueto calendari di visita, suddivisione dei tempi e regolamentazione dei rapporti economici, con particolare attenzione ai bisogni dei figli e all’equilibrio tra le parti.
Anche i beni patrimoniali specifici, come la casa familiare o altri asset, sono oggetto di valutazione nell’ambito della più ampia regolazione delle relazioni domestiche.
La responsabilità genitoriale, secondo la normativa attuale, richiede che le decisioni ordinarie relative a mantenimento e cura dei figli siano gestite in autonomia da ciascun genitore nel proprio tempo di convivenza.
Le scelte di straordinaria amministrazione, come l’iscrizione scolastica, terapie mediche o gestione di beni rilevanti, sono invece assunte congiuntamente, salvo diverso accordo o necessità di intervento giudiziale in caso di conflitto.
Il principio di condivisione si estende anche all’amministrazione dei beni riconducibili ai figli, che deve avvenire nell’ottica della loro tutela e della gestione responsabile.