Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

La casa non viene assegnata al coniuge con meno soldi in caso di separazione o divorzio. Cosa dice Cassazione

di Marianna Quatraro pubblicato il
casa assegnata coniuge Cassazione

Quali sono i criteri reali di assegnazione di una casa coniugale dopo una separazione e un divorzio e a chi spetta prioritariamente

La destinazione dell’abitazione di famiglia in caso di fine del matrimonio rappresenta uno dei temi di maggiore impatto sociale e giuridico. Le recenti pronunce della Corte di Cassazione, nonché le modifiche introdotte dal legislatore, precisano che l’attribuzione della residenza familiare non avviene mai solo in ragione delle condizioni economiche dei coniugi, smentendo la credenza che venga assegnata al partner con meno risorse.

La disciplina sulla casa coniugale non prevede l'assegnazione a chi ha meno soldi dopo la separazione segue criteri rigidi e tiene conto in primo luogo degli interessi dei figli.

Criteri e principi giuridici per l’assegnazione della casa coniugale

Il conferimento della casa coniugale dalla famiglia viene regolato dal giudice in base a principi consolidati. Il primo elemento valutato riguarda la coabitazione con figli minorenni o maggiorenni non economicamente indipendenti. E', infatti, l’interesse della prole il prioritario rispetto a ogni altro elemento, incluso lo squilibrio patrimoniale tra i coniugi.

L’attribuzione della residenza familiare viene decisa prescindendo dal titolo di proprietà e il coniuge privo di adeguate risorse economiche può richiedere un assegno di mantenimento, ma questo strumento non determina l’assegnazione dell’abitazione come misura di riequilibrio tra le parti. 

La presenza di figli è il discriminante principale nelle decisioni giudiziarie. L’abitazione viene attribuita quasi sempre al genitore collocatario dei figli, come forma di protezione delle abitudini e dei legami consolidati.

Ciò è stabilito dalla Cassazione con diverse sentenze (tra cui n. 25604/2018 e n. 24254/2018), con il principio che garantisce ai minori o a chi non è economicamente indipendente la permanenza nell’ambiente familiare dopo la separazione.

Il diritto di godimento ha natura personale e termina se i presupposti vengono meno, ad esempio in caso di mancata convivenza stabile o di raggiunta autosufficienza economica da parte dei figli. Al contrario, la sola debolezza finanziaria di un ex coniuge non è motivo sufficiente per l’attribuzione dell’immobile.

Assegnazione della casa coniugale in assenza di figli e proprietà dell’immobile

Se non vi sono figli da tutelare, il diritto di abitazione viene determinato dal titolo di proprietà o dai patti tra le parti. La giurisprudenza afferma che l’immobile rientra nella disponibilità del legittimo titolare, anche nell’ipotesi di separazione o divorzio. Eventuali esigenze di riequilibrio economico vengono invece regolate tramite l’assegno di mantenimento.

Nel caso esista una comproprietà della casa coniugale, il bene può essere diviso secondo le quote risultanti dal rogito notarile o in base ad accordi specifici tra gli ex coniugi. Senza figli, il trasferimento della residenza è solo all’avente diritto in base a titoli reali o contrattuali, non in virtù di condizioni finanziarie meno favorevoli.

Comproprietà, mutuo e divisione dei beni e delle spese dopo la separazione

La gestione della comproprietà e degli oneri connessi, come il mutuo, può presentare criticità operative. Quando l’immobile è intestato ad entrambi, ogni parte è tenuta a sostenere la percentuale di mutuo e spese proporzionalmente alla quota posseduta. In caso di vendita, la suddivisione del ricavato avverrà sulla base di quanto indicato nel rogito o, se diverso, dagli accordi tra le parti.

Situazione Conseguenza
Mutuo cointestato Obbligo di pagamento per entrambi, salvo accordi differenti
Comproprietà Divisione in base alle quote
Immobili acquistati con risorse diverse Rileva quanto trascritto nel rogito

La Cassazione (es. sent. n. 11024/2015) conferma che in presenza di pattuizioni interne diverse, la banca può rivalersi su entrambi i titolari del contratto. L’eventuale inadempimento viene poi regolato nei rapporti interni tra ex coniugi.

Dal punto di vista delle spese, si distinguono oneri ordinari e straordinari. Il coniuge che usufruisce dell’immobile deve sostenere spese di ordinaria amministrazione (condominio, utenze), mentre quelle straordinarie e gli interventi sul valore strutturale restano a carico del proprietario. In caso di comproprietà, le spese straordinarie sono suddivise secondo le quote di proprietà.

L’IMU (Imposta Municipale Unica) e la TARI (Tassa sui Rifiuti) generalmente spettano all’assegnatario, salvo che l’immobile risulti prima casa, situazione in cui si applica l’esenzione. Nel caso di casa in affitto, il contratto viene trasferito al genitore assegnatario e il pagamento del canone è sua responsabilità. Il giudice può rivalutare tali spese nell’attribuzione dell’assegno di mantenimento.

Quando cessa il diritto all’assegnazione della casa familiare

L’attribuzione della residenza familiare non è definitiva. Si estingue automaticamente in diverse situazioni: cessazione definitiva della convivenza con i figli, autosufficienza economica dei figli stessi, passaggio a nuova convivenza more uxorio o a seguito di nuovo matrimonio, come previsto dall’art. 337-sexies c.c.

La Cassazione ribadisce che la presenza abituale dei figli è condizione essenziale per mantenere il diritto all’abitazione e il venir meno di questo legame comporta la revoca dell’assegnazione. 

 

Leggi anche