Nel panorama degli investimenti finanziari, gli ETF (Exchange Traded Funds) rappresentano strumenti sempre più apprezzati dagli investitori, grazie alla loro versatilità e ai costi contenuti. Una distinzione importante che ogni investitore dovrebbe conoscere riguarda la classificazione in ETF armonizzati e non armonizzati, una differenza che può avere impatti significativi sul rendimento netto dell'investimento, specialmente in vista del 2025.
Un ETF (Exchange Traded Fund) è essenzialmente un fondo d'investimento che replica la performance di un indice di riferimento. La sua peculiarità consiste nell'acquisire i titoli che compongono tale indice o nell'utilizzare strumenti derivati per una replica sintetica.
Questi strumenti finanziari uniscono caratteristiche tipiche dei fondi comuni aperti e dei fondi chiusi. La particolarità degli ETF risiede nella possibilità di creare o rimborsare le azioni al termine della giornata di contrattazione, mantenendo al contempo la possibilità di essere negoziati in borsa durante l'orario di mercato. In sostanza, integrano il mercato primario (dove le transazioni avvengono al valore patrimoniale netto del fondo) con il mercato secondario (dove gli scambi avvengono a prezzi concordati tra le parti).
La distinzione tra ETF armonizzati e non armonizzati è principalmente di natura normativa:
Per identificare se un ETF è armonizzato o meno, è necessario consultare il prospetto informativo e il regolamento del fondo. In linea generale, la maggioranza degli ETF quotati nei mercati dell'area euro sono armonizzati, mentre quelli quotati al di fuori dell'UE tendono a essere non armonizzati.
L'aspetto più rilevante nella distinzione tra ETF armonizzati e non armonizzati riguarda la tassazione, elemento che influenzerà significativamente le scelte degli investitori nel 2025. Le differenze fiscali possono avere un impatto considerevole sul rendimento netto dell'investimento:
Con le possibili revisioni fiscali previste per il 2025, queste differenze potrebbero diventare ancora più significative per gli investitori che pianificano strategie a lungo termine.
Investire in ETF armonizzati nel 2025 presenta diversi benefici che meritano di essere considerati:
Il principale vantaggio degli ETF armonizzati è la semplificazione degli adempimenti fiscali. Con l'aliquota fissa al 12,5% applicata direttamente dall'intermediario, l'investitore è esonerato da ulteriori dichiarazioni. Questo regime di tassazione alla fonte rende l'investimento più trasparente e prevedibile, aspetto particolarmente apprezzabile in vista del 2025, quando potrebbero entrare in vigore nuove normative fiscali.
Gli ETF armonizzati devono rispettare rigorose normative europee che impongono standard elevati di trasparenza e protezione degli investitori. Questo si traduce in:
Questi elementi offrono maggiori garanzie agli investitori, specialmente in periodi di volatilità dei mercati come quelli che potrebbero caratterizzare il 2025.
Nel mercato europeo, gli ETF armonizzati rappresentano la maggioranza dell'offerta disponibile, con una gamma estremamente diversificata di strumenti che coprono varie classi di attività, settori e aree geografiche. Questa ampia scelta consente agli investitori di costruire portafogli ben diversificati con relativa facilità.
Nonostante il trattamento fiscale meno favorevole, gli ETF non armonizzati offrono alcune opportunità che potrebbero rivelarsi interessanti nel 2025:
Gli ETF non armonizzati spesso danno accesso a mercati di nicchia o emergenti che potrebbero non essere facilmente raggiungibili attraverso ETF armonizzati. Nel 2025, con l'evoluzione dei mercati globali, questa caratteristica potrebbe rappresentare un vantaggio significativo per diversificare ulteriormente il portafoglio.
Non essendo vincolati dalle direttive UCITS, questi ETF possono adottare strategie d'investimento più aggressive o innovative, utilizzando ad esempio una maggiore leva finanziaria o tecniche di gestione del rischio alternative. Per investitori con propensione al rischio più elevata, queste caratteristiche potrebbero offrire opportunità di rendimento superiori nel 2025.
Per determinare quale tipologia di ETF possa risultare più vantaggiosa nel 2025, è opportuno valutare diversi fattori:
La scelta tra ETF armonizzati e non armonizzati dipende in larga misura dagli obiettivi finanziari personali e dall'orizzonte temporale dell'investimento. Per strategie di lungo periodo orientate alla crescita patrimoniale graduale, gli ETF armonizzati potrebbero risultare più adatti, grazie alla loro semplicità gestionale e al trattamento fiscale vantaggioso.
D'altra parte, per obiettivi specifici o tattici, gli ETF non armonizzati potrebbero offrire strumenti più mirati, nonostante il regime fiscale meno favorevole.
L'impatto della tassazione varia considerevolmente in base al profilo fiscale complessivo dell'investitore. Per contribuenti con aliquote marginali IRPEF elevate, la differenza tra il regime fiscale degli ETF armonizzati (tassazione fissa al 12,5%) e quello degli ETF non armonizzati (potenzialmente soggetti all'aliquota marginale) può risultare particolarmente significativa.
Alla luce delle possibili modifiche alla tassazione degli investimenti previste per il 2025, questo aspetto merita un'attenta valutazione, possibilmente con il supporto di un consulente fiscale.
Uno dei principali vantaggi degli ETF è la capacità di offrire una diversificazione immediata attraverso l'esposizione a interi indici o settori. Con un singolo strumento, l'investitore può ottenere accesso a un paniere diversificato di titoli, riducendo il rischio specifico legato ai singoli emittenti.
Nel 2025, in uno scenario di possibile volatilità dei mercati, questa caratteristica potrebbe rivelarsi particolarmente preziosa per gestire efficacemente il rischio di portafoglio.
Un elemento fondamentale nella valutazione degli ETF, sia armonizzati che non armonizzati, riguarda i costi di gestione e il loro impatto sulla performance.
Gli ETF, in generale, si caratterizzano per commissioni di gestione contenute rispetto ai fondi gestiti attivamente. Questo vantaggio deriva dalla loro natura di strumenti a gestione passiva, che non richiedono team di analisti per la selezione attiva dei titoli.
In vista del 2025, è importante considerare che i costi di gestione, anche se apparentemente modesti, possono erodere significativamente i rendimenti nel lungo periodo. Nella comparazione tra ETF armonizzati e non armonizzati, occorre quindi valutare attentamente:
Un errore comune consiste nell'associare i volumi di scambio degli ETF alla loro liquidità effettiva. A differenza delle azioni, la liquidità di un ETF non dipende esclusivamente dal volume di scambi sul mercato secondario, ma anche dalla liquidità dei titoli sottostanti e dal meccanismo di creazione/rimborso delle quote sul mercato primario.
Generalmente, gli ETF armonizzati quotati sui principali mercati europei presentano buoni livelli di liquidità e spread contenuti. Gli ETF non armonizzati, specialmente quelli focalizzati su mercati di nicchia, potrebbero invece presentare spread più ampi e minore liquidità, aspetto da considerare attentamente per gli investimenti pianificati per il 2025.