Nel contesto normativo italiano, il periodo temporale durante il quale il lavoratore assente per motivi di salute mantiene il diritto alla conservazione del posto di lavoro rappresenta un istituto di rilievo, disciplinato sia dalla normativa primaria che dalla contrattazione collettiva. La ratio di questo istituto si fonda sull’esigenza di bilanciare la tutela della salute del lavoratore e l’interesse organizzativo ed economico del datore di lavoro. Il riferimento normativo centrale è l’articolo 2110 del Codice Civile, che individua il diritto a mantenere il rapporto di lavoro sospeso durante le assenze per malattia o infortunio, entro determinati limiti temporali.
Con l’evolversi del diritto del lavoro, anche la giurisprudenza ha definito i contorni applicativi e le eccezioni che rendono questa disciplina particolarmente articolata. Di fatto, i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro rivestono un ruolo determinante nel dettagliare la durata, le modalità di calcolo e le specifiche di applicazione in base ai diversi settori e ruoli professionali. Ne consegue che il sistema di protezione non si presenta come uniforme, ma come il risultato di un’integrazione tra normativa generale, accordi collettivi e interpretazioni giurisprudenziali. Tali principi rispondono alla necessità di assicurare una tutela effettiva del lavoratore senza compromettere la funzionalità dell’organizzazione aziendale.
Il periodo di comporto si configura come l’intervallo massimo di assenze per malattia o infortunio durante il quale il lavoratore subordinato mantiene il diritto alla conservazione del proprio posto. Tale periodo, pur sospendendo temporaneamente l’espletamento della prestazione lavorativa, tutela la posizione contrattuale dell’interessato, impedendo iniziative di recesso da parte datoriale fino allo scadere dei termini previsti dal contratto applicato o dalla legge.
Scopo principale dell’istituto è offrire una protezione concreta in caso di eventi di salute che impediscano, anche ripetutamente, il normale svolgimento delle attività lavorative. Durante detto arco temporale, il rapporto di lavoro rimane sospeso, non estinto. È possibile che il lavoratore abbia diritto a indennità sostitutive della retribuzione (come previsto dall’INPS o da altri enti secondo il tipo di assenza), ma il vero focus del periodo di comporto riguarda la conservazione del posto, non solo gli aspetti economici.
I riferimenti legislativi sono diversificati. Il perno normativo resta l’articolo 2110 del Codice Civile, che disciplina i casi di assenza per malattia, infortunio, gravidanza o puerperio, fissando il diritto alla conservazione del rapporto nei limiti previsti dalla fonte collettiva o dagli usi. Anche altre fonti, come lo Statuto dei Lavoratori (art. 18 L. 300/1970), integrano la tutela contro il licenziamento contra legem durante questo termine.
Ulteriori specificazioni e dettagli operativi vengono dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), che stabiliscono la durata, i criteri di calcolo (ad esempio se il computo debba essere riferito all’anno solare o a periodi mobili), eventuali possibilità di prolungamento e le tutele supplementari in situazioni di particolare gravità o malattie invalidanti. Le fonti collettive puntualizzano anche le modalità di richiesta delle assenze, la documentazione necessaria e i possibili diritti aggiuntivi rispetto allo standard minimo legislativo.
L’istituto si colloca nell’ambito delle garanzie poste a presidio dei diritti essenziali dei dipendenti, rispondendo ai principi costituzionali di tutela della salute e di equità nel rapporto di lavoro.
Sul piano applicativo, la durata del periodo di comporto dipende dal contratto collettivo nazionale applicato al rapporto di lavoro cui si fa riferimento. In generale, i CCNL prevedono periodi che variano solitamente da 180 giorni fino a soglie più estese per settori specifici o per lavoratori con particolare anzianità di servizio.
I meccanismi di calcolo distinguono tra comporto "secco", un’unica assenza ininterrotta e comporto "frazionato" o "per sommatoria", somma di assenze ripetute anche a distanza nell’arco temporale previsto dal contratto. In entrambi i casi, vengono computati non solo i giorni lavorativi, ma anche i giorni festivi e i riposi che ricadano all’interno del certificato medico. Per quanto riguarda l’arco temporale di riferimento, i CCNL più comuni optano per il cosiddetto anno solare (365 giorni a decorrere dal primo giorno di assenza) o per l’anno di calendario (dal 1° gennaio al 31 dicembre).
Numerose tabelle di dettaglio sono inserite nei diversi CCNL:
CCNL | Comporto Secco | Comporto Frazionato |
Metalmeccanica Industria | 183-365 giorni (anzianità) | idem su 3 anni |
Commercio/Confcommercio | 180 giorni | 180 giorni anno solare |
Studi Professionali | 180 giorni | 180 giorni anno solare |
Alberghi Confcommercio | 180 giorni | 180 giorni nell’anno |
Abbigliamento Industria | 13 mesi (esteso in casi gravi) | 13 mesi su 30 mesi |
Ulteriori specificità riguardano casi di malattie gravi o croniche che in alcuni settori consentono il ricorso ad aspettative non retribuite o all’estensione del comporto, spesso previa attestazione medica. Si segnalano anche le differenze per i contratti a tempo parziale, specie se verticale o misto, che richiedono una rimodulazione dei limiti temporali su base proporzionale alle giornate effettivamente lavorate. In questa prospettiva, i CCNL dettano non solo la soglia quantitativa di assenze lecite, ma pure le modalità di richiesta di periodi ulteriori in riferimento a esigenze comprovate di salute.
Dal punto di vista operativo, la gestione delle assenze per malattia richiede il rispetto di una procedura codificata e una costante comunicazione tra lavoratore e datore di lavoro. Alla prima insorgenza dell’evento morboso, il dipendente deve inoltrare tempestivamente la certificazione medica all’azienda, rispettando i termini previsti dal CCNL applicato. Gran parte delle comunicazioni avviene oggi in modalità telematica, con la trasmissione diretta del certificato all’INPS e al datore di lavoro tramite i canali ufficiali.
Il calcolo dei giorni di assenza viene coordinato dall’ufficio personale o dall’amministrazione, che registra ogni evento per accertare il rispetto dei limiti temporali. L’obbligo di conservazione della documentazione riguardante certificati medici, permessi, richieste e eventuali comunicazioni formali è centrale ai fini di un corretto monitoraggio del periodo di comporto. In molte aziende è prevista l’attivazione di visite di controllo domiciliare (da parte di enti pubblici) per verificare lo stato di salute reale dell’assente.
Nell’eventualità di più episodi di malattia, l’accumulo dei giorni deve essere registrato in modo da rispettare i criteri previsti (secco o frazionato) dal contratto di settore. Gli uffici amministrativi hanno il compito di informare il dipendente sulle soglie residue ospitando, laddove previsto, report e informazioni periodiche sulla situazione individuale, soprattutto in prossimità della scadenza dei limiti.
Nel periodo di comporto, i soggetti coinvolti sono tenuti a rispettare una serie articolata di diritti e doveri che riflettono principi di correttezza, buona fede e trasparenza lungo tutto il processo di assenza per malattia. La posizione del dipendente è caratterizzata dalla tutela del posto di lavoro, ma comporta specifiche responsabilità amministrative e comportamentali.
Obblighi dei lavoratori:
Doveri del datore di lavoro:
Nel computo delle assenze rilevanti ai fini del periodo di comporto, assumono importanza le tipologie di giorni da includere e quelli da escludere, secondo criteri dettati per la maggior parte dai CCNL e, in alcuni casi, dalla giurisprudenza. Solitamente, vengono sommati tutti i giorni di certificazione medica, compresi sabato, domenica, festività e giornate non lavorative se ricadenti nel periodo coperto dall’attestazione.
Assenze da conteggiare:
È possibile avanzare richiesta di conversione dell’assenza da malattia in ferie già maturate, purché ciò avvenga con comunicazione tempestiva e previo accordo aziendale.
Al raggiungimento o superamento del limite massimo previsto per il periodo di comporto, il datore di lavoro acquisisce la facoltà di recedere dal rapporto di lavoro, attivando una procedura che si configura come licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Questo tipo di recesso richiede il rispetto di obblighi formali e il riferimento esplicito alle motivazioni legate all’esaurimento del diritto alla conservazione del posto, in conformità a quanto stabilito dalla normativa e dalle previsioni contrattuali.
Il licenziamento non è automatico: il datore di lavoro, prima di procedere, deve garantire un attento calcolo dei giorni di assenza, informare l’interessato (se previsto dal CCNL) e valutare l’eventuale fruizione di ferie residuo o aspettative aggiuntive. La lettera di licenziamento deve essere motivata in modo chiaro, indicando la durata delle assenze contate, il termine di comporto e le disposizioni contrattuali applicate.
Il dipendente conserva alcune forme di tutela anche dopo il superamento dei limiti. Può impugnare il licenziamento qualora emergano errori di calcolo, illegittimità della procedura o discriminazione. Le più recenti pronunce della Corte di Cassazione hanno rafforzato le possibilità impugnatorie, specificando che l’omessa comunicazione preventiva quando richiesta dal CCNL o l’omessa valutazione di possibili soluzioni alternative rendono illegittimo il recesso.
In alcune ipotesi, i CCNL prevedono periodi di aspettativa non retribuita successivi alla scadenza del comporto, attivabili su richiesta del lavoratore accompagnata da idonea certificazione medica. Ove ricorra una patologia grave, la tutela può essere rafforzata anche attraverso l’assegnazione temporanea a mansioni compatibili o accomodamenti ragionevoli, in particolare per soggetti con disabilità.
Le aziende sono tenute a rispettare specifici obblighi informativi nei confronti dei lavoratori durante il periodo di comporto. Alcuni CCNL dettagliati prevedono la necessità di comunicare preventivamente al dipendente la prossimità alla scadenza del limite consentito dalle assenze (ad esempio con avviso a 30 o 60 giorni dalla maturazione), per permettere l’adozione di strategie alternative come la richiesta di ferie o aspettativa non retribuita. Tali comunicazioni hanno valore rilevante, incidendo sulla validità stessa di un eventuale provvedimento di recesso.
Oltre agli aspetti formalmente imposti, diverse realtà hanno adottato policy aziendali volte a migliorare la trasparenza e la gestione delle assenze. Questo comporta la realizzazione di monitoraggi periodici delle giornate di assenza, la predisposizione di sistemi informativi accessibili e la possibilità di richiedere in forma scritta in qualsiasi momento lo stato aggiornato rispetto al proprio comporto.
Per una gestione corretta dell’assenza per malattia è indispensabile produrre e conservare la documentazione richiesta dalle normative e dal contratto collettivo. Il certificato medico rappresenta il principale documento obbligatorio: deve essere rilasciato dal medico curante o dalla struttura sanitaria e inviato prontamente all’INPS tramite sistema telematico, assicurando che anche il datore di lavoro possa riceverne notifica o trasmissione. Laddove previsto, il lavoratore può integrare questa documentazione con referti specialistici, relazioni ospedaliere o dichiarazioni aggiuntive qualora l’evento morboso sia di natura complessa o prolungata.
La tempistica delle comunicazioni è centrale: la trasmissione del certificato va effettuata entro le 24 o 48 ore successive all’inizio dell’assenza, secondo le indicazioni del CCNL di riferimento. La mancata osservanza delle scadenze può comportare sanzioni disciplinari e la decadenza dalle garanzie di legge sul periodo di comporto.
Le procedure amministrative prevedono una tracciatura sistematica delle assenze. L’ufficio risorse umane aggiorna periodicamente i conteggi e le segnalazioni, garantendo trasparenza e rispetto della privacy. In alcuni ambienti lavorativi, i dipendenti possono consultare direttamente i propri dati tramite portali aziendali o inoltrare richieste formali di verifica del saldo giorni.
Per patologie che necessitano di aspettativa prolungata o accomodamenti particolari è richiesta ulteriore certificazione dettagliata, indispensabile sia per l’amministrazione che per gli eventuali controlli sanitari da parte di organi competenti.
Qual è la durata standard del periodo di comporto?
La durata ordinaria varia tra 180 e 365 giorni a seconda del CCNL e dell’anzianità.
Cosa succede se le assenze sono causate da una condizione di disabilità?
Ai sensi della normativa europea e della giurisprudenza, il computo può essere differenziato da quello ordinario; potrebbero dover essere esclusi i giorni riconducibili direttamente all’handicap.
Il datore di lavoro deve sempre avvisare della scadenza del comporto?
Solo se previsto dal CCNL applicato. In caso contrario, l’informativa non è sempre obbligatoria.
Possono essere convertite le assenze in ferie?
Sì, tramite richiesta scritta e accettazione da parte dell’azienda, rispettando le tempistiche contrattuali.