Quali sono le normative che regolano il periodo di comporto per malattia a lavoro e le ultime decisioni relative al calcolo in caso di ricoveri ospedalieri e day hospital
La disciplina italiana tutela i lavoratori in caso di assenze dovute a condizioni di salute, prevedendo specifiche regole per la conservazione del posto di lavoro. Il quadro normativo si concentra sulla garanzia occupazionale durante periodi di malattia, introdotti come "periodo di comporto". La questione relativa a quali assenze siano considerate nel conteggio di tale periodo rappresenta un interesse rilevante sia per i lavoratori che per i datori di lavoro.
Il periodo di comporto indica l’intervallo massimo durante il quale il dipendente assente per malattia o infortunio mantiene il diritto alla conservazione del posto di lavoro e può essere diverso a seconda del Ccnl di assunzione.
Il calcolo può seguire la modalità "secca", considerando giorni continuativi, o la "sommatoria", includendo tutte le assenze avvenute in un periodo più ampio (spesso triennale). In assenza di una malattia grave che preveda deroghe, la durata massima è solitamente di 180 giorni annui, ma possono esserci particolarità in base al settore contrattuale di riferimento.
Non tutte le assenze sono computate ai fini del periodo di comporto. La giurisprudenza e la contrattazione collettiva hanno stabilito che i giorni di ricovero ospedaliero e quelli trascorsi in day hospital non devono essere conteggiati. Precisiamo che il ricovero ospedaliero si configura solo se superiore a 24 ore e comporta almeno un pernottamento, mentre il day hospital consiste in cure erogate in giornata senza pernottamento, anche per accertamenti o interventi chirurgici programmati. Queste assenze, se certificate, non influiscono sul superamento del comporto e dunque non espongono il dipendente a rischio di licenziamento correlato a malattia prolungata.
Anche le assenze dovute a terapie salvavita sono escluse dal conteggio del comporto. Se un dipendente è affetto da gravi patologie e necessita di cure come radioterapia o chemioterapia, le assenze certificate per tali motivi non producono effetti sul periodo di comporto e sono esclusi anche i giorni legati agli effetti collaterali delle terapie, se adeguatamente documentati.
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 2701 depositata il 3 giugno 2025, ha confermato recentemente che i giorni trascorsi in ricovero ospedaliero o in day hospital non devono essere calcolati nel periodo massimo di conservazione del posto di lavoro per malattia.
I giudici hanno accolto il ricorso di un lavoratore licenziato per presunto superamento del periodo di comporto, riconoscendogli la reintegra nel posto di lavoro, oltre ad un dovuto risarcimento.
La sentenza della Corte di Cassazione n.15845 del 6 giugno 2024 ha ribadito la protezione per chi si trova in stato di bisogno sanitario urgente. I giudici hanno confermato che sia le giornate di ricovero ospedaliero, sia gli accessi a strutture sanitarie in regime di day hospital e pronto soccorso, sono escluse dal computo.
Questa interpretazione assume rilievo alla luce dei contratti collettivi e delle esigenze di tutela della salute sul posto di lavoro. La Cassazione specifica che la finalità è quella di non penalizzare lavoratori che affrontano cure urgenti o indifferibili, fornendo uno strumento di garanzia in caso di necessità medica.
Il superamento del tempo massimo di comporto autorizza il datore all’interruzione del rapporto, secondo quanto stabilito dai CCNL. Il licenziamento avviene per giustificato motivo oggettivo e deve essere sempre motivato, indicando i giorni di assenza utilizzati.
Tuttavia, non sono calcolabili ai fini del conteggio tutte le assenze escluse dagli stessi contratti collettivi o dalla legge, come i giorni relativi a ricoveri e terapie indicate dalla giurisprudenza. Restano ferme le tutele di legge: il provvedimento di recesso richiede valutazioni attente per non incorrere in controversie o reintegri giudiziali.
Nel caso di un evento di malattia, sia lavoratore che datore di lavoro godono di garanzie e hanno doveri precisi. Il dipendente è tenuto a fornire immediata comunicazione e certificazione delle assenze per cause sanitarie. Il datore di lavoro, da parte propria, non può licenziare chi si assenta entro la soglia prevista né calcolare nel totale giorni non computabili. Il mancato rispetto di queste norme può comportare, per il datore, la nullità del licenziamento e l’obbligo di reintegra, come emerso nella prassi giurisprudenziale.
Inoltre, spetta al datore di lavoro assicurarsi sempre che il conteggio delle assenze sia conforme al contratto applicato e che siano riconosciute le esenzioni previste a livello normativo e contrattuale.