Chi decide di andare in pensione anticipata con le varie tipologie di uscita prima attualmente possibili, come quota 103, opzione donna, ape social, contratto di espansione nella maggior parte rischia riduzioni sull’importo di pensione finale derivanti essenzialmente da un minor numero di contributi versati ma si tratta, comunque, di riduzioni non certe e sicure quanto dipendenti da caso a caso.
Sono diverse le forme pensionistiche che permettono di andare in pensione anticipata nel 2024, da opzione a quota 103 e non solo. Da alcuni calcoli e stime effettuate, l’uscita prima con alcune tipologie di pensioni anticipate potrebbe implicare riduzioni dell’importo pensionistico finale. Ma è bene precisare che non è sempre così e tutto dipende da caso a caso. Vediamo allora quanto si perde la pensione anticipata 2024 con le varie tipologie di uscita prima?
Tra le forme pensionistiche ancora in vigore di uscita prima c'è l’opzione donna, sistema che ancora per quest’anno permette alle lavoratrici dipendenti, sia pubbliche sia private, e autonome di andare in pensione prima, a 61 anni di età invece che a 67 anni di età previsti per la pensione di vecchiaia (e almeno 20 anni di contributi) a condizione di aver maturato almeno 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2023.
Opzione donna 2024, valida solo oer lavoratrici licenziate o lavoratrici dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero, lavoratrici con disabilità riconosciuta superiore al 74% e lavoratrici che assistono persone disabili conviventi, con handicap grave e legge 104 da almeno 6 mesi dal momento della domanda di pensione con opzione donna, prevede poi la possibilità di avere un anticipo sul requisito anagrafico di un anno per ogni figlio, entro un massimo di due anni, per cui si può andare in pensione a 60 anni se si ha un figlio e a 59 anni se si hanno due o più figli.
Le lavoratrici che decidono di andare in pensione anticipata con opzione donna 2024 devono calcolare l’importo del trattamento finale che percepiranno esclusivamente con metodo contributivo. Ciò significa che l’importo della pensione finale si basa solo sui contributi effettivamente versati dalla lavoratrice nel corso della sua vita professionale.
I contributi validi ai fini pensionistici con opzione donna sono:
Andare in pensione con opzione donna, proprio perchè è previsto il calcolo della pensione solo contributivo e si accumulano meno anni di lavoro, in molti casi prevede riduzioni fino al 30% di quanto percepirebbe andando in pensione di vecchiaia a 67 anni di età e con 20 anni di contributi.
Ma non è sempre detto che sia così. Se, per esempio, una donna che decide di andare in pensione prima con opzione donna e nel 2024 accumula una retribuzione lorda annua di 60mila euro, aspettando la pensione di vecchiaia percepirebbe una pensione di 46.200mila euro risultato del calcolo misto della pensione, mentre andando in pensione con opzione donna avrebbe una pensione di circa 30mila euro annui, decisamente molto meno.
Anche per chi decide di andare in pensione con quota 103 il consiglio è quello di fare simulazioni di calcolo dall’Inps o dal Caf per capire se l’uscita anticipata con questa forma pensionistica può essere conveniente o meno.
La quota 103, ancora fino al 31 dicembre 2024 permette di andare in pensione a 62 anni di età e con 41 anni di contributi. Secondo alcuni calcoli, andare in pensione con quota 103 potrebbe implicare perdite sulla pensione finale ma molto dipende, infatti, dalla retribuzione che si percepisce, dall’entità dei contributi accumulati, ecc.
Secondo alcuni calcoli, andare in pensione anticipata nel 2024 con quota 103 potrebbe portare ad una perdita sulla pensione finale tra il 9% e il 28% circa. Chi percepisce, per esempio, una retribuzione lorda annua di 50mila euro, se decide di andare in pensione con la quota 103 potrebbe percepire un trattamento mensile di 2.070, il 23,3% in meno rispetto all’assegno che percepirebbe andando in pensione di vecchiaia a 67 anni, cioè 2.700 euro.
Precisiamo, però, che la riduzione sulla pensione che si percepisce con la quota 103 non durerà per sempre, considerando che al raggiungimento dei 67 anni di età richiesti per la pensione di vecchiaia, si deve calcolare di nuovo la pensione finale spettante secondo le norme generali sulle pensioni vigenti.
Passando all'Ape sociale, altro sistema che permette di uscire prima a 63 anni e 5 mesi di età e con almeno 30 anni di contributi (che diventano 36 anni per lavoratori usuranti), ma valido solo per alcune categorie di persone svantaggiate come disoccupati, invalidi e lavoratori gravosi e usuranti, prevede per 12 mensilità l'erogazione di una cifra al massimo di 1.500 euro al mese da calcolare in base alle diverse condizioni del richiedente e relativi requisiti.
Il beneficio di 1.500 euro lordi mensili non è rivalutabile e non può essere soggetto a integrazione al trattamento minimo previdenziale, che nel 2024 si attesta a 6.702,54 euro annui, quindi in tal senso implica una perdita rispetto a chi percepisce un ‘normale’ pensionistico che viene rivalutato e integrato al minimo.
Anche andare in pensione prima con il contratto di espansione implica perdite sulla pensione finale. Secondo alcune simulazioni, infatti, l’uscita prima con il contratto d'espansione prevede una riduzione del netto di pensione che si percepisce in media del 16% per le fasce di reddito compreso tra i 30 e i 50mila euro.
E per ogni anno di ulteriore anticipo è prevista una riduzione dell’importo finale mensile di 50 euro, con una penalizzazione rispetto alla retribuzione netta che arriva al -27% per coloro a cui mancano 5 anni alla pensione finale. Per chi ha una retribuzione annua lorda di 30mila euro (1.650 euro di retribuzione netta mensile), andando in pensione anticipata con il contratto di espansione perderebbe mediamente circa 120 euro mensili.