Quando si parla di investimenti, il rapporto tra cliente e consulente finanziario è basato su fiducia e competenza professionale. Tuttavia, cosa accade quando un investimento si rivela infruttuoso o addirittura dannoso per il patrimonio dell'investitore?
La figura del consulente finanziario è caratterizzata da un elevato grado di specializzazione, come dimostrato dai rigorosi requisiti richiesti per svolgere questa professione. Gli aspiranti consulenti devono possedere:
L'accesso alla professione è facilitato per chi ha maturato esperienza come funzionario di banca nella commercializzazione di obbligazioni subordinate (per almeno tre anni), come responsabile di unità operative in istituzioni finanziarie, o come agente di cambio iscritto al ruolo unico nazionale.
L'iter di abilitazione prevede il superamento di un esame strutturato con una prova scritta della durata di 85 minuti, composta da 60 quesiti a risposta multipla di diverso valore. Le materie oggetto dell'esame includono:
Questa preparazione approfondita è finalizzata a garantire che i consulenti possiedano le competenze necessarie per gestire responsabilmente il patrimonio dei loro clienti, riducendo il rischio di investimenti inadeguati.
Il quadro normativo che disciplina l'attività dei consulenti finanziari impone specifici obblighi di condotta. In particolare, il consulente deve:
La normativa MIFID II ha ulteriormente rafforzato questi obblighi, introducendo requisiti più stringenti in materia di trasparenza e protezione degli investitori. Il consulente deve ora fornire informazioni dettagliate sui costi e gli oneri degli investimenti, oltre a valutare periodicamente l'adeguatezza del portafoglio rispetto agli obiettivi del cliente.
Il tema della responsabilità per investimenti non proficui è stato oggetto di numerose controversie legali. Un principio cardine è stato stabilito dalla Corte di Cassazione attraverso significative pronunce: la responsabilità del consulente finanziario (precedentemente denominato promotore finanziario) deve essere condivisa con l'istituto bancario o la società di intermediazione per cui opera.
In sostanza, entrambi i soggetti sono chiamati a risarcire in solido eventuali danni derivanti da un investimento inadeguato. Questo orientamento giurisprudenziale tutela il risparmiatore, ampliando la sfera dei soggetti responsabili e garantendo maggiori possibilità di ristoro in caso di perdite finanziarie.
Se da un lato l'investitore deve dimostrare il nesso causale tra il danno subito e le scelte consigliate dal consulente, dall'altro il professionista è sottoposto al controllo dell'istituto per cui opera, che stabilisce le linee guida da seguire. Qualora il consulente si discosti da tali direttive, potrebbe persino incorrere in una denuncia per truffa.
Diverse sentenze hanno contribuito a delineare con maggiore precisione i contorni della responsabilità del consulente finanziario. La giurisprudenza ha evidenziato come la violazione degli obblighi informativi costituisca una delle principali fonti di responsabilità.
In particolare, il consulente può essere ritenuto responsabile quando:
Un caso emblematico è rappresentato dalla sentenza n. 24044/2011 della Cassazione, che ha sancito la responsabilità solidale tra banca e consulente finanziario per i danni causati da investimenti inadeguati, stabilendo che l'intermediario risponde civilmente dei danni arrecati a terzi dal promotore finanziario, anche se questi ha agito oltre i limiti del mandato ricevuto.
In caso di danni derivanti da investimenti non adeguati, l'investitore dispone di diversi strumenti di tutela:
Per agire efficacemente, l'investitore danneggiato deve raccogliere tutta la documentazione relativa all'investimento (contratti, moduli di sottoscrizione, comunicazioni con il consulente) e dimostrare il nesso causale tra il comportamento del consulente e il danno subito.
La prescrizione del diritto al risarcimento per responsabilità contrattuale è di dieci anni, mentre per la responsabilità extracontrattuale è di cinque anni dal momento in cui il danno si è manifestato.
Sebbene la normativa e la giurisprudenza tendano a tutelare l'investitore, è importante sottolineare che anche quest'ultimo deve agire con diligenza. La Cassazione ha infatti stabilito il principio della concorrenza del fatto colposo del creditore, secondo cui il risarcimento può essere ridotto se l'investitore ha contribuito al verificarsi del danno.
Per tutelarsi preventivamente, l'investitore dovrebbe:
Una gestione consapevole del rapporto con il consulente finanziario rappresenta la prima forma di tutela contro investimenti inadeguati e le relative conseguenze negative.