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Con quanti soldi da investire sei un buon cliente per una banca? Ma attenzione sempre al rischio di consulenze pilotate

di Marcello Tansini pubblicato il
quando sei un buon cliente per una banca

Quanto bisogna investire per essere considerati un 'buon cliente' dalle banche? L'articolo esplora cifre richieste, vantaggi riservati ma anche rischi di consulenze pilotate e modi per difendere i propri interessi con alternative indipendenti.

Le banche rivolgono particolare attenzione a quei clienti che possiedono risorse finanziarie rilevanti, poiché questo tipo di clientela rappresenta per l’istituto una fonte di maggior redditività.

Il processo di valutazione si basa sulla disponibilità di capitali, l’affidabilità creditizia e la propensione all’investimento.

Avere una somma consistente da investire rende il cliente più appetibile per la banca, il che si traduce in un accesso a servizi personalizzati e condizioni più favorevoli su determinati prodotti finanziari.

Ma quali sono gli importi e le cifre che nel concreto rendono un cliente interessante per la banca? E quali sono i rischi di consulenze pilotate sia per questi clienti che anche per quelli con capitali minori?

Quale cifra investita rende un cliente interessante per la banca?

I parametri che definiscono l’interesse della banca nei confronti di chi investe variano in base all’istituto e al mercato di riferimento. In Italia, l’attenzione si focalizza solitamente su soglie di capitale investibile superiori a 50.000 euro, ma per accedere ai servizi di private banking la soglia può salire anche a 250.000 euro o più. In realtà, un deposito superiore ai 100.000 euro in banca già colloca il cliente nella fascia considerata “ad elevato valore”, sia per ragioni di redditività diretta sia per motivi legati alle normative sul Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi.

Gli scaglioni classici d’interesse sono:

  • Meno di 50.000 euro: considerato cliente standard; l’offerta d’investimento è basica.
  • Tra 50.000 e 250.000 euro: si accede a servizi più personalizzati, eventualmente con consulente dedicato.
  • Oltre 250.000 euro: soglie che aprono l’accesso a private banking, reportistica avanzata, soluzioni su misura.
La cifra investita conta non solo per la quantità, ma anche per la continuità e l’orizzonte temporale dell’investimento: patrimoni stabili e a lungo termine sono preferiti. Ci sono poi ulteriori vantaggi reputazionali, fiscali e di accesso al credito per chi detiene somme importanti.

Tuttavia, essere “clienti molto ricchi” attira anche maggiori attenzioni commerciali e promozionali su prodotti ad alto margine per la banca: da qui il tema delle consulenze non sempre super partes.

I vantaggi (e i rischi nascosti) riservati ai clienti con capitali rilevanti (ma anche minori)

Per chi supera determinate soglie di capitale investito, gli istituti finanziari offrono vantaggi come consulenza patrimoniale dedicata, offerte su misura su prodotti finanziari, accesso a condizioni più favorevoli su prestiti, mutui e altri servizi bancari.

È frequente la presenza di team multidisciplinari formati da private banker, consulenti legali e fiscali, o la possibilità di negoziare commissioni, costi o premium su tassi. In molti casi si può beneficiare di un canale di assistenza prioritario, eventi riservati, reportistica dettagliata e strumenti esclusivi come gestioni patrimoniali personalizzate.

Oltre a questi vantaggi esistono però rischi nascosti. (che occorre considerare anche assolutamente possibili e realistici anche quando si investono somme tra i 30-50mila euro o anche minori)

I clienti facoltosi rappresentano una fonte redditizia anche attraverso la proposta di prodotti ad alto margine per la banca, come polizze assicurative miste, gestioni patrimoniali interne, certificate strutturati e obbligazioni emesse dalla stessa banca.

Tali offerte, se non attentamente valutate, possono comportare commissioni elevate, mancanza di trasparenza sui costi effettivi o, peggio, conflitti di interesse tra consulente e cliente.

Cosa sono le consulenze pilotate e perché espongono a possibili conflitti d’interesse

La cosiddetta consulenza pilotata si verifica quando il suggerimento di investimento da parte del consulente bancario non nasce da un’analisi neutrale dei bisogni del cliente, ma segue priorità e obiettivi commerciali dell’istituto. In queste situazioni, i prodotti consigliati sono spesso quelli su cui la banca ottiene le commissioni più elevate o margini accessori, piuttosto che quelli realmente più adatti all’investitore. La natura di questo conflitto di interessi può essere evidente o sottile, ma il risultato è che il cliente riceve indicazioni non ottimali né realmente indipendenti.

Cosa succede nel concreto?

  • Assenza di indipendenza delle raccomandazioni: il consulente percepisce incentivi dal collocamento di determinati strumenti.
  • Focus su prodotti “di casa” o partnership commerciali.
  • Evidente rischio che il portafoglio dell’investitore sia sovraccaricato di polizze di risparmio, fondi della banca, certificate o obbligazioni emesse dallo stesso istituto.
Il conflitto d’interessi espone il risparmiatore al rischio di sottoscrivere strumenti costosi, scarsamente liquidi o troppo rischiosi per il profilo effettivo. La trasparenza, imposta da regolamenti come la Direttiva MIFID II, dovrebbe essere il riferimento, ma la realtà è che la consulenza pilotata persiste soprattutto, ma non solo verso clientela con ampi capitali.

Esempi pratici: prodotti tipici delle consulenze pilotate (polizze, fondi, certificate, obbligazioni della banca)

Nei portafogli dei clienti meglio “considerati” dalle banche si ritrovano spesso prodotti con costi elevati o rischio poco trasparente, perché garantiscono guadagni consistenti per l’intermediario. Ecco alcuni esempi comuni:

  • Polizze Unit Linked: abbinate ad assicurazioni sulla vita, sono proposte spesso per i benefit fiscali ma comportano costi di gestione e commissioni molto superiori ad altre soluzioni. La componente di investimento è frequentemente collegata a fondi gestiti dall’istituto stesso.
  • Fondi comuni “della casa”: vengono collocati in virtù di accordi interni, con commissioni annuali e d’ingresso spesso superiori a prodotti passivi o ETF.
  • Certificate: strumenti strutturati ad alto margine che prevedono opzioni finanziarie complesse, con alti costi impliciti e rischio poco chiaro per molti investitori.
  • Obbligazioni emesse dalla banca: apparentemente semplici ma spesso soggette a rischio emittente e rendimenti non sempre competitivi rispetto ad alternative sul mercato secondario.
Questi prodotti sono spesso parte di una consulenza pilotata, e possono determinare conflitti tra gli interessi dell’investitore – che cerca strumenti efficienti, liquidi e trasparenti – e quelli della banca che punta a massimizzare le commissioni. 

Come riconoscere una consulenza non indipendente e tutelare i propri interessi

Riconoscere una consulenza finanziaria non indipendente richiede attenzione a diversi segnali concreti:

  • Assenza di un’analisi comparativa tra prodotti di terzi e “di casa”.
  • Proposte concentrate su polizze e prodotti a gestione interna, con scarsa trasparenza sui costi complessivi.
  • Utilizzo di “pacchetti formato” o portafogli preconfezionati senza reale personalizzazione.
  • Difficoltà ad accedere a prodotti quotati o trasparenti come ETF, titoli di Stato o obbligazioni sul mercato pubblico.
  • Mancanza di un riepilogo chiaro su commissioni dirette e indirette, incentivi e oneri a carico del cliente.
La tutela passa dal pretendere informazioni puntuali su costi totali, rischi reali, modalità di remunerazione del consulente e strumenti investibili. Richiedere sempre la documentazione ufficiale (KID, prospetto informativo) è una buona prassi, così come confrontare alternative su piattaforme indipendenti.
Ove si rilevi insistenza su pochi prodotti, richiesta di sottoscrivere obbligazioni o polizze della banca stessa, è opportuno fermarsi e chiedere una seconda opinione.
 

Alternative trasparenti: come investire con meno costi e maggior controllo (BTP, BOT, ETF)

Strumenti più trasparenti e con bassi costi per chi desidera autonomia e controllo sono disponibili a tutti gli investitori, anche con capitali modesti.
Nel panorama dei prodotti efficienti e trasparenti figurano:

  • BTP e BOT: titoli di Stato italiani, con tassazione agevolata e rischio molto contenuto in relazione alla solidità dello Stato emittente. Consentono accesso diretto ai mercati con spese limitate.
  • ETF (Exchange Traded Funds): fondi passivi negoziati in borsa che replicano indici di mercato e consentono una forte diversificazione a costi bassi. Le commissioni di gestione sono spesso inferiori a 0,5%.
  • Depositi vincolati o conti deposito: garanzia del Fondo Interbancario fino a 100.000 euro, flussi d’interesse spesso più elevati del conto corrente ordinario.
Nel caso degli ETF, l’investitore può scegliere il paniere, la strategia e il livello di diversificazione in autonomia, mantenendo sempre la proprietà delle quote. Strumenti come questi favoriscono una gestione trasparente, costi sotto controllo e liquidità disponibile sul mercato secondario in tempi rapidi. Anche piccoli capitali possono essere investiti in ETF e titoli di Stato, venendo incontro alle esigenze di chi non raggiunge le soglie per il private banking o la consulenza personalizzata.

A chi rivolgersi per una vera consulenza finanziaria indipendente

Per chi desidera evitare conflitti di interesse nel ricevere una consulenza d’investimento, è possibile rivolgersi a professionisti come i consulenti finanziari indipendenti iscritti all’albo OCF (Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei Consulenti Finanziari). Questi professionisti, noti come “fee only”, non percepiscono commissioni dai prodotti collocati, ma vengono remunerati esclusivamente dal cliente stesso.

In alternativa, società di consulenza finanziaria autorizzate (SIM, SGR) che adottano un modello di servizio “fee only” e non entrano in conflitto con l’interesse dell’investitore. È sempre opportuno verificare l’iscrizione all’albo e la natura dei compensi.

In questo modo si è certi che il servizio offerto sia effettivamente orientato all’ottimizzazione dei costi, alla personalizzazione e alla trasparenza, senza pressioni commerciali o scelte condizionate da incentivi occulti.