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Se non partecipo a un corso di formazione sul lavoro cosa rischio davvero?

Partecipare ai corsi di formazione obbligatoria sul lavoro non solo una formalit: le conseguenze riguardano aspetti giuridici, disciplinari, assicurativi e la crescita professionale di dipendenti e datori di lavoro.

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
Se non partecipo a un corso di formazion

Al di là della classica prestazione lavorativa, esistono doveri aggiuntivi cui ogni lavoratore deve adeguarsi: tra questi, la partecipazione alle attività formative predisposte dal proprio datore di lavoro. L'obbligo nasce dalla necessità di garantire sia la sicurezza personale, sia il buon funzionamento del contesto produttivo, come stabilito principalmente dal Decreto Legislativo 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro).

Questo impianto normativo, rafforzato dai contratti collettivi nazionali di categoria e dalla recente giurisprudenza, delinea un quadro chiaro: la formazione non è una semplice facoltà, ma un dovere vincolante che tutela lavoratore, datore e collettività.

Cos'è la formazione obbligatoria e quando deve essere svolta

La formazione obbligatoria consiste in un insieme di attività teoriche e pratiche, necessarie per trasmettere ai dipendenti competenze aggiornate e conoscenze specifiche sui rischi e sulle corrette procedure lavorative. Oltre alle materie trasversali (come salute e sicurezza ai sensi del D.Lgs. 81/2008, art. 37), la formazione si articola in moduli generali e specifici, costruiti in base alle mansioni ed ai contesti aziendali. Il legislatore stabilisce precisi momenti in cui l'obbligo si materializza:

  • All'assunzione (formazione iniziale generale e specifica)

  • Al cambiamento di mansione e introduzione di nuovi rischi

  • In caso di significative modifiche organizzative o introduzione di nuove tecnologie

  • In occasione di aggiornamenti periodici, solitamente ogni 5 anni secondo accordi Stato-Regioni

La formazione aziendale deve essere gratuita per il lavoratore, sempre retribuita come orario lavorativo, anche se svolta fuori dal classico turno. È responsabilità del datore di lavoro organizzare le sessioni, coprendo spese accessorie e fornendo ogni supporto necessario. Una documentazione puntuale (firme, attestati, verbali) garantisce la tracciabilità degli adempimenti e la dimostrazione della corretta esecuzione dell'obbligo in caso di eventuali controlli da parte di enti ispettivi.

Il valore giuridico dell'obbligo formativo del lavoratore

Dal punto di vista legale, il dovere di aggiornamento e di partecipazione ai percorsi formativi integra il concetto di diligenza professionale richiesto dal rapporto di lavoro (art. 2104 c.c.). La giurisprudenza della Corte di Cassazione, con numerose sentenze, ha ribadito che rifiutare senza giustificato motivo la frequenza ai corsi costituisce una grave violazione del contratto, attaccando l'elemento fiduciario tra dipendente e azienda.

Le conseguenze non sono da sottovalutare: la mancata formazione può ostacolare il corretto svolgimento delle mansioni e, in caso di eventi dannosi, comportare responsabilità personali sia in ambito civile che penale. Per i lavoratori la mancata partecipazione non è quindi una scelta neutra, ma una infrazione che la normativa punisce severamente, sia nel settore pubblico sia nel privato.

Mancata partecipazione ai corsi: sanzioni disciplinari e legali

Il lavoratore che diserta le attività formative senza motivi oggettivi (ad esempio assenze per malattia documentata) compie un'infrazione disciplinare. La risposta del datore di lavoro deve seguire criteri di gradualità e proporzionalità, in linea con lo Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970) e i Contratti Collettivi Nazionali:

  • Richiamo scritto o verbale: primo livello di contestazione per l'assenza ingiustificata

  • Multa: detrazione fino a 4 ore di retribuzione

  • Sospensione dal lavoro e dallo stipendio per periodi limitati

  • Licenziamento per giusta causa: se il rifiuto è reiterato e ostinato, o quando la sicurezza propria e altrui viene compromessa, la Cassazione (sent. 12790/2024) riconosce la legittimità della risoluzione del rapporto di lavoro senza preavviso

Oltre alle misure disciplinari interne, la violazione dell'obbligo formativo può comportare vere e proprie sanzioni legali: nei casi più gravi sono previsti arresto fino a un mese o ammenda da 200 a 600 euro secondo la normativa vigente. La gravità della sanzione cresce proporzionalmente all'impatto della mancata formazione sulla sicurezza in azienda e sugli esiti di eventuali incidenti.

Rischi assicurativi e civili in caso di inadempienza formativa

Ignorare la formazione obbligatoria comporta ripercussioni non solo disciplinari, ma anche assicurative e civili. In caso di infortunio, un dipendente privo di adeguata preparazione rischia una riduzione della copertura INAIL o la negazione di alcune indennità, quando sia provato che il danno è diretta conseguenza dell'inosservanza degli obblighi formativi.

In situazioni dove l'inadempienza provoca danni a terzi o ai colleghi, il lavoratore può essere chiamato a rispondere anche sul piano personale, sia a livello patrimoniale (risarcimento danni) che penale, specie in caso di comportamenti particolarmente omissivi o negligenti. Questo aspetto viene ulteriormente aggravato in ragione della crescente attenzione da parte delle autorità ispettive e assicurative verso la documentazione e la tracciabilità delle attività formative svolte.

Obblighi e responsabilità del datore di lavoro in materia di formazione

Garantire percorsi formativi adeguati è una delle responsabilità più importanti per le aziende. Il datore di lavoro non solo deve organizzare e finanziare i corsi previsti dalla legge o dalla contrattazione, ma è anche chiamato a vigilare sulla loro effettiva frequenza e acquisizione di competenze. In questo processo, la pianificazione dettagliata e la conservazione di registri, firme e attestati assume valore probatorio fondamentale in sede di controllo. Nel caso di assenze, occorre attivare tempestivamente sessioni di recupero per evitare inadempienze documentate.

Una mancata vigilanza (culpa in vigilando) non solo espone a sanzioni, ma mette a rischio la sicurezza generale dell'ambiente di lavoro, con effetti a catena su produttività, clima aziendale ed engagement dei dipendenti.

Sanzioni e conseguenze per il datore che non garantisce la formazione

In caso di inadempimento dei propri obblighi formativi, il datore di lavoro va incontro a sanzioni rilevanti di natura amministrativa, civile e penale. Queste includono:

  • Multe da 1.200 a 8.784 euro (secondo numero e categoria dei dipendenti, in base al D.Lgs. 81/2008 e accordi Stato-Regioni)

  • Arresto da 3 a 6 mesi nei casi più gravi, elevabile fino a un anno se dall'omissione derivano lesioni colpose

  • Responsabilità civile per danni occorsi a lavoratori o terzi, riconducibili a una carente preparazione

  • Possibilità di sospensione dell'attività aziendale in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni degli enti di vigilanza

Nelle situazioni più drammatiche (es. decesso del dipendente per infortunio legato a mancata formazione) la pena detentiva può estendersi fino a 5 anni per omicidio colposo. Ad aggravare la posizione aziendale concorre anche la trascuratezza documentale e la mancata implementazione di percorsi di recupero in caso di assenze giustificate.