Nel tessuto economico nazionale, gli strumenti pubblici a sostegno delle attività produttive hanno rappresentato spesso una leva decisiva. Tuttavia, negli ultimi anni, le strategie adottate per rilanciare il comparto industriale hanno sollevato numerose perplessità relativamente all’efficacia, alla tempestività e alla gestione delle risorse. Sulle misure per le imprese il governo ha fatto un disastro è una valutazione diffusa tra analisti ed esperti, legata a una sequenza di provvedimenti caratterizzati da scelte altalenanti e da comunicazioni poco chiare. Dalla riduzione dei fondi ai meccanismi di accesso complessi, fino al rapido esaurimento delle risorse disponibili, il quadro generale evidenzia criticità strutturali che incidono sulla fiducia e sulla programmazione delle aziende.
Transizione 5.0 e 4.0: stato attuale, criticità e prospettive di rifinanziamento
I piani Transizione 5.0 e 4.0 sono stati ideati per favorire la digitalizzazione e l’efficientamento energetico del sistema produttivo attraverso sgravi fiscali. La prima versione di Transizione 5.0, inserita nella revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), era dotata di un finanziamento di 6,3 miliardi di euro. Tuttavia, a causa del basso numero iniziale di richieste — dovuto in parte a procedure lente e requisiti complessi di certificazione — il governo ha ridotto i fondi a 2,5 miliardi, per poi trovarsi impreparato quando la semplificazione delle regole ha portato a un boom di domande, esaurendo rapidamente le risorse.
- Complessità procedurale e incertezza: La necessità di dimostrare dettagliatamente l’impatto degli investimenti sul risparmio energetico ha scoraggiato molte imprese, generando confusione e diffidenza. I ripetuti cambi delle regole hanno aumentato l’incertezza.
- Esaurimento fondi e comunicazione carente: L’improvvisa comunicazione di fondi esauriti ha lasciato numerosi progetti senza copertura. Il governo, da un lato, invitava le aziende a presentare comunque domanda, promettendo ipotetici rifinanziamenti futuri, ma senza precise garanzie.
- Sovrapposizione dei meccanismi 4.0 e 5.0: L’incentivo parallelo (Transizione 4.0) ha sofferto del medesimo destino, segnalando una falla di coordinamento nell'allocazione delle risorse.
Per il 2026 è previsto un rifinanziamento per la sola Transizione 5.0 di ulteriori 4 miliardi di euro; tuttavia sorgono dubbi sulla compatibilità delle nuove domande con i requisiti futuri, dato che il prossimo anno la formula dell’incentivo cambierà radicalmente (da credito d’imposta a altra modalità di sostegno). Le incertezze normative e finanziarie rischiano di penalizzare soprattutto le piccole e medie imprese, ed evidenziano quanto sia urgente una pianificazione trasparente e di lungo periodo, studiata secondo criteri di efficienza, innovazione e reale impatto ambientale.
Impatto e limiti delle politiche di incentivo nei settori strategici: il caso ex ILVA e industria siderurgica
La questione delle politiche di incentivo nei settori strategici si manifesta in modo emblematico nell’ex ILVA di Taranto, oggi Acciaierie d’Italia. Dopo anni di promesse sulla decarbonizzazione del sito produttivo, ancora permangono ostacoli tecnici, sociali e finanziari. La conversione degli impianti dal carbone a forni elettrici (EAF) e impianti per il preridotto (DRI) implica una drastica riduzione dei dipendenti diretti e indiretti e richiede ingenti investimenti, stimati in almeno 3,2 miliardi di euro per il solo processo di trasformazione, secondo le stime più prudenti.
- Dilemma tra ambiente e occupazione: La riduzione dell’impatto ambientale, fortemente richiesta dalla Commissione Europea, rischia di tradursi in licenziamenti di massa se non accompagnata da politiche efficaci di reimpiego e formazione. La Germania, ad esempio, ha destinato oltre 7 miliardi al settore negli ultimi anni, dimostrando che il sostegno pubblico, se mirato, può tutelare anche l’occupazione.
- Riorganizzazione e carenza di visione: Il caso ex ILVA evidenzia la necessità di una cabina di regia pubblica, non solo per attrarre investitori ma anche per coordinare la riqualificazione professionale, gli incentivi all’esodo e i prepensionamenti, come richiesto dai sindacati.
- Esperienze all’estero: Realità come Thyssenkrupp in Germania o SSAB nei Paesi nordici mostrano che un approccio integrato, con gestione pubblica e formazione continua verso le nuove tecnologie (ad esempio l’idrogeno), permette di superare molte criticità italiane, garantendo una transizione giusta ed equa.
La mancanza di una strategia chiara, capace di conciliare l’esigenza di decarbonizzare e mantenere l’occupazione, rappresenta ancora oggi un limite per la competitività del settore siderurgico nazionale nei prossimi anni.
Superbonus: effetti sull’economia, sulle imprese e le conseguenze sui conti pubblici
L’introduzione del Superbonus edilizio ha innescato una delle maggiori espansioni finanziarie degli ultimi decenni, generando però gravi conseguenze per la sostenibilità della finanza pubblica. Con una spesa complessiva di circa 220 miliardi di euro in tre anni (pari all’11% del PIL) e una copertura concentrata su appena il 4% delle abitazioni, la misura si è rivelata insostenibile nel medio termine.
| Categoria |
Effetto diretto |
Criticità |
| Stato |
Buco strutturale nei conti pubblici (~40 miliardi/anno da coprire nei prossimi anni) |
Mancanza di presidi tecnici e di monitoraggio ex ante |
| Imprese |
Espansione della domanda edilizia e occupazione nel breve termine |
Intervento “one shot” senza riforme strutturali; distorsioni di mercato |
| Economia reale |
Risultati positivi per alcuni comparti |
Assenza di effetti duraturi e mancanza di un approccio selettivo ed equo |
- Superficialità di valutazione: Scelte politiche trasversali, mancanza di coraggio nell’ammettere errori ed eccessivo affidamento sul credito d’imposta hanno favorito sprechi e aumentato il rischio di frodi.
- Opportunità mancate: Con lo stesso importo, sarebbe stato possibile modernizzare sistemi chiave come la sanità pubblica o supportare riforme strutturali di maggiore impatto collettivo.
L’esperienza del Superbonus evidenzia i limiti di politiche emergenziali e poco mirate, sottolineando la necessità di strumenti calibrati su analisi costi-benefici rigorose e su una valutazione trasparente delle priorità nazionali.
La questione della sicurezza nei cantieri finanziati da fondi pubblici e incentivi statali
Il tema della sicurezza nei cantieri finanziati da incentivi pubblici è riemerso prepotentemente dopo una serie di gravi infortuni, compresi casi fatali come il crollo della Torre dei Conti durante lavori finanziati con fondi PNRR. Nonostante le verifiche tecniche preventive e la selezione di imprese apparentemente in regola, le indagini spesso mettono in luce problematiche legate a subappalti, monitoraggi insufficienti e accelerazioni operative per rispettare i vincoli temporali di spesa.
- Catena dei subappalti: È uno degli anelli più deboli dell’intera filiera, in cui il controllo effettivo sulla sicurezza si disperde tra fornitori secondari e principali.
- Limitazioni normative: Le recenti modifiche legislative si sono concentrate su premi per le imprese con basse incidenze di infortuni, più che su sanzioni e monitoraggi preventivi, come richiesto dai sindacati.
- Dati allarmanti: Secondo l’Inail, il 2024 ha già visto oltre mille decessi sul luogo di lavoro, sintomo di una stretta connessione tra la spinta accelerata dell’esecuzione dei lavori e l’inadeguatezza dei controlli.
Lo scenario suggerisce che la tutela della salute e sicurezza debba essere rafforzata non solo tramite regolamenti più stringenti, ma soprattutto attraverso l’investimento sulla formazione, la trasparenza nelle gare d’appalto e nei subappalti, e un sistema di monitoraggio realmente operativo.