Banca Progetto si trova in una fase estremamente delicata della propria storia recente, caratterizzata dalla necessità di un’estensione dei tempi per la conclusione del piano di rilancio. Commissariata dal marzo scorso e controllata quasi interamente dal fondo americano Oaktree dal 2015, l’ex Banca Popolare Lecchese rischia una liquidazione che avrebbe effetti rilevanti per l’intero sistema creditizio nazionale. La settimana prenatalizia ha visto la concomitante riunione dei principali consigli d’amministrazione di Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Bpm, Bper e Monte dei Paschi, con l’obiettivo condiviso di dare il via libera alla proroga del term sheet concordato con il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd). Un passaggio tecnico ma determinante che consente di prendere tempo per completare i passaggi previsti dalla complessa operazione di salvataggio, scongiurando scenari di dissesto che metterebbero a rischio la stabilità dei risparmiatori e degli attori economici connessi all’istituto milanese.
Le origini della crisi di Banca Progetto: governance, garanzie pubbliche e gestione dei prestiti
L’evoluzione che ha portato Banca Progetto alla crisi attuale ha radici profonde in alcune scelte strutturali e gestionali. Dopo la sua trasformazione nel 2015 in seguito all’acquisizione da parte di Oaktree, la banca si è specializzata nell’erogazione di prestiti alle PMI, facendo leva sulle ampie coperture del Fondo di Garanzia di Mediocredito Centrale (MCC) e della Sace. La direzione, fortemente verticistica sotto il management di Paolo Fiorentino (ex Unicredit e Carige, dimessosi nel febbraio scorso), ha adottato prassi di credito estremamente flessibili, con l’opportunità di accedere a garanzie statali che limitavano il rischio per l’istituto ma, come emerso, aumentavano il rischio per la collettività.
- Il business model era focalizzato su finanziamenti garantiti destinati a un target di imprese spesso poco servite dal circuito tradizionale
- L’attenzione e il monitoraggio sui crediti erogati si sono progressivamente allentati, come rilevato dalle ispezioni della Banca d’Italia e dalla recente amministrazione giudiziaria
- Il contesto di forte crescita dei volumi non è stato accompagnato da adeguati meccanismi di controllo, determinando una significativa quota di crediti deteriorati e proceduralmente contestati
L’esperienza recente mostra come la gestione delle garanzie pubbliche sia divenuta
elemento critico: prestiti per centinaia di milioni di euro sono stati elargiti sfruttando la copertura fornita dallo Stato, talvolta in situazioni di dubbia meritevolezza del richiedente. Tale dinamica ha reso l’istituto particolarmente esposto in caso di deterioramento dei portafogli di credito e ha aperto la porta ad accuse giudiziarie legate sia a malversazione sia a indebita percezione di fondi pubblici, aggravando ulteriormente la posizione della banca.
Il piano di salvataggio: fasi, attori coinvolti e aumenti di capitale
La roadmap per risanare l’istituto si articola in più fasi distinte, definite in collaborazione con la Banca d’Italia e il Fondo Interbancario. L’obiettivo prioritario è di riportare la banca sopra i livelli minimi regolamentari di capitale, superando il rischio sistemico generato dal deficit patrimoniale. Il piano prevede:
- Cessione a operatori specializzati di una parte sostanziale dei crediti deteriorati (oltre 1,3 miliardi nominali)
- Ricostituzione dei coefficienti patrimoniali attraverso un aumento di capitale, con risorse provenienti dal Fitd e dalle cinque principali banche italiane
- Successiva cessione della quota detenuta dal Fitd in una newco partecipata dagli istituti aderenti, con mantenimento di una presenza residuale nel capitale della banca (9,9%)
Nel contesto della crisi – aggravata dalla mancata cessione del 2024 e dall’accantonamento di trattative internazionali (con i fondi Centerbridge e JC Flowers) – si è reso necessario
un continuo aggiornamento delle stime sulle necessità patrimoniali. Da una previsione iniziale di 440 milioni si è arrivati, dopo accurate analisi sui portafogli e il contesto macroeconomico peggiorato, a un fabbisogno di circa 700 milioni di euro.
Il fondo Oaktree, attuale azionista di riferimento, non parteciperà all’aumento, subendo una diluizione quasi integrale della propria quota di controllo.
Il ruolo del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd) e delle principali banche italiane
L’intervento del Fitd si è confermato come perno del piano di salvataggio. In qualità di consorzio obbligatorio delle banche spa, il Fitd ha assunto l’onere di sottoscrivere la quota maggiore nell’aumento di capitale riservato, agendo in coordinamento con i vertici di Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Bpm, Montepaschi e Bper. L’operazione, seguita con attenzione dagli organi di vigilanza della Banca d’Italia, mira a preservare la solidità del sistema bancario e la fiducia dei depositanti, evitando ripercussioni a catena che una liquidazione determinerebbe nel contesto nazionale.
- Il Fitd sottoscriverà la ricapitalizzazione, successivamente trasferendo le partecipazioni in una newco delle cinque grandi banche
- Le banche coinvolte assicureranno la tenuta del piano e parteciperanno tramite la sottoscrizione delle obbligazioni derivanti dalla cartolarizzazione dei crediti «in bonis»
- Resterà una piccola quota di partecipazione del Fitd, a garanzia dell’allineamento degli interessi tra il fondo e il sistema bancario allargato
Mediocredito Centrale e Cassa Depositi e Prestiti potrebbero prendere parte all’operazione, migliorando la copertura della cartolarizzazione e diluendo ulteriormente il rischio specifico.
Cartolarizzazione dei crediti in bonis e cessione degli Npl
Uno snodo essenziale del piano di risanamento è rappresentato dalla gestione del portafoglio crediti, suddiviso tra crediti in bonis (patrimonio «sano») e crediti deteriorati (Npl). La maxi cartolarizzazione dei crediti performanti, quantificata in circa 4 miliardi, verrà sottoscritta in prevalenza dai cinque grandi gruppi bancari coinvolti, mentre la cessione degli Npl (oltre 1,3 miliardi) dovrà essere perfezionata con la collaborazione di operatori specializzati come Amco, Christofferson Robb & Company (Crc), Fortress, Barclays e Deutsche Bank.
- Il successo della cessione degli Npl dipende dal prezzo offerto: un valore troppo basso accresce le necessità di ricapitalizzazione, incidendo sui requisiti regolamentari post-vendita
- Una quota significativa dei crediti deteriorati è assistita da garanzia pubblica MCC o Sace, ma le indagini penali in corso rischiano di compromettere l’escussione di queste garanzie, con ulteriore impatto negativo sugli equilibri finanziari
- La definizione della platea degli acquirenti e la gestione delle contestate garanzie restano elementi nevralgici per la buona riuscita dell’intero disegno
Eventuali ritardi o dispute nella determinazione dei valori rischiano di prolungare indefinitamente la procedura, allontanando la stabilità dall’istituto e amplificando i costi per l’intero sistema.
Le implicazioni delle inchieste giudiziarie e l’impatto sulle garanzie pubbliche
L’apertura di vari fascicoli da parte delle Procure di Roma e Milano ha avuto effetti considerevoli sul percorso di riorganizzazione. Sono almeno 52 gli indagati a vario titolo, chiamati in causa per malversazione, indebita percezione di erogazioni pubbliche e rapporti opachi con ambienti criminali. Gli atti delle autorità evidenziano attenzione su prestiti concessi a realtà vicine alla criminalità organizzata – in particolare la ‘ndrangheta – e su modalità di gestione del credito poco in linea con le buone prassi.
- L’entità della quota di crediti “a rischio” per indagini ha comportato l’esclusione di una parte del portafoglio dalla cessione prevista e l’impossibilità di attivare l’ombrello protettivo delle garanzie pubbliche
- Gli organismi regolatori e il MCC potrebbero negare l’escussione della garanzia, generando un effetto domino sul valore degli asset e sugli oneri supplementari da sostenere nel processo di risanamento
- Il danno reputazionale è stato amplificato dall’impatto mediatico delle indagini e dalle note negative espresse dagli organi ispettivi sulla gestione accentratissima dell’ex AD Fiorentino e sui processi interni di controllo
Le questioni giudiziarie, oltre a pesare sul bilancio, contribuiscono a rendere più complesso il quadro regolatorio e la tempistica del salvataggio, con potenziali effetti anche sulle richieste dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato e concorrenza.
Impatto economico e implicazioni di sistema: settore bancario e politiche di garanzia pubblica
La situazione evidenziata dal caso Banca Progetto impone un’ampia riflessione sulle politiche di sostegno pubblico al credito e sui rischi sistemici connessi a tali strumenti. La crescita vertiginosa dei finanziamenti assistiti da garanzia pubblica negli anni recenti – soprattutto in fase di crisi sanitaria ed economica – ha favorito l’accesso al credito per le imprese, ma ha parimenti generato vulnerabilità crescenti per il sistema creditizio in assenza di controlli rigorosi.
- L’aumento continuo dei costi necessari per il salvataggio (da 400 a oltre 700 milioni di euro) testimonia la difficoltà di stimare con precisione i rischi connessi all’elevata presenza di crediti garantiti ma di qualità dubbia
- La cartolarizzazione dei crediti sani e l’uscita di operatori poco selettivi dal comparto bancario rappresentano una risposta d’emergenza, dovuta anche alla pressione normativa (Regolamento UE sugli aiuti di Stato, regole EBA, Circolari Bankitalia)
- Le rettifiche sulle garanzie pubbliche e il dibattito politico successivo alla crisi segnalano l’intenzione di ridefinire il perimetro, il livello di copertura e i criteri di accesso alle garanzie statali, con il rischio che le PMI più deboli risultino penalizzate
Il sistema bancario italiano è chiamato a fare quadrato attorno a questa vicenda, pur in un contesto di congiuntura incerta segnato dalla tassa sugli extraprofitti e dalla revisione delle soglie minime per la copertura pubblica dei prestiti.