Ispezioni a distanza e una verifica ogni quattro anni: ecco come cambiano i controlli sulle caldaie di casa 2026 con il nuovo Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica
Un cambiamento significativo nelle modalità di verifica degli impianti termici domestici si profila all'orizzonte: dal 2026, secondo la bozza di nuovo Decreto del Presidente della Repubblica proposta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, le verifiche per le caldaie con potenza inferiore ai 70 kilowatt potrebbero non prevedere più visite fisiche in casa. Questa possibile riforma, destinata a incidere su circa 20 milioni di impianti domestici in Italia, punta a sostituire le consuete ispezioni domiciliari con controlli documentali effettuati a distanza dagli enti preposti. Il dibattito è acceso.
L’attuale quadro normativo in materia di impianti termici civili è regolato dal DPR 74/2013, che disciplina i controlli periodici sull’efficienza energetica delle caldaie a servizio degli edifici. Oggi la verifica comporta principalmente due livelli:
Nel dettaglio, il sistema sanzionatorio tiene conto della gravità della violazione, con pene più severe nei casi di omissione sistematica dei controlli o falsificazione dei documenti. L’obiettivo della legge è duplice: garantire una maggiore sicurezza contro rischi di incidenti domestici, come fughe di gas o emissioni nocive, e assicurare la coerenza con gli obiettivi ambientali di riduzione delle emissioni dannose.
Oggi la frequenza dei controlli può variare a livello regionale, con alcune zone, come la Lombardia, che prevedono ispezioni annuali su un campione di impianti, mentre in altre province le verifiche avvengono ogni due o quattro anni.
La corretta manutenzione non rappresenta solo un obbligo legale: è anche una tutela concreta per la salute degli abitanti e per la stabilità degli edifici. I dati forniti dal Comitato Italiano Gas parlano chiaro: tra il 2019 e il 2023, oltre mille incidenti domestici sono stati associati a malfunzionamenti o anomalie non rilevate tempestivamente, con conseguenze a volte tragiche per lesioni e decessi.
Nella bozza di decreto attualmente in discussione, viene introdotta una rivoluzionaria modifica al sistema dei controlli: per tutte le caldaie fino a 70 kW, niente più ispezioni in presenza. Queste verifiche saranno effettuate esclusivamente a distanza, attraverso l’analisi dei dati trasmessi e della documentazione fornita dagli installatori e manutentori ai catasti degli impianti termici.
Il provvedimento, se confermato, si applicherà alla quasi totalità delle abitazioni. Basti pensare che il limite di 70 chilowatt coinvolge sia case monofamiliari che la maggioranza degli stabili plurifamiliari italiani. A partire dal 2026, le ispezioni dirette verrebbero sostituite da:
Tuttavia, secondo numerose voci del mondo professionale e associativo (tra cui l’Unione Artigiani di Milano e Monza Brianza), questa semplificazione presenta punti deboli evidenti. In primo luogo, l’efficienza dei catasti digitali degli impianti è stata criticata per incompletezza e scarsa interoperabilità tra le diverse banche dati. Le piattaforme attuali faticano a incrociare informazioni essenziali, come l’anagrafica degli edifici, i contratti di fornitura del gas e le effettive condizioni di abitabilità.
In secondo luogo, l’eliminazione delle visite fisiche rischia di depotenziare la prevenzione in materia di sicurezza e ambiente: in passato, è stata proprio la presenza di tecnici specializzati a individuare condizioni di rischio, come guasti invisibili, caldaie obsolete, dispersioni. Il controllo a distanza, se non supportato da sistemi informativi impeccabili, potrebbe risultare inefficace per monitorare realmente lo stato di salute degli apparecchi domestici.
Un ulteriore elemento di novità presentato nella bozza del nuovo regolamento riguarda i tempi dei controlli di efficienza energetica: la soglia minima nazionale si assesterebbe su un’unica verifica ogni quattro anni. Le Regioni potranno introdurre cadenze più serrate solo a fronte di chiare e motivate esigenze locali.
Questo scenario rappresenta un importante allentamento rispetto a molte attuali normative regionali, soprattutto in aree fortemente urbanizzate dove, fino ad oggi, erano richiesti controlli annuali o biennali su una quota di impianti domestici.
Secondo le osservazioni di diversi esperti e associazioni di settore, questa dilatazione dei tempi potrebbe comportare:
Le principali criticità individuate sono:
Infine, sul fronte ambientale le caldaie domestiche rappresentano una fonte significativa di emissioni di polveri sottili e gas inquinanti. La scelta di ridurre frequenza e profondità dei controlli potrebbe comportare un aumento delle emissioni in contrasto con gli obiettivi nazionali di qualità dell’aria e di riduzione dell’impatto climatico.