Il blocco della circolazione auto previsto per il 2026 si inserisce in un mosaico di norme nazionali e regionali, coinvolgendo modelli, territori e introducendo nuove sfide e opportunitŕ.
Nel panorama della mobilità italiana si avvicina una scadenza determinante per milioni di automobilisti: il blocco di circolazione per alcuni veicoli previsto dal 2026. Questa misura, risultato di un percorso normativo e ambientale articolato, avrà un impatto diretto su città e regioni ad alta densità abitativa, principalmente nel Nord del Paese. Le nuove restrizioni nascono dall'esigenza di ridurre le emissioni inquinanti e riportare i livelli di qualità dell'aria entro i limiti fissati dall'Unione Europea.
Nel corso degli ultimi anni, discussioni e rinvii hanno dato forma a un quadro normativo in evoluzione che prevede ora limitazioni su base demografica e territoriale, con attenzione particolare al fattore sociale ed economico. Le domande più comuni riguardano le tipologie di veicoli coinvolti, le zone interessate e le modalità con cui ciascuna regione potrà interpretare o modulare questi vincoli.
Le radici legislative che hanno portato al blocco per determinate classi di autoveicoli nel 2026 sono da ricercare nel decreto-legge 121/2023, convertito con la L. 155/2023 e nella risposta alle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione Europea nei confronti dell'Italia per il mancato rispetto dei limiti su PM10 e NO2. La direttiva 2008/50/CE dell'Unione Europea impone standard rigorosi su inquinanti atmosferici, la cui violazione ha obbligato le autorità italiane a intervenire.
La scelta di intervenire sulle auto e sui veicoli più impattanti nasce da precise rilevazioni sul contributo di questo comparto alle emissioni complessive, specialmente nelle aree più industrializzate e popolate come la Pianura Padana.
Nel 2025, con il decreto Infrastrutture (D.L. 73/2025), il Governo ha proposto un rinvio del blocco delle auto diesel Euro 5 al 2026. L'intenzione è stata evitare una follia economico-industriale, nelle parole del Ministro delle Infrastrutture, favorendo una transizione ecologica più sostenibile e graduale.
L'approccio italiano si ispira anche al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, sancito dall'art. 117 della Costituzione, offrendo margini per azioni locali differenziate laddove necessario. Infatti, l'applicazione del divieto è subordinata all'adozione di misure compensative, tra cui miglioramenti energetici e incentivi per la mobilità alternativa, per bilanciare le esigenze ambientali con quelle socio-economiche.
A partire dal 1° ottobre 2026, le nuove limitazioni coinvolgeranno prevalentemente le autovetture diesel appartenenti alla categoria Euro 5, ovvero quei veicoli immatricolati fra il 2011 e il 2015. Si stima che in Italia siano ancora in circolazione oltre 1,3 milioni di vetture di questa classe ambientale, alle quali si aggiungono veicoli commerciali leggeri (categorie N1-N2) che saranno progressivamente coinvolti a partire dallo stesso periodo:
L'impianto nazionale definisce il quadro di partenza, ma demanda alle Regioni la possibilità di introdurre deroghe o esenzioni puntuali. Alcune categorie, come i mezzi di soccorso o gli operatori a basso reddito, potranno beneficiare di forme dedicate di flessibilità. Il sistema prevede anche un'attenzione particolare a chi aderisce a programmi come Move-In, che consente la circolazione con monitoraggio dei chilometri percorsi tramite dispositivi GPS autorizzati.
Il quadro delle limitazioni risulta particolarmente articolato sul piano territoriale. Le regioni del Nord Italia-Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna-costituiscono il fulcro degli interventi, principalmente per via della concentrazione di inquinanti registrata nella zona del Bacino Padano.
A partire dal 2026, il divieto di circolazione per i diesel Euro 5 verrà imposto solo nei comuni con più di 100.000 abitanti, a differenza degli iniziali 30.000 residenti previsti nei primi testi normativi. Città come Milano, Torino, Bologna rientrano dunque tra i principali centri direttamente interessati dalla limitazione, mentre nei centri minori il blocco potrà essere posticipato o gestito diversamente, in base alle condizioni locali e al livello di inquinamento:
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Regione |
Città coinvolte |
Applicazione blocco |
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Lombardia |
Milano, Brescia, Bergamo |
Dal 1° ottobre 2026 (solo comuni sopra 100.000 abitanti) |
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Piemonte |
Torino |
Dal 1° ottobre 2026 |
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Veneto |
Verona, Padova, Venezia |
Dal 1° ottobre 2026 |
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Emilia-Romagna |
Bologna, Modena |
Dal 1° ottobre 2026 |
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Lazio |
Roma (ZTL fascia verde invernale) |
Stop dal 1° novembre 2025, salvo misure alternative |
Una delle principali novità introdotte dalla recente normativa riguarda la maggiore facoltà per le Regioni di adattare le restrizioni in base alle esigenze locali. Dal 2026, infatti, i governi regionali potranno sostituire il blocco strutturale dei diesel Euro 5 con misure alternative inserite nei rispettivi piani di qualità dell'aria, purché raggiungano risultati simili in termini di riduzione delle emissioni:
L'introduzione del divieto, seppur circoscritta e gradualmente modulabile, comporterà notevoli conseguenze per i proprietari di veicoli interessati. Si prevede che, a livello nazionale, oltre 1 milione di cittadini e numerose aziende dovranno affrontare decisioni delicate riguardo la sostituzione degli automezzi o la pianificazione delle proprie attività logistiche.
In particolare, il valore delle autovetture usate subirà inevitabili fluttuazioni, con una contrazione della domanda per i veicoli non più autorizzati alla circolazione nelle aree urbane. Si verificherà inoltre una maggiore pressione sul mercato automobilistico, che potrebbe tradursi in aumenti di prezzo per i modelli conformi ai nuovi standard.
Dal punto di vista delle imprese, il blocco rischia di incrementare i costi operativi e/o di investimento, soprattutto per chi dispone di flotte aziendali non ancora rinnovate. Per alcune categorie, come autotrasportatori o operatori del trasporto pubblico locale, l'entità dell'impatto dipenderà dalle eventuali deroghe e dai piani di rinnovo incentivato presenti a livello locale.
È altresì atteso un effetto indiretto sulle fasce più deboli della popolazione, specie per chi risiede o lavora in aree mal servite dal trasporto pubblico o per chi ha un profilo reddituale più basso.
Per chi non rispetterà le nuove limitazioni sono previste sanzioni economiche rilevanti: le multe partono da 168 euro e possono arrivare fino a 679 euro, a cui può aggiungersi la sospensione della patente da 15 a 30 giorni per recidiva.
Il quadro delle deroghe resta comunque variegato e attento a categorie particolarmente esposte o meritevoli di tutela: