Nel 2026 la Manovra Finanziaria introduce una tassa di 2 euro su tutti i piccoli pacchi spediti, sia dalle nazioni extra UE che all'interno dell'Italia. Analisi su scopi, impatti economici, rischi e questioni normative europee.
Una delle novità più rilevanti della Manovra Finanziaria 2026 riguarda l’introduzione di un prelievo su tutte le microspedizioni dell’e-commerce, destinato a cambiare abitudini di acquisto e strategie commerciali. La misura prevede l’applicazione di un contributo fisso di 2 euro a ogni pacchetto di piccole dimensioni, specificamente mirato alle spedizioni che partono oppure arrivano in Italia, coinvolgendo così sia l’import che l’export nazionale. Questa soluzione, concepita anche per rispondere alle esigenze di armonizzazione con le politiche europee, interviene nel quadro di una crescente attenzione alle pratiche di concorrenza sleale e all’aumento esponenziale delle spedizioni a basso costo tramite piattaforme online internazionali come Shein, Temu e AliExpress. Il provvedimento potrebbe segnare un punto di svolta per il commercio digitale e per la regolamentazione delle spedizioni di piccolo importo, sia extra europee sia interne al territorio nazionale.
Il contesto internazionale, segnato dall'aumento del commercio digitale e da una concorrenza sempre più agguerrita da parte delle piattaforme asiatiche, ha portato le istituzioni europee a discutere strumenti fiscali inediti. Nel 2024, nell’Unione Europea sono arrivati 4,6 miliardi di piccoli pacchi, in massima parte dalla Cina: il 91% delle spedizioni di basso valore. Questa crescita ha avuto importanti ripercussioni sulla capacità dei sistemi doganali di esercitare controlli efficaci, e ha dato luogo a scompensi competitivi per i produttori europei.
In risposta, i ministri dell'Economia dell'Ue hanno posto fine all’esenzione dai dazi doganali per le spedizioni inferiori a 150 euro; una soglia che aveva favorito negli anni l’espansione dei marketplace internazionali, facendo saltare i parametri di equità concorrenziale. Paesi come Francia, Italia e Spagna hanno intensificato le proprie pressioni sulla Commissione Europea per accelerare l’introduzione di misure condivise, anche in virtù delle iniziative già adottate dagli Stati Uniti, dove lo status di esenzione doganale è stato revocato per acquisti dall’estero di valore inferiore a 800 dollari. L’obiettivo europeo è fermare il dumping e contenere i rischi legati all’importazione di merce contraffatta o non conforme agli standard di sicurezza.
Le istituzioni italiane, appoggiate dalle associazioni di categoria del commercio e della moda, hanno chiesto una soluzione coordinata tra gli Stati membri per evitare un approccio frammentato e inefficace. Da qui la proposta della Commissione Europea, discussa già da luglio 2025, di introdurre una tassa di 2 euro a pacco per tutte le microspedizioni, e di armonizzare gli interventi a livello fiscale e amministrativo tra i vari paesi membri. Si tratta di una risposta alla crescita vertiginosa dei volumi e ai problemi di equità fiscale che colpiscono in particolare i comparti del retail tradizionale e della produzione locale.
La misura non si limita alle importazioni extra-Ue, ma coinvolge anche le spedizioni nazionali: a essere colpiti dal prelievo saranno sia i pacchi provenienti dall’estero che quelli inviati tra diverse città o regioni d’Italia. Questa scelta nasce dall’esigenza di non trasformare la misura in un semplice dazio, il cui ambito di applicazione sarebbe stato limitato dalle norme europee sulle dogane, e di evitare distorsioni nei flussi commerciali interni.
Il prelievo si applicherà a tutti i piccoli pacchi inferiori a 2 chilogrammi, e/o di valore inferiore a 150 euro, siano essi destinati al mercato italiano da Paesi terzi oppure spediti tra operatori nazionali tramite portali di e-commerce o servizi di corriere. Le piattaforme digitali come Shein, Temu e AliExpress saranno soggette al versamento della tassa, che potrà essere addebitata ai clienti o assorbita nei costi di gestione.
La differenza sostanziale rispetto ai precedenti regimi consiste nell’inclusività della norma: il contributo interesserà tanto gli acquirenti quanto i venditori privati e professionali italiani che utilizzano i marketplace digitali per spedire prodotti a clienti in altre parti del Paese. Questo comporterà una generale rimodulazione delle strategie di prezzo e consegna per molti attori dell’e-commerce.
La tassa di 2 euro sulle microspedizioni risponde anche alla domanda di equità tra operatori italiani e internazionali, cacciando i fenomeni di concorrenza sleale e garantendo maggiori risorse per i controlli doganali e le casse dello Stato.
Il legislatore punta soprattutto a ristabilire condizioni di concorrenza equilibrate rispetto ai colossi del digital commerce estero. Negli ultimi anni le piattaforme internazionali hanno sfruttato le esenzioni doganali, abbassando i costi e diventando, di fatto, una minaccia diretta per la filiera produttiva e distributiva nazionale.
Tra gli obiettivi principali della tassa figurano:
Le conseguenze economiche della tassa su tutti i piccoli pacchi saranno rilevanti tanto per le famiglie quanto per le realtà produttive e commerciali. In base alle stime delle associazioni di categoria, la nuova tariffa fissa potrebbe generare oltre 1 miliardo di euro annui di gettito solo in Italia, mentre a livello europeo si ipotizza un aggravio di circa 9,2 miliardi per i consumatori, considerando i volumi record dell’ultimo periodo (4,6 miliardi di pacchetti spediti).
Quanto ai consumatori, l’aumento dei costi sarà inevitabile per chi effettua regolarmente ordini sulle piattaforme digitali. Il sovrapprezzo di 2 euro a spedizione, indipendentemente dal valore del bene, si rifletterà su una vasta gamma di acquisti, con particolare impatto sui prodotti di basso prezzo. Chi vende attraverso i marketplace si troverà di fronte alla medesima scelta: assorbire l’importo o trasferirlo sul cliente finale, rimodulando così il proprio posizionamento competitivo.
Per le imprese italiane che operano nell’e-commerce la tassazione rappresenta una doppia sfida: da un lato, saranno favorite rispetto ai competitor asiatici per quanto riguarda la lotta contro il dumping; dall’altro, saranno sottoposte a maggiori oneri gestionali. Tuttavia, parte del gettito sarà reinvestito nel rafforzamento dei controlli, nella sicurezza e nella qualità delle importazioni, offrendo così una maggiore tutela al tessuto produttivo nazionale e locale.
Nel complesso, la tassa mira a un equilibrio tra tutela degli interessi collettivi (giustizia fiscale, protezione della sicurezza, sostenibilità) e un inevitabile incremento dei costi per chi acquista e vende online tramite microspedizioni.
L’introduzione della tassa comporta anche alcune criticità che meritano attenzione, sia dal punto di vista insidioso delle sanzioni per violazioni ispettive che delle dispute con i giganti dell’e-commerce.
Le basi normative della tassa si inseriscono nella revisione del Codice Doganale dell’Unione, tema in discussione tra Commissione Europea, Parlamento e Stati membri. Il superamento dell’esenzione per i pacchi di valore inferiore a 150 euro rappresenta un cambiamento significativo nelle strategie di controllo delle importazioni, con l’obiettivo dichiarato di uniformare le procedure e rafforzare il sistema informativo attraverso nuovi strumenti come l’EU Customs Data Hub, operativo dal 2028 ma su cui alcuni Paesi, tra cui Francia e Italia, spingono per un’accelerazione già entro il 2026.
Oltre alla dimensione europea, l’Italia intende anticipare gli effetti della riforma inserendo già nella propria Legge di Bilancio la tassa sulle microspedizioni, in attesa dell’eventuale armonizzazione continentale. La Commissione dovrà dare il via libera formale all’estensione della misura anche alle spedizioni interne, in modo da evitare squilibri e strategie di elusione fiscale.
Tra i passaggi futuri, spiccano la necessità di chiarire le modalità di riscossione (chi versa materialmente la tassa, la piattaforma o il vettore), nonché di incrementare il livello di cooperazione tra le dogane nazionali e i servizi fiscali dei vari Stati membri, anche attraverso l’adozione di piattaforme digitali integrate e interoperabili.
L’avvio della tassa sulle microspedizioni comporterà effetti tangibili sull’ecosistema dell’e-commerce italiano. Le famiglie e le imprese saranno chiamate a rivalutare le proprie abitudini di acquisto e di vendita, confrontandosi con un mercato in mutamento che, pur nella logica della tutela della produzione nazionale e del controllo dei flussi, presenterà nuove sfide e possibili opportunità.
Gli operatori online dovranno rimodulare prezzi e strategie commerciali, mentre i consumatori dovranno mettere in conto oneri aggiuntivi sulle spedizioni di basso valore, anche per gli invii tra privati o imprese all’interno del territorio. Il provvedimento, in attesa dell’attuazione definitiva a livello europeo, contribuirà probabilmente a ridurre la pressione della concorrenza esterna e rafforzare il sistema dei controlli, pur restando aperta la discussione sul rapporto tra giustizia fiscale e accessibilità economica del commercio digitale in Italia.