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Chiedere a ChatGtp o fare ricerche su Google e motori di ricerca? La soluzione migliore secondo nuovo studio

di Marcello Tansini pubblicato il
Nuovo studio su ricerche

Le nuove tecnologie cambiano il modo di apprendere: uno studio mette a confronto ChatGPT e i classici motori di ricerca, analizzando vantaggi, limiti, impatti sulla memoria e strategie.

L'avvento dei chatbot, come ChatGPT e delle nuove forme di Intelligenza Artificiale generativa, ha inaugurato una stagione di innovazione senza precedenti nelle modalità di accesso alla conoscenza. Se fino a pochi anni fa era Google a dominare la ricerca di informazioni, oggi milioni di utenti preferiscono rivolgersi direttamente a un assistente virtuale per ottenere risposte rapide e personalizzate.

Ma questa comodità corrisponde a una maggiore consapevolezza e profondità nei contenuti che apprendiamo? Recenti ricerche accademiche e analisi empiriche lanciano un segnale d'allarme: affidarsi esclusivamente ai chatbot rischia di limitare la qualità dell'apprendimento e la formazione di un senso critico autonomo. Cosa si perde quando si delega troppo spesso la comprensione alla macchina?

Studio scientifico: ChatGPT vs Motori di Ricerca nella profondità dell'apprendimento

Il dibattito sulla qualità dell'apprendimento mediato dall'IA ha ricevuto un contributo decisivo dallo studio sperimentale condotto dai professori di Marketing dell'Università della Pennsylvania e dell'Università del New Mexico, denominato Experimental evidence of the effects of large language models versus web search on depth of learning. La ricerca ha messo a confronto l'utilizzo di chatbot come ChatGPT con i metodi tradizionali di ricerca tramite motori come Google, misurando quanto gli utenti riescono ad approfondire e interiorizzare i contenuti ottenuti attraverso questi due approcci.

Attraverso una serie di test controllati, i partecipanti sono stati invitati a rispondere a domande di varia difficoltà utilizzando esclusivamente un chatbot oppure ricorrendo alla ricerca autonoma di fonti, pagine web e documenti. I risultati hanno mostrato che l'interazione con ChatGPT porta spesso a risposte immediate, ma meno articolate sul piano concettuale rispetto alla fruizione di articoli, studi e forum selezionati tramite motore di ricerca.

Secondo lo studio, uno degli elementi chiave che differenzia i due metodi è il processo di scoperta: la ricerca tramite Google obbliga gli utenti a valutare l'autorevolezza delle fonti, confrontare punti di vista, integrare dati provenienti da varie pagine e costruire, passo dopo passo, una propria mappa mentale dell'argomento. Al contrario, il chatbot tende a sintetizzare e a semplificare, riducendo il coinvolgimento diretto e l'opportunità di imparare dall'esperienza:

Metodo

Livello di approfondimento

Sforzo cognitivo richiesto

Chatbot

Basso-Medio

Basso

Motore di ricerca

Alto

Medio-Alto

La conclusione a cui giungono i ricercatori è inequivocabile: la conoscenza acquisita tramite chatbot rischia di essere più superficiale e meno duratura, mentre la modalità ricerca attiva stimola il pensiero critico e l'assimilazione in profondità dei concetti appresi.

Perché i chatbot offrono risposte meno approfondite? Limiti, bias e allucinazioni delle IA

Molti utenti si sono accorti che, ripetendo la stessa domanda a un chatbot come ChatGPT, le risposte possono variare notevolmente anche nel giro di pochi minuti. La variabilità delle risposte non deriva solo da una strategia di marketing per rendere l'assistente più umano, ma è il riflesso della natura probabilistica dei grandi modelli linguistici: ogni output viene generato predicendo la sequenza più plausibile rispetto ai dati di addestramento, non attingendo da un database fisso e aggiornato di verità empiricamente accertate.

Questo approccio comporta una serie di limiti strutturali:

  • Bias cognitivi ereditati: Le IA riproducono bias presenti nei dati su cui sono state addestrate, rischiando di perpetuare stereotipi o errori di valutazione già radicati.
  • Allucinazioni informative: Quando mancano informazioni sicure, l'algoritmo può generare risposte plausibili ma errate, un problema ora riconosciuto dagli stessi produttori di AI generative.
  • Semplificazione eccessiva: Le risposte sono spesso costruite per essere accessibili e rassicuranti, a costo di sacrificare l'accuratezza o la diversità dei punti di vista.
Secondo recenti comunicazioni ufficiali, persino OpenAI conferma che le allucinazioni dei chatbot generativi sono inevitabili con i modelli attuali, proprio perché premiamo l'AI ogni volta che tenta una risposta anziché dichiarare di non sapere (come accadrebbe per molti quesiti specialistici).

Ne deriva un ambiente informativo dove l'utente può ricevere consigli validi per contesti molto ampi ma rischia di trascurare eccezioni, dettagli tecnici e informazioni aggiornate. Il rischio aumenterebbe ulteriormente se si affidassero all'AI processi delicati, che richiedono precisione e coerenza in ogni risposta.

Vantaggi e limiti della ricerca tradizionale su Google e motori di ricerca

Se i chatbot incentivano l'accessibilità e la rapidità di risposta, la ricerca manuale tramite motori online resta insostituibile per l'approfondimento. Google offre ancora oggi una pluralità di fonti, punti di vista e aggiornamento costante sui contenuti, facendo della varietà e autorevolezza dei risultati uno dei pilastri della sua affidabilità. I benefici della ricerca umana sono:

    • Strutturazione autonoma dell'apprendimento: L'utente costruisce un proprio percorso, selezionando e valutando criticamente le informazioni.
    • Possibilità di mettere a confronto opinioni e dati, stimolando il pensiero divergente.
    • Accesso diretto a documenti normativi, standard tecnici, pubblicazioni scientifiche primarie.
    • Maggiore trasparenza sulle fonti e verifica dell'attualità dei dati.
Non mancano tuttavia i limiti di questa modalità:
  • Rischio di sovraccarico informativo: La quantità di dati disponibili può disorientare, aumentando il tempo necessario per trovare il materiale veramente rilevante.
  • Difficoltà nella valutazione della credibilità delle fonti, specialmente per argomenti specialistici.
  • Richiede maggiori competenze digitali nella selezione, nell'analisi e nella sintesi dei contenuti.

Effetti sulla memoria, sul pensiero critico e sul processo di apprendimento: cosa dice la scienza

Nell'ultimo anno, una serie di studi scientifici - tra cui quelli realizzati dal MIT Media Lab - hanno approfondito gli effetti cognitivi causati dall'uso sistematico dei chatbot rispetto ai motori di ricerca. Le principali evidenze emerse:
  • Utilizzare ChatGPT o strumenti simili durante compiti di scrittura o problem solving riduce l'attivazione delle aree cerebrali associate a memoria, pianificazione e pensiero critico. Gli utenti, sollevati dallo sforzo mentale, tendono a ricordare meno e a impegnarsi meno nella rielaborazione autonoma.
  • Questo fenomeno è stato definito debito cognitivo: una dipendenza crescente da assistenza esterna porta, alla lunga, a indebolire la fiducia nelle proprie capacità di risoluzione dei problemi.
  • Nel medio termine, chi ricerca attivamente informazioni (anziché riceverle passivamente) mostra maggiore autonomia nella gestione delle conoscenze e una migliore capacità di adattarsi a scenari nuovi o imprevisti.
Ulteriori ricerche hanno inoltre evidenziato che la rapidità di risposta dei chatbot genera gratificazione immediata di tipo psicologico, spesso a scapito della profondità di riflessione. Questo effetto può portare a una sorta di sedentarietà cognitiva, analoga a quanto accade con le scorciatoie tecnologiche in altri ambiti della vita quotidiana.

La scienza invita quindi a prestare attenzione non solo all'accuratezza delle informazioni ricevute, ma anche all'impatto dell'automazione sulla capacità di pensare, memorizzare e apprendere con spirito critico e metodologico.

Quando ha senso chiedere a ChatGPT e quando è meglio preferire la ricerca umana

Chiedere a ChatGPT non è sempre la soluzione migliore trova conferma nelle esperienze empiriche e nei casi d'uso più analizzati nella letteratura recente. Ma esistono situazioni in cui affidarsi all'assistente virtuale è non solo utile, ma anche consigliabile:

  • Per sintesi rapide di concetti già noti o per ottenere una panoramica su argomenti di base.
  • Per svolgere attività ripetitive, calcoli semplici, conversioni e compiti elementari.
  • Per brainstorming, suggerimenti su stili di scrittura o idee creative non vincolate a dati aggiornati.
  • Quando il contesto richiede immediatezza di risposta e il margine d'errore è tollerabile (ad esempio, per domande di cultura generale, traduzioni veloci).
La ricerca manuale resta invece insostituibile quando:
  • Serve verificare la correttezza di dati aggiornati, leggi, norme tecniche o riferimenti ufficiali.
  • Si vogliono approfondire argomenti complessi che beneficiano del confronto tra fonti diverse.
  • È richiesto un livello elevato di originalità, riflessione etica, creatività o adattamento al contesto umano e sociale.
  • Si devono prendere decisioni con conseguenze rilevanti o in ambiti caratterizzati da incertezza e complessità.
La logica, dunque, è quella del tool giusto al momento giusto: la scelta tra ChatGPT e ricerca tradizionale dipende dagli obiettivi specifici e dalla qualità della decisione richiesta.