Il buyback azionario rappresenta una leva chiave per valorizzare le azioni, influenzando positivamente rendimenti e strategie d'investimento. Settori, casi italiani e titoli da tenere d'occhio.
Il 2026 si annuncia come un anno di svolta per le strategie di remunerazione degli azionisti, con una miniera d'oro ancora da sfruttare: circa il 70% dei programmi di riacquisto di azioni proprie (buyback) annunciati per il prossimo anno non è stato ancora eseguito. Secondo diversi analisti, tra cui Barclays, questa enorme liquidità potenziale rappresenta un'opportunità unica per chi sa selezionare i titoli giusti nei portafogli delle principali borse mondiali.
L'interesse degli operatori finanziari si concentra non solo sul volume dei buyback, ma soprattutto su quale impatto avranno questi riacquisti sulla crescita degli utili per azione e sulle valutazioni di mercato. In un contesto in cui le valutazioni di molti indici restano elevate e la volatilità è ancora significativa, puntare su aziende con buyback in programma ma ancora da realizzare offre un vantaggio competitivo rispetto alle strategie tradizionali.
L'esperienza degli ultimi anni mostra che il timing nella scelta dei titoli da inserire in portafoglio gioca un ruolo determinante. Gli analisti sottolineano come questa finestra di opportunità sia sostenuta anche dalle politiche monetarie accomodanti e dalla ricerca di alternative ai rendimenti obbligazionari sotto pressione. Tutto ciò mette in luce il potenziale inespresso dei buyback azionari come leva per generare valore da qui alla fine del prossimo anno.
Il buyback azionario è una pratica attraverso cui una società quotata riacquista sul mercato le proprie azioni, riducendo così il numero di titoli in circolazione. Questo meccanismo, oltre a segnalare fiducia da parte del management sulla sottovalutazione della propria azienda, si traduce direttamente in una maggiore quota degli utili distribuita a ciascun azionista rimasto.
L'impatto principale del buyback si manifesta sull'utile per azione (EPS), che aumenta proporzionalmente alla riduzione delle azioni disponibili. Questo accresce, a parità di utili, il valore teorico del titolo e spesso contribuisce alla crescita delle quotazioni con effetti positivi sui rendimenti degli investitori. In alcuni casi, la fiducia degli investitori può essere rafforzata ulteriormente dal fatto che il buyback viene realizzato durante fasi di sottovalutazione del titolo, segnalando capacità di management e visione strategica.
Normative e trasparenza: nei principali mercati regolamentati, le società devono comunicare in modo puntuale e trasparente i piani di buyback e gli eventuali progressi nell'attuazione. Questo garantisce agli investitori la possibilità di monitorare, tramite comunicati obbligatori e relazioni trimestrali, sia l'entità sia il timing delle operazioni, fattore che contribuisce alla riduzione dell'incertezza sui mercati.
L'orizzonte del primo trimestre del 2026 trova le grandi piazze finanziarie a un crocevia importante: secondo i dati più recenti, la liquidità destinata ai riacquisti azionari ammonta a circa 50 miliardi di euro, una cifra che potrebbe cambiare le dinamiche di performance delle borse. Il 70% dei buyback annunciati attende ancora di essere eseguito, trasformando molti titoli in occasioni potenzialmente redditizie.
I principali istituti finanziari e case di investimento europee e internazionali sostengono che la prossima ondata di buyback sarà uno dei motori principali per la crescita degli utili per azione. Bnp Paribas suggerisce di mantenere un'esposizione sovrappesata sull'azionario europeo, mentre JP Morgan conferma la preferenza per i mercati emergenti e i settori value, in virtù delle valutazioni più convenienti e delle opportunità legate all'attuazione dei buyback.
Il progressivo allentamento delle politiche monetarie - con l'atteso taglio dei tassi da parte della BCE - favorisce ulteriormente le strategie azionarie, senza dimenticare l'apporto delle riforme fiscali europee e della spesa per i piani di riarmo. In questo contesto, le valutazioni iniziali contenute e il basso posizionamento degli investitori istituzionali su alcuni comparti rappresentano uno slancio positivo in caso di effettivo avvio dei programmi di buyback.
Sul fronte americano e internazionale, persistono elementi di cautela dovuti alle elevate valutazioni di alcuni settori, in particolare quello tecnologico e AI, ma il denominatore comune rimane la tendenza delle società a restituire valore agli azionisti attraverso riacquisti e dividendi. Per questo motivo, il segmento dei titoli con buyback programmati ma non ancora realizzati si candida a essere un elemento chiave nella costruzione dei portafogli 2026, in particolare in ottica di diversificazione e riduzione del rischio.
La geografia dei buyback nel 2026 evidenzia netti favoriti tra aree e comparti industriali. L'analisi degli ultimi outlook di JP Morgan, BNP Paribas e Berenberg mette in evidenza come:
Il monitoraggio dei programmi buyback pubblicati e non ancora attuati conduce a una lista di 30 titoli potenzialmente attrattivi per il 2026 tra le principali borse europee e internazionali. Queste società, selezionate dagli analisti Barclays e integrate dagli ultimi report di case d'investimento leader, si distinguono per:
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Orkla Asa |
Jd Sports Fashion Plc |
Azimut Holding Spp |
Dcc Plc |
Mapfre Sa |
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Sage Group Plc/The |
Allegro.Eu Sa |
Associated British F |
Euronext Nv |
Sampo Oyj-A Shs |
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Sainsbury (J) Plc |
Imperial Brands Plc |
Hennes & Mauritz Ab |
Skandinaviska Enskil |
Cellnex Telecom Sa |
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Vodafone Group Plc |
Vestas Wind Systems |
Be Semiconductor Ind |
Repsol Sa |
Nordea Bank Abp |
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Bp Plc |
Mercedes-Benz Group |
Infineon Technologie |
Societe Generale Sa |
Eni Spa |
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Bnp Paribas |
Ing Groep Nv |
Airbus Se |
Siemens Energy Ag |
Shell Plc |
Le prospettive per questi titoli sono supportate sia dalla quantità di buyback residua da eseguire, sia dal contesto di mercato favorevole ai riacquisti. Titoli come Azimut Holding, Bnp Paribas, Eni e Orkla Asa godono di piani di buyback di entità rilevante in rapporto alla loro capitalizzazione, sostenuti dalla fiducia del management e spesso da basi patrimoniali rafforzate nel triennio precedente.
L'attesa per il completamento dei riacquisti lascia spazio a possibili revisioni al rialzo delle stime sugli utili per azione, rendendo questi titoli particolarmente seguiti dagli investitori istituzionali ed esperti.
Tra le società italiane spicca Azimut Holding, che nel 2025 ha annunciato un nuovo piano buyback su larga scala: il titolo è al centro dell'attenzione dopo la recente flessione seguita ai rilievi avanzati da Banca d'Italia sulla governance della controllata Azimut Capital Management SGR. Nonostante le turbolenze di mercato, la società conferma la volontà di proseguire sia con la politica dei dividendi che con il piano di riacquisto di azioni proprie, la cui realizzazione è vista come leva per il sostegno alle quotazioni e per la distribuzione di valore agli investitori.
Il contesto regolamentare italiano prevede severi presidi sulla trasparenza dei programmi buyback e sulla tutela della pluralità di interessi tra azionisti minoritari e maggioritari, elementi che rafforzano l'affidabilità delle operazioni.
Oltre Azimut Holding, tra le società tricolori oggetto di attenzione per la qualità dei buyback figurano Eni, leader nel settore energetico, e Intesa Sanpaolo, spesso citata nei report di banche d'affari internazionali per solidità e continuità nelle operazioni di riacquisto.
I rischi primari associati a queste operazioni includono: